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Dentisti di fama… e quindi felici. La ricerca ossessiva rende la professione meno appagante?

lun. 3 settembre 2018

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Docente di “Comunicazione medico paziente” all’Università di Bologna, autore di libri e progetti di divulgazione sanitaria, l’Autore si chiede come mai la smania di successo sembra non coinvolgere anche oculisti, ginecologi o dermatologi, anch’essi liberi professionisti, quindi con problemi analoghi a quelli dei dentisti?

Cos’è la felicità? L’Enciclopedia Treccani cita: «Stato d’animo di chi è sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato». Se si digita la parola sul motore di ricerca di qualunque libreria online viene fuori una lunghissima serie di titoli e si scoprono autori che periodicamente scrivono un nuovo libro che rivela come raggiungerla. Mi domando se non lo hanno capito neppure loro o ogni volta perfezionano la ricetta. Ci vogliono felicissimi?

Ancora più ricca è l’offerta se ci si avventura nella ricerca di corsi e incontri dal vivo che mettono faccia a faccia con la felicità: guru, motivatori, formatori, coach e gente comune illuminata all’improvviso. Tutti pronti a indirizzare il corso dell’esistenza odontoiatrica sulla strada di una felice serenità. Gli esperti assicurano che tutti possiamo fare tutto e che i limiti che la vita ci pone sono fatti per essere spazzati via.

Qualcosa però non torna: guardandomi intorno vedo molte persone disorientate con poca felicità dentro. Recenti studi condotti presso la Harvard Medical School dimostrano che la ricerca affannosa di questo stato alla fine renderà meno felici.

C’è da chiedersi poi cos’è il successo. Sempre dalla Treccani: «Opera, impresa, attività che abbia conseguito risultati particolarmente felici», indicando con questa definizione che esiste uno stretto legame tra l’avere successo e sentirsi persone felici e realizzate.

Questo è di conforto e spiega perché già da diverso tempo nel mondo odontoiatrico ci si chiede come fare a diventare un “dentista di successo”, come realizzare uno “studio di successo” e quali sono le strategie più efficaci per “battere la concorrenza”, per arrivare ad essere più felici e realizzati, come professionisti e persone.

Viene però anche il dubbio che non ci sia più spazio per un dentista che desideri essere solo normale e l’interrogativo come mai questa smania di successo non coinvolga anche oculisti, ginecologi o dermatologi, anche loro liberi professionisti con personale da assumere e gestire, investimenti da fare e conti da far quadrare.

Da anni, occupandomi di comunicazione tra medico e paziente, ho imparato a dare il giusto peso alle parole, che hanno il potere di creare alleanza terapeutiche o alzare barriere insormontabili. Così non posso non pensare che il termine “successo” ha come suo contrario l’insuccesso e “battere” qualcuno in una competizione porta al rischio opposto di esserne sconfitti.

Per esercitare al meglio l’odontoiatria sono indispensabili competenze extracliniche di elevato profilo, come quelle manageriali e organizzative, da acquisire attraverso percorsi autonomi a causa della scarsa attenzione verso questi temi da parte della formazione universitaria.

Bisogna evitare però che questi percorsi formativi, certamente importanti, coinvolgano solo chi uno studio lo possiede già, trascurando di dare risposte ai sempre più numerosi giovani odontoiatri che non potranno mai aprirne uno. Come faranno loro a raggiungere il successo?

Già 2400 anni fa Platone aveva intuito che il buon maestro, come il buon medico, è tale solo se, attraverso la cura della relazione, è capace di migliorare la vita delle persone senza essere protagonista. Così ognuno di noi deve decidere che tipo di professionista vuole essere, come vuole interpretare la professione e cosa rappresenta per se stessi avere successo.

Non c’è nulla di più insidioso del fare qualcosa che non corrisponda alla propria identità e alla personale scala di valori. Può capitare che, come avviene nel caso della felicità, la ricerca ossessiva del successo porti alla fine a vivere un’esperienza professionale lontana dai bisogni delle persone e di conseguenza meno appagante. Esattamente come il non pensarci troppo, lo faccia raggiungere inconsapevolmente.

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