Finanziamenti a PMI e professionisti

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Finanziamenti a PMI e professionisti: luci ed ombre

Alfredo Piccaluga

Alfredo Piccaluga

mar. 21 aprile 2020

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SOLO COLPI A SALVE PER ORA L’erogazione degli aiuti di Stato promessi tiene con il fiato sospeso molti di noi in questi giorni, spingendoci anche a fantasie e travisazioni. Complici in questo non solo i Social e i Media ma anche una comunicazione governativa sin troppo euforica e non sempre trasparente. Sui finanziamenti in particolare si è detto di tutto: dovevano essere a fondo perduto e non lo sono. Dovevano essere erogati dallo Stato e saranno invece promossi come di consueto dalle banche. Dovevano essere privi di interessi ed invece saranno gravati anch’essi di interessi. Dovevano essere privi di istruttoria ed invece saranno sottoposti ad una procedura anch’essi. Se non altro il Governo si è espresso ed è finalmente chiaro cosa aspettarsi: un finanziamento convenzionale, ma garantito dallo Stato. Eppure il tempo passa, i finanziamenti tardano a partire ed altri dubbi maturano.

ARRIVERANNO?
Facciamo innanzitutto due calcoli. L’art. 1 comma 14 del Decreto Liquidità garantisce che “E' istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo a copertura delle garanzie (…) con una dotazione iniziale di 1.000 milioni di euro per l'anno 2020.”
Mille milioni? Un miliardo quindi. Ma il Governo ci assicura di aver armato il suo bazooka con ben 400 miliardi. Enrico Zanetti, dalle pagine di Eutekne, sottolinea che la risposta va ricercata nella relazione tecnica al Decreto Cura Italia. In essa ci viene ricordato che la leva standard utilizzata dal Ministero dell’Economia per il rilascio di garanzie statali è 12,5 miliardi di euro.
Questa analisi ci porta ad immaginare una disponibilità di 12,5 miliardi. Ancora pochini. Anche fossero 20, con un conto portato in eccesso, siamo ben lontani dai 400 paventati.
Eppure, come ci rammenta la CNPR dei commercialisti a voce di Elbano de Nuccio, “tutti ricordiamo l’annuncio che era stato dato con riferimento alla facilità di accesso a forme di finanziamento integralmente garantite dallo stato. Addirittura si sarebbe proceduto all’erogazione di queste somme senza attendere l’ok del fondo”.
Sembrava che la procedura fosse improntata all’efficienza ed al pragmatismo. Ma stiamo capendo che, a dispetto dei proclami, l’erogazione di questi finanziamenti non sarà immediata nè scontata.

UN PERCORSO AD OSTACOLI
Il primo ostacolo è insito nello stesso art. 13 del Dl 23/2020 (Decreto Liquidità). Come ci ricorda De Nuccio, la norma prevede che per i soggetti a carico dei quali “al 31 gennaio 2020” risultino “crediti in sofferenza, partite insolute o potenziali inadempienze” la misura sarà inaccessibile. È tutt’altro che impossibile vantare qualche piccola sofferenza per un soggetto economico, professionista o impresa che sia. Questa lettura è quindi parsa sin da subito una sorta di metodo per sfoltire i ranghi degli aventi diritto.

LE BANCHE FRENANO
Un altro limite evidente lo stanno ponendo gli Istituti di Credito. Dal loro punto di vista, quando concedono un finanziamento le banche assumono due rischi: un rischio di credito, dato dalla potenziale insolvenza del richiedente, e un rischio operativo, dato dalla documentazione contrattuale che se predisposta in modo erroneo o insufficiente potrebbe rendere nullo o annullabile il contratto. La garanzia è coperta dallo Stato, per cui il principale dei rischi viene meno. Ma a loro avviso resta il rischio operativo. Il che le induce ad avere pretese, e neppure piccole, affinché la pratica vada in porto. Ne consegue che contrariamente a quanto promesso, e sebbene in presenza di garanzia, ci sarà ugualmente una istruttoria bancaria.
Curiosando sulle pagine dei vari Istituti di Credito le notizie si fanno poi ancora più sconfortanti. Sul sito di IntesaSanPaolo, ad esempio, si legge cosa debba attendersi colui che rivolga loro una richiesta di finanziamento garantito dallo Stato ma abbia già contratto un precedente prestito. La risposta della Banca è lapidaria: “In questo caso puoi chiedere un rifinanziamento, cioè un nuovo finanziamento con un importo superiore al precedente almeno del 10%. Il finanziamento in essere andrà estinto. In questo caso la garanzia dello Stato coprirà l’80% del finanziamento.” (https://www.intesasanpaolo.com/it/business/landing/info/liquidita-pmi-imprese.html )
Che senso ha, per chi attende liquidità, sostituire invece il proprio debito con uno garantito dal fondo PMI? A garanzia ridotta peraltro. Tanto più che il finanziamento già in essere era stato congelato dal decreto “Cura Italia” tramite il quale era stata garantita la sospensione delle rate fino al 30 settembre 2020. Sospensione che così verrebbe meno.

UN MODULO OSCURO
Ma per avvedersi ulteriormente di queste difficoltà inattese, senza necessità di addentrarsi in analisi leguleie, è sufficiente leggere il famoso All. 4 bis (ossia il “Modulo da Presentare al Soggetto Richiedente del Fondo di Garanzia”). Questo documento, reso disponibile dallo scorso 14 aprile, permettere di inoltrare la domanda di finanziamento alle banche. Ed è qui che si nota immediatamente come l’art. 13 del modulo ponga ulteriori ombre. Nulla di che in realtà. Richiede solo di precisare le finalità per le quali viene richiesto il finanziamento. Come verrà utilizzata insomma la liquidità ricevuta. A questo proposito però il modello non cita altro. Ma porta a rammentare che il D.L. all’art. 1 comma 2 lettera n) qualche precisazione in più la fa: “il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria.”
Si apre una piccola parentesi: che succede se il denaro viene utilizzato diversamente? E soprattutto cosa accade se il suo diverso utilizzo non dipende da noi?

LA TUTELA DELLE SOMME FINANZIATE
Non ci è chiaro, ma potrebbero esserci chiarimenti nel merito ancora da appurare, se vi sia una tutela reale delle somme e delle loro destinazioni. I finanziamenti liquidità previsti dal D.l. n. 23/2020 potrebbero far beneficiare in maniera indiretta le sole banche (e non le aziende e professionisti) se confluiranno su un conto che presenta un saldo negativo (per debiti pregressi). La banca potrebbe pretenderli a copertura di altri debiti ed appropriarsene coattivamente. Si riflette anche sul fatto che i finanziamenti erogati potrebbero poi essere oggetto di un “pignoramento presso terzi” richiesto dall’Agenzia Entrate e della Riscossione o dalla stessa banca per debiti pregressi al periodo Covid-19, se i finanziamenti confluiscono su un conto senza un vincolo e tutela di destinazione ed utilizzo. Insomma sembra esservi il rischio concreto, ma il condizionale è d’uopo, che il finanziamento richiesto con un percorso ad ostacoli e facendosi carico di diversi rischi vada poi a beneficio di altri.. ma non del richiedente.

LIMITI, SANZIONI SPAVENTOSE, AGENTI DELLA RISCOSSIONE ALLE COSTOLE…
A proposito di rischi: sono reali? Nel sopracitato modulo si legge che non potrà accedere alla liquidità promessa chi ha ricevuto sanzioni dovute a procedimenti giudiziari (art. 3) o chi è stato escluso da pubblici appalti (art. 4). Si tratta fin qui di una ulteriore sfoltita alla platea degli aventi diritto. Il punto è che per chi invece ha tutte le carte in regola, il modulo richiede l’accettazione di alcune condizioni che paiono – a giudizio di chi scrive – piuttosto gravose. Alcune comprensibili altre meno. Con la sottoscrizione del modello si prende atto (artt. 5 e 6) che non potranno farsi valere eccezioni di tipo privatistico sul debito. Chi pensa ad eventuali “saldi e stralci” con le banche, in caso di difficoltà, è completamente fuori strada. Al contrario si entra nella sfera di competenza della legge n. 449/97 (credito fiscale privilegiato affidabile all’ente della riscossione). Si diventa automaticamente debitori dell’Erario, questo sebbene le somme siano erogate da una banca e con metodi bancari (finanziamento vincolato a scadenze e gravato da interessi), per cui il credito verrà recuperato dalla pubblica amministrazione con la classica “iscrizione a ruolo”. Le cartelle dell’Agenzia Entrate e Riscossione (ex Equitalia) ne sono un esempio. Questa notizia non può che far tremare i polsi a molti, perché al netto di ogni considerazione, i metodi adottati dagli Agenti della Riscossione sono noti. Ed è sgradevole vengano estesi in questo ambito. Uno soggetto che richieda liquidità garantita dallo Stato, in questo frangente, lo fa a causa di difficoltà esogene che non sono a lui imputabili. Come non sarà a lui imputabile il danno che deriverà da un eventuale protrarsi dello stallo economico, e delle conseguenti inadempienze date dall’ulteriore crisi di liquidità. A confermare questa lettura, vi provvede il modulo stesso laddove (All’art. 9) chiede di accettare che se dovesse essere revocato in tutto o in parte il finanziamento, questi dovrà essere restituito gravato di maggiorazioni e sanzioni previste dall’art.9 del D.lgs 31 marzo 1998 n.123. Il citato articolo di legge afferma tra l’altro che si può applicare “una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'intervento indebitamente fruito.”
Gli stessi metodi adottati dal Fisco. Da una lettura testuale parrebbe quindi che un soggetto che abbia ricevuto 25 mila euro in finanziamento, potrebbe poi doverne restituire 125 mila (i 25 mila originari più il 400% in sanzioni) qualora venga ravvisata una qualche irregolarità. Ma quali irregolarità? Basta una virgola? Il modello non entra ulteriormente nel merito, sorvolando su quali siano i criteri per la revoca del finanziamento, o quanto meno se siano unilaterali o ancora se vi sarà l’apertura di un contraddittorio. Resta il fatto che nessun debito bancario, neppure il più discutibile, potrà mai arrivare a pretendere in contropartita il 400% delle somme prestate. Neppure un usuraio oserebbe tanto. Ma la normativa tributaria, si sa, fa caso a se.

…ED ALTRI RISCHI
Al che si può domandare quanto elevato sia il rischio che la correttezza del nostro operato venga messa in dubbio. Anche a questo una prima risposta la offre il modulo. Il quale ci precisa (all’Art. 7) che saranno effettuati controlli incrociati, anche con la Centrale Rischi della Banca di Italia o di altre società private specializzate nell’informazione creditizia per verificare la veridicità delle affermazioni fatte e della documentazione prodotta, che potranno avvenire accertamenti documentali ed ispezioni in loco (art. 8) direttamente nell’azienda del richiedente, che la corrispondenza (Art. 10) potrà essere inoltra anche ad altri enti (ad es. Confidi o Banche) i quali avranno quindi accesso alle nostre comunicazioni ed ai nostri documenti.. ma soprattutto (art. 14) che il richiedente, ossia il professionista o l’azienda, deve essere stato danneggiato dall’emergenza COVID-19 per poter accedere al finanziamento. E su questo è facile che in un secondo momento la nostra percezione di danno non coincida con quella dell’Erario.

Suggestivo poi il fatto che il nome del richiedente, i relativi dati fiscali, e l’importo della garanzia concessa saranno resi pubblici sul sito www.fondidigaranzia.it
Non è chiara la ragione di quella che pare essere una pubblica gogna.
Se potranno accedere al credito solo coloro che non hanno sofferenze, ne insoluti, ne mancanze di sorta – e per potervi accedere dovranno sottostare a misure stringenti ed al rischio potenziale di sanzioni vessatorie a livello usuraio – perché non richiedere allora un finanziamento convenzionale? In troppi stanno sottoponendo le loro richieste agli Istituti di Crediti senza una aver valutato compiutamente il rapporto costi e benefici. Più di uno, c’è da temerlo, pagherà a caro prezzo queste superficialità.

L'articolo è stato pubblicato per la prima volta su managementodontoiatrico.it

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