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Gli italiani (sia pur lentamente) stanno tornando dal dentista

*In blu i dati puntuali di ISTAT e in azzurro quelli stimati da Key-Stone sulla base di macro economici correlati. Il 2016 (f. sta per forecast) è stimato prudenzialmente.
R. Rosso

R. Rosso

mar. 27 giugno 2017

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Ho letto con interesse l’articolo pubblicato su Dental Tribune Italia il 19 giugno che titolava “In Italia è in corso la rinuncia alle cure? Per il Censis sì, ma non tutti sono d’accordo”. Ecco alcune riflessioni che riporto qui di seguito, in merito alle cure dentali.

Il ricorso alle cure odontoiatriche è piuttosto lontano dalle dinamiche della salute pubblica, poiché si tratta di un settore quasi totalmente privato, nel quale – sia pur con grandi eterogeneità a seconda delle classi socio economiche di appartenenza della popolazione – le crisi economiche e ancor di più quelle sociali (mi riferisco in particolare ai dati sull’occupazione, che hanno un impatto enorme sulla fiducia dei consumatori) condizionano in modo marcato l’accesso alle terapie e l’entità degli investimenti degli italiani in cure odontoiatriche, soprattutto per le prestazioni di alto valore unitario, come la protesi e l’ortodonzia.

Dopo la prima crisi del 2009 e una lenta ripresa nel biennio 2010-2011, tutti i dati in nostro possesso – provenienti dalle ricerche Key-Stone – e le rilevazioni dei principali istituti nazionali di ricerca, ISTAT in primis, hanno certificato un vero e proprio crollo degli accessi allo studio dentistico, con una perdita stimata di almeno 3 milioni di pazienti e un calo dei ricavi (fonte ISTAT) di poco più di 1 miliardo di euro, in entrambi i casi tra il 2008 e il 2013.

Nel 2014 tutti i dati di mercato del settore hanno cambiato tendenza, dagli acquisti dei dentisti (in quantità di dispositivi utilizzati) sino ad arrivare alle rilevazioni puntuali di ISTAT, che nel 2015 hanno documentato un grande ritorno degli italiani dal dentista (ma potrebbe trattarsi di un normale rimbalzo fisiologico a causa dei tanti rinunciatari alle cure degli anni precedenti), e un recupero delle dimensioni di mercato pre-crisi, perlomeno sul numero di accessi, mentre i ricavi, secondo nostre stime, sono ancora inferiori al 2007.
Nel biennio 2013-2015 si è potuto assistere a una crescita media del 14% sia del numero di cittadini che hanno avuto accesso alle cure sia della spesa media dichiarata dalle famiglie italiane, tornata a sfiorare i 10 miliardi di Euro.

Vediamo nel dettaglio alcuni di questi indicatori.
Le famiglie che hanno dichiarato una spesa odontoiatrica, e che hanno quindi avuto accesso al dentista, nel 2013 erano – secondo ISTAT – circa 14,1 milioni, con un totale di pazienti curati di poco superiore ai 22 milioni; nel 2015 la stessa ricerca ha misurato in 16,1 le famiglie con spesa odontoiatrica per un totale di 25,2 milioni di pazienti. Si tratta di un aumento di 2 milioni di famiglie e di 3 milioni di pazienti in due anni.

Il peso della popolazione assistita è quindi passato dal 38% del 2013 a circa il 43% nel 2015, con un ulteriore aumento nel 2016 certificato dalla crescita costante dei consumi degli studi dentistici in volumi. Siamo ancora lontani dalle medie di accesso di altri grandi paesi europei, ma va sottolineato che le nazioni che possono vantare un ricorso maggiore al dentista possono anche contare su politiche di welfare odontoiatrico, dalle assicurazioni e fondi integrativi al sostegno pubblico, metodi che a noi italiani paiono quasi proibiti.

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