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Alla vigilia del Congresso... parola ai relatori

Dental Tribune International

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gio. 27 settembre 2012

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Francesco Vedove introduce i relatori del Congresso. Tutto pronto ormai per l’ultimo appuntamento dell’anno organizzato dalla Sicoi, la Società Italiana di Chirurgia Orale e Implantologia che con il XXII Congresso Internazionale di Milano del 5 e 6 ottobre prossimi chiude, al termine del suo mandato, l’offerta formativa di alta qualità voluta dal presidente Andrea Edoardo Bianchi.

Come ormai tradizione, l’impostazione dell’evento annuale è dettata da due peculiarità: l’internazionalità dei relatori e la sostanza scientifica basata sulla Consensus Conference.
Il tema trattato, fonte quotidiana di dubbi nella professione, metterà in antitesi la preservazione del dente con la sua sostituzione mediante impianti.
Quale saranno le corrette indicazioni che guideranno i clinici nella difficile scelta? Un aggiornamento doveroso che di sicuro aiuterà ad affrontare e risolvere anche il problema visto dal punto di vista del paziente che, oggigiorno, giunge ai nostri ambulatori sempre più informato e in grado di capire l’importanza del piano di trattamento che gli viene proposto.
E infatti, già dal titolo “Consensus conference denti versus impianti: criteri decisionali per un atteggiamento terapeutico di successo”, si percepisce l’importanza della centralità del paziente oltre che della indiscutibile necessità di una terapia di qualità. È proprio in casi come questi dove realmente esiste “il ragionevole dubbio” che è importante possedere tutte le più moderne nozioni cliniche e unirle a una corretta informazione, anche spiegando al paziente quali siano i potenziali limiti di una soluzione o di un’altra, oltre che i nostri stessi.
Per raggiungere questo obbiettivo, nei due giorni di congresso la Sicoi, ha invitato a relazionare i maggiori esperti internazionali di chirurgia orale e implantare ai quali sono state affidate relazioni predeterminate e con quesiti specifici che risponderanno ai comuni dubbi che possono insorgere nella pratica clinica. In questo modo i colleghi in platea potranno assistere a una disamina completa di quanto propone lo stato dell’arte e conseguire dalla partecipazione all’evento una reale crescita culturale e professionale specifica per l’argomento.
Per questo motivo, a testimonianza del grande impegno messo in gioco dalla Società, il Consiglio Direttivo ha voluto intervistare ogni singolo relatore invitato ponendogli delle domande inerenti il tema da lui trattato e chiedendogli quali siano i presupposti per impostare il piano di trattamento.
In conclusione, il Congresso di Milano si pone tra gli appuntamenti più rilevanti nel panorama degli eventi formativi italiani, investendo relatori nazionali e stranieri di indiscussa fama ed esperienza pratica. Il programma si presenta completo ed esaustivo, anche dal punto di vista dell’analisi della letteratura di riferimento.
Un importante appuntamento quindi, che già dalle fasi preliminari sta tracciando un profondo solco lungo la strada del successo di questa Società scientifica.

 


Gaetano Calesini

“Stato dell’arte in protesi tradizionale e implanto supportata”

Cosa è cambiato nel campo protesico grazie alle nuove tecnologie e ai nuovi materiali?
Mai come in questo momento il team odontoiatrico ha avuto a disposizione materiali così raffinati e affidabili e informazioni scientifiche di così grande rilevanza.
I materiali e le tecniche che usiamo giornalmente hanno raggiunto livelli di precisione e affidabilità tali che al confronto la precisione dell’operatore, per quanto raffinato esso sia, appare assolutamente approssimativa.
Tuttavia la vastissima mole d’informazioni validate scientificamente prodotta dalle industrie e dai ricercatori indipendenti spesso non viene utilizzata adeguatamente da medici e odontotecnici.

Qual’è il ruolo della evidence based dentistry nell’attività giornaliera della pratica clinica?
Negli anni recenti il tentativo di validazione dell’efficacia terapeutica, fornita dell’evidence based dentistry ha prodotto, nell’attività clinica, un cambiamento nella formulazione dei piani di trattamento e, paradossalmente, il trasferimento della responsabilità del risultato dall’operatore alla “evidenza” esistente in letteratura.
Tuttavia, anche se è ragionevole essere orientati verso l’oggettivazione e la standardizzazione degli obiettivi terapeutici (forse fra qualche tempo le diagnosi e le terapie saranno rispettivamente formulate ed eseguite da computer e robot) è altrettanto ragionevole prendere atto che attualmente i protocolli operativi e la scelta dei materiali in odontoiatria protesica rimangono in grandissima parte legati a un approccio empirico-pragmatico personale ereditato da chi professionalmente ci ha preceduto.
In altre parole, nonostante lo sviluppo merceologico e cognitivo attuale, anche nelle “linee guida protesiche” ufficiali che dovrebbero orientare i professionisti sono riconoscibili protocolli operativi tortuosi messi a punto decine di anni orsono per compensare i limiti e le deficienze di materiali inadeguati e ormai caduti in disuso.
Tali procedure influenzano ancora oggi, negativamente, sia la qualità sia la quantità delle terapie erogate.
Il nostro lavoro è influenzato, nel bene e nel male, da variabili inerenti i materiali e le tecniche utilizzate ma è soprattutto l’esperienza, la competenza e il talento dell’operatore a fare la differenza poiché, sia materiali che le tecniche sono scelte dagli operatori e quindi tutti i problemi che odontotecnici e clinici affrontano giornalmente sono a essi correlabili.

Infine, quale consiglio pratico darebbe ai giovani colleghi?
Parafrasando il titolo del congresso Sicoi “criteri decisionali per un atteggiamento terapeutico di successo” il consiglio è semplificare e standardizzare le procedure operative cliniche e di laboratorio e, soprattutto, ricordarsi che non esistono materiali, tecnologie o evidenze scientifiche che ci sollevino dalle responsabilità derivanti dalle nostre scelte, dalle nostre azioni e/o dalle nostre omissioni.


 

Egon Euwe

"Come ottenere l'eccellenza estetica nei casi complessi"

What are key elements to obtain an optimal esthetic result with an implant supported single tooth restoration?
First of all we have to divide the single tooth replacement cases into different categories; I work with the following classification:
- Immediate post extraction
- Post extraction with early placement (5-7 weeks)
- Healed sites
The immediate post extraction protocol is very popular because it speeds up the treatment for both dentist and patient: the patient comes in for the planned extraction and in the same procedure the implant is placed. A implant with high primary stability can receive a provisional and the patient goes home with the missing tooth replaced! All in one minimally invasive session.
There are some undeniable advantages of this procedure: beside the ones mentioned before, the tissue support after the extraction is taken over by the provisional on the implant and it looks like we preserve the site in an ideal way! Unfortunately during the maturation phase recession of the gingival margin and flattening of the buccal contour are normal phenomena demonstrated in numerous publications.
So we can conclude that this protocol linked with an optimal esthetic outcome has a limited indication and should be planned carefully: a diagnostic landmark is the presence of buccal bone. Also soft tissue grafting to compensate shrinkage is mandatory, especially in patients with a thin biotype. Submerged healing seems to bring more control in the interface area of implant neck-bone-soft tissue.
The buccal Bundle Bone being a weak link, dictates slightly palatal implant placement, and grafting of the gap with demineralised bovine bone.
The post extraction protocol with early placement is indicated in all the post extraction cases in which we encounter (buccal) bone defects or active infections. It can be seen as a 2 step procedure: the tooth is removed and the socked is cleaned and prepared for sealing with an inlay graft. After 5-7 weeks the implant can be placed with less risks and the architecture of the site can be restored with bone regeneration and soft tissue grafting.
As a healed site I consider an edentulous single tooth gap of the ridge were a tooth or a failed implant have been missing for at least 3-6 months. Mostly we need beside implant placement a bone and soft tissue build-up to obtain optimal implant esthetics.

How do you ideally treat patients with a “downhill or failing dentition” when they are highly motivated and asking you for a high end solution?
Before I answer this question I want to make clear that working with implants doesn't mean automatically that the remaining teeth have to be extracted! On the contrary I see may beneficial solutions in which we maintain teeth and combine them with implant supported C&B work, preferable metal-free. Conditions for maintaining the natural abutments are: a good long term prognoses after treatment (perio/endo), an acceptable cost -benefit ratio, and they should somehow fit positively in an functional-esthetic plan: for example if we can save some of the anterior teeth when they still have good interdental papillae is preferable over the implant solution.
The situation changes when we can obtain improvement in the oral as well as facial esthetic situation by drastically changing the tooth positions involving even the ortognatic jaw relationship. A patient with for example a failing class II subdivision 2 dentition can become with the new implant supported full arch bridges a class I patient, looking much better and younger! (lip support). The Recipe is again the diagnostic analysis as a starting point combined with a radical implant treatment plan in which we abandon completely the original tooth inclination and position! Mock-ups, provisional full dentures to pre-test the new set-up of the teeth combined with good team work are of paramount importance before we finally do the implant surgery. Functional, phonetic and esthetic fine tuning is always done with a fixed implant supported provisional which is also used for soft tissue shaping. This Provisional will eventually be the blueprint for the final screw retained bridges.
The complete workflow has a duration of 1-2 years, which is quite long, but the results are amazing and also seem to be more stable in time compared with orthodontic or orthognatic surgical corrections of the same type of defects!


Stephen Barter

Efoss consensus conference on teeth versus implants: decision making criteria for correct treatment planning. “Teeth vs. implants – single tooth replacement, regeneration or restoration? ”

What do you think is the main advantage of using a dental implant to replace a missing tooth as opposed to any other option?

Dental implants are a replacement for missing teeth, not a tooth substitute, and they are not always better than teeth! The decision of whether to keep a tooth or remove it and place an implant can be too easy to make without due consideration - teeth are often removed when they could be retained. Likewise, continuing complicated and expensive restorative procedures may not have a good long-term predictability and so may be less favourable from a health economics point of view.
Patients come to us looking for a solution – they want a tooth to fill the gap and are amenable to different solutions when we take the time to explain the options with their relative merits and costs. This is our responsibility. I think the main advantage of using an implant is when it is the option that involves least “dentistry” for other teeth; the only thing that can be guaranteed about any dentistry is that at some time, it will fail. Although studies show similar survival rates over 10 years for three-unit bridges or single tooth implants, after this a well-placed implant may outperform the bridge, which may fail due to caries or fracture of abutment teeth, or periodontal disease. This often then results in the loss of another tooth. Of course, implants can also fail due to periodontal disease, and so preoperative stabilization and ongoing maintenance care are essential. Indeed this can also enable us to keep a tooth, provided any required restorative work also has a good long-term prognosis. So, we have to look at all the factors involved in creating a stable long term result at both the tooth level and the individual patient level, and decide which option has the best chance of living up to our expectations and most importantly, those of the patient.

So what do you think is the main problem with single tooth implant replacement?

It is very technically demanding and very unforgiving of any error, however slight. If you don’t like a tooth-supported crown or bridge, it is possible to remove it and refine the result to some degree. If an implant is in the wrong place, even by 0,5 mm (which is a 10% error in a 5 mm gap), it can have a permanently adverse effect on the result and on the adjacent teeth. You normally cannot just unscrew a badly placed implant and put another one in – there is often a need for reconstruction of hard and/or soft tissue and the time and cost involved in correcting a problem is always more distressing and expensive for the patient than getting it right in the first place. We see a lot of commercial pressures for dentists to become involved with implant placement. Appropriate collaboration between the industry and academia can certainly provide excellent educational programmes to train clinicians, but I do not see this as being possible within short courses. Ten years ago I used to see two or three revision surgery cases every year; now I see three or four a week. There are some simple key factors that help generate (but cannot guarantee!) successful outcomes and I intend to cover this in my presentation.


Jose Luis Calvo Guirado
Gap treatment n immediate post-extraction implants
The purpose of my lecture is to answer the following questions:
- Do immediate implants have a significant effect on soft tissue recession outcomes?
- Does the gap treatment minimize crestal bone loss?
- Does the biomaterial play an important role in crestal bone preservation?
Nowadays advances in clinical techniques and biomaterials have facilitated a great expansion in the indications for dental implant treatment options. Teeth replacement using dental implants has proven to be a successful and predictable treatment procedure; different placement and loading protocols have evolved from the first protocols in order to achieve quicker and easier surgical treatment times. Over time, clinical experience has provided the criteria for immediate implant treatment success: atraumatic tooth extraction, sterilization and minimal invasive surgical approach, as well as implant primary stability.
Reductions in the number of surgical interventions, a shorter treatment time, an ideal three dimensional implant positioning, the presumptive preservation of alveolar bone at the side of the tooth extraction and soft tissue aesthetics have been claimed as the potential advantages of this treatment approach. The survival rates of post- extraction implants are high and comparable to those of implants placed in healing sites, like many authors.
On the other hand, the morphology of the side, the presence of periapical pathology, the absence of keratinized tissue, thin tissue biotype and lack of complete soft tissue closure over the extraction socket have been reported to adversely affect in immediately placed implants.
The first classification described the timing of implant placement as mature, recent, delayed or immediate depending on soft tissue healing and predictability of Guided Bone Regeneration (GBR) procedures, however further classifications based on hard and soft tissue healing and treatment time approach were subsequently described by many authors. Several reviews reported that the immediate implant treatment using autogenous bone grafts or xenografts may improve the process of bone formation between the implant and the surrounding socket walls as well as survival rates. They observed that several studies have suggested that small gaps between implants and extraction sockets would fill with bone grafting procedures or without them.
The efficacy of GBR therapy employing autogenous and non-autogenous particulate materials combined with various membranes to regenerate alveolar bone at the time of tooth extraction has also been demonstrated. Concomitant placement of regenerative materials has been shown to result in predictable, high levels of osseointegration with the use of porcine bone. With regard to the gap between the socket wall and the implant, it was reported that if the jumping distance is over 2 mm, grafting is recom mended. Smaller distances could heal spontaneously.


Alessandro Ponte

Trapianto di denti versus innesto osseo: fisiologia, limiti e risultati a lungo termine

Quali sono i punti in comune tra il trapianto di osso autogeno ed il trapianto di denti?
Negli ultimi quindici anni il trapianto osseo eseguito con differenti tecniche è diventato un procedimento sempre più routinario e standardizzato.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare le terapie alternative dalle quali derivano i principi stessi della rigenerativa ossea. Il trapianto di denti come i denti del giudizio oppure i premolari rappresentano tuttora una valida terapia di successo specialmente nel giovane paziente.
La tecnica di trapianto dentale come la sua fisiologia è stata la base sulla quale sono state create le nuove tecniche di rigenerativa ossea a blocchi secondo un concetto biologicamente orientato.
Una serie di intuizioni sia scientificamente che empiricamente guidate rappresentano il cardine dello scaffold concept, un principio risalente addirittura al 1893 con Barth e rivisitato per le attuali esigenze ricostruttive. In un rapido excursus temporale verranno esemplificati alcuni concetti biologici innovativi che stanno alla base sia dei trapianti dentali che dei trapianti di osso autogeno.

Quali sono i risultati a lungo termine di tali tecniche?
In effetti ciò che più interessa non è solo il funzionamento di tali concetti, ma anche la loro durata nel tempo. Il trapianto di denti è una tecnica ormai consolidata nel tempo e tuttavia estremamente dipendente dalla poca invasività nel corso del processo di estrazione dell’elemento dentario e dal suo maneggiamento durante il trapianto.
Per quanto riguarda invece il trapianto di osso autogeno disponiamo di una numerosa quantità di risultati a lungo termine. Il più recente è lo studio retrospettivo presentato all’Academy of Osseointegration nel marzo 2012. Dopo cinque anni di carico masticatorio i valori di riassorbimento osseo perimplantare non si differenziano assolutamente da quelli riguardanti l’osso nativo. Lo studio condotto utilizzando due differenti sistemi implantari non mostra alcuna significativa differenza di risultato prettamente correlato alla tipologia, al design o al diametro dell’impianto.
La riproducibiltà protocollare, l’approccio puramente biologico così come una bassa percentuale di complicazioni di entrambe le tecniche ne determinano i punti di forza.


Giulio Rasperini

L’importanza del dente naturale

Tra le Malattie dal cavo orale, la Malattia Parodontale (Processo infiammatorio a carico delle gengive) è la maggior responsabile delle estrazioni di denti che vengono effettuate in Italia, seguita da carie e traumi.
Cos’è la Malattia Parodontale?
La Malattia Parodontale si può schematicamente presentare in due forme: aggressiva o cronica.
Questa patologia è caratterizzata da un’infiammazione marginale della gengiva, che non provoca dolore, ma che rompe il “sigillo” tra dente e gengiva con la formazione di una tasca, cioè un ambiente profondo tra dente e gengiva difficile da pulire e di facile colonizzazione batterica, che continua il processo fino alla perdita del dente. Questo processo può essere rapido, nel caso della Parodontite aggressiva, o lento come nel caso della forma cronica che per altro è la forma più diffusa.
La Malattia si instaura perché il nostro sistema immunitario reagisce alla presenza di alcuni batteri “cattivi” e crea infiammazione per eliminarli o circoscriverli. In realtà questa infiammazione fa riassorbire l’osso sotto la gengiva.
Come se ne accorge il paziente?
I sintomi che il paziente avverte sono il sanguinamento durante lo spazzolamento e la mobilità dentale quando la Malattia è in uno stato avanzato. Quindi se ne deve accorgere il dentista durante la visita, seguendo le linee guida della Società Italiana di Parodontologia.
Anche in Odontoiatria, come in tutta la Medicina, la prevenzione gioca un ruolo determinante e su questo argomento si è fatto tanto in Italia negli ultimi anni.
La diagnosi precoce in questo ambito è fondamentale in quanto una rapida individuazione del problema può immediatamente arrestare il processo distruttivo, limitando i danni e permettendo al paziente di vivere il resto della vita con i propri denti.
Se questa diagnosi viene fatta quando le lesioni sono troppo estese per essere trattate, purtroppo il dente deve essere estratto.
E a questo punto cosa si può fare?
Nel caso in cui non vi sia scelta e vada rimosso l’elemento dentario, la tecnica migliore rimane il posizionamento di un impianto osteointegrato.
Tuttavia se decidessimo per la terapia implantare, andrà considerato un trattamento di ricostruzione ossea, per recuperare il tessuto di supporto perso per la malattia parodontale
A questo punto il paziente deve sapere che alcuni dei fattori che gli hanno fatto perdere il dente come fumo di sigarette e suscettibilità alla Malattia Parodontale, saranno fattori di rischio anche per la stabilità dell’osso vicino agli impianti. Questi impianti verranno poi finalizzati con una corona protesica. Sappiamo che la vita media di una corona protesica è di circa dieci anni, bisogna mettere in conto che questa corona (che sia su denti naturali o impianti non importa) circa ogni dieci anni dovrà essere rifatta.
Fatti due conti, biologici ed economici, risulta evidente il grandissimo valore di un dente naturale, e compito dell’odontoiatra deve essere quello di preservare il più possibile la dentatura naturale dei propri pazienti, diagnosticando e curando in tempo le malattie.


Tiziano Testori

Indicazioni e limiti dell’implantologia per la sostituzione del dente singolo

Gli impianti post-estrattivi: è una procedura di routine o una procedura chirurgica che deve essere applicata a casi selezionati?
Gli impianti post-estrattivi rappresentano un moderno approccio terapeutico implantare che tuttavia non può essere applicato di routine in tutti i casi clinici e necessita di un iter diagnostico-decisionale.
Il clinico spesso si trova di fronte al dubbio di mantenere un elemento dentale o sostituirlo utilizzando la soluzione implantoprotesica.
Possono talvolta sorgere dubbi quando la scelta deve essere posta su un singolo elemento dentale compromesso endodonticamente e coronalmente, in un paziente ASA 1-2 e senza peculiari patologie delle mucose o del parodonto.
La possibilità di eseguire una corretta ricostruzione postendodontica, biologicamente idonea è il primo elemento valutativo.
La successiva discriminante riguarda il sistema canalare. Recenti evidenze scientifiche danno valide indicazioni di successo a seconda se ci si trova di fronte a trattamenti o ritrattamenti endodontici, con o senza la presenza di lesioni periapicali.
Se viene eseguita una corretta fase diagnostica terapeutica, vengono riportate elevate percentuali di successo con le terapie convenzionali rappresentate da endodonzia ricostruttiva e protesi, tuttavia se la terapia endodontica e la ricostruzione coronale risultassero non eseguibili, la naturale strada terapeutica da considerare è quella dell’implantoprotesi.
Bisogna inoltre valutare clinicamente l’eventuale necessità di interventi ortodontici preimplantari.
Nei settori frontali il clinico dovrà eseguire una diagnosi pre-chirurgica molto attenta e approfondita valutando le alternative terapeutiche possibili, prima di proporre una soluzione implantologica.
L’approccio implantare nei settori ad alta valenza estetica presenta ancor oggi delle limitazioni soprattutto estetiche. Un moderno approccio implantare prevede spesse volte un piano di trattamento articolato con fasi ricostruttive dei tessuti duri e molli che in molti casi clinici controindicano il carico funzionale immediato dell’impianto.
Nei settori latero-posteriori le limitazioni sono soprattutto chirurgico-operative per la difficoltà di ottenere una soddisfacente stabilità primaria dell’impianto soprattutto nei settori molari.
Alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche si può affermare che, in casi selezionati, gli impianti post-estrattivi rappresentano una valida e predicibile opzione terapeutica.
Nei casi complessi in cui si prevedono riabilitazioni globali a carico delle arcate dentarie la valutazione deve essere necessariamente più estesa e approfondita, si deve valutare il paziente su tre livelli: il volto (macro livello), denti-labbra (mini livello) e il dente (micro livello).
Nei casi complessi non vengono quindi utilizzati parametri valutativi dell’impianto singolo post-estrattivo in pazienti parzialmente edentuli.


 

Hom Lay Wang

Socket preservation: an important technique to avoid ridge resorption

Why performing socket augmentation?
Following loss of teeth, imminent bone resorption occurs where 50% of bone volume can be lost, of which two thirds arises within the first 3 months1. This alveolar bone resorption is irreversible and cumulative2, and occurs preferentially on the buccal plate3. As a result, implant placement in an ideal esthetic and functional position becomes a challenge. A wealth of evidence in the literature demonstrates that ridge augmentation can create an environment favorable for maximizing bone growth, ultimately allowing for implant placement, and avoiding the need for future bone augmentation4.
When to perform socket augmentation and when to proceed with immediate implant placement?
Following extraction of teeth, the decision is made to either proceed with immediate implant placement or ridge augmentation and delayed implant placement. Figure lists the decision tree for making this important selection of proper treatment. Immediate implant placement can be performed when implant primary stability can be achieved predictably, and the patient presents with a thick tissue biotype with a relatively thick buccal plate (i.e. ≥1-2mm)5-8. Areas with minimal esthetic concerns are preferable.
When the decision is to first augment the ridge and delay implant placement, selection of various bone grafting materials is dependent upon the anatomy of the extraction socket.
When the extraction has been performed atraumatically and the residual bone walls are thick (i.e. ≥2mm) and intact, ridge augmentation is not necessary. Addition of bone grafts requires additional healing time. The extraction itself is sufficient to initiate the RAP, which enhances the healing potential9. Moreover, in these cases where ridge augmentation is not necessary, the extraction socket is better left exposed rather than achieving primary closure because increased bone resorption is observed in sockets covered by connective tissue10.
On the other hand, when socket walls are well contained but rather thin (i.e. <2mm), the mineralized bone plug technique can be used11. In this technique, a mineralized bone allograft with an absorbable collagen dressing are placed. In a beagle dog study, GBR procedure performed on the buccal wall in addition to placing graft material inside the extraction socket failed to maintain ridge width because of additional trauma that may compromise healing12. Hence, additional GBR to increase bucco-lingual width is not required.
In cases where socket walls are not contained such that the buccal plate is absent, the technique depends on tissue thickness. In a patient with thick tissue biotype (i.e. ≥1.5mm)13,14, GBR is performed using a bone graft with non resorbable membrane such as non-expanded PTFE or ePTFE. Primary wound coverage is critical to ensure healing. In a rather thin biotype (i.e. <1.5mm), bone graft in conjunction with a bioabsorbable membrane is used. Once again, primary coverage is critical.

Reference
1. Schropp L, Wenzel A, Kostopoulos L, Karring T. Bone healing and soft tissue contour changes following single-tooth extraction: a clinical and radiographic 12-month prospective study. Int J Periodontics Restorative Dent 2003;23(4):313-323.
2. Atwood D. Postextraction changes in the adult mandible as illustrated by microradiographs of midsagittal sections and serial cephalometric roentgenograms. J Prosthet Dent 1963;13810-824.
3. Araujo MG, Lindhe J. Ridge alterations following tooth extraction with and without flap elevation: an experimental study in the dog. Clin Oral Implants Res 2009;20(6):545-549.
4. Wang HL, Kiyonobu K, Neiva RF. Socket augmentation: rationale and technique. Implant Dent 2004;13(4):286-296.
5. Juodzbalys G, Wang HL. Soft and hard tissue assessment of immediate implant placement: a case series. Clin Oral Implants Res 2007;18(2):237-243.
6. Kazor CE, Al-Shammari K, Sarment DP, Misch CE, Wang HL. Implant plastic surgery: a review and rationale. J Oral Implantol 2004;30(4):240-254.
7. Spray JR, Black CG, Morris HF, Ochi S. The influence of bone thickness on facial marginal bone response: stage 1 placement through stage 2 uncovering. Ann Periodontol 2000;5(1):119-128.
8. Evans CD, Chen ST. Esthetic outcomes of immediate implant placements. Clin Oral Implants Res 2008;19(1):73-80.
9. Misch CE, Silc JT. Socket grafting and alveolar ridge preservation. Dent Today 2008;27(10):146, 148, 150 passim.
10. Camargo PM, Lekovic V, Carnio J, Kenney EB. Alveolar bone preservation following tooth extraction: a perspective of clinical trials utilizing osseous grafting and guided bone regeneration. Oral Maxillofac Surg Clin North Am 2004;16(1):9-18.
11. Wang HL, Tsao YP. Histologic evaluation of socket augmentation with mineralized human allograft. Int J Periodontics Restorative Dent 2008;28(3):231-237.
12. Fickl S, Zuhr O, Wachtel H, Kebschull M, Hurzeler MB. Hard tissue alterations after socket preservation with additional buccal overbuilding: a study in the beagle dog. J Clin Periodontol 2009;36(10):898-904.
13. Goaslind GD, Robertson PB, Mahan CJ, Morrison WW, Olson JV. Thickness of facial gingiva. J Periodontol 1977;48(12):768-771.
14. Bashutski JD, Wang HL. Common implant esthetic complications. Implant Dent 2007;16(4):340-348.
 
L'articolo è stato pubblicato sul Today, allegato di Implant Tribune di settembre 2012.

 

 

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