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Psico-design: un’architettura di spazio e mente nello studio odontoiatrico

Dott.ssa Carola Murari

Dott.ssa Carola Murari

mer. 1 agosto 2018

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Nella famosa “Hierarchy of needs” di Maslow (1954), ai primari bisogni fisiologici seguono immediatamente quelli della sfera psicologica di cui fanno parte sicurezza, stima sociale e autorealizzazione. L’uomo, da sempre, ne ricerca la soddisfazione attraverso un’innata trasposizione del proprio Sé nello spazio: le rappresentazioni mentali si attualizzano in una realtà fatta di ambienti, oggetti, materiali, colori e luci.

Lo spazio non si può pensare in modo oggettivo e univoco. La sua interpretazione dipende dagli occhi e dalla mente che in un dato momento lo percepiscono e ne attribuiscono dei significati. Non esiste spazio che non sia un’estensione della mente che l’ha progettato e vissuto partendo da assunti che riguardano in particolare la psicologia del Sé.

Decenni, se non secoli, di letteratura scientifica per delineare il concetto di identità: alcuni ne hanno studiato la natura più profonda individuando un Sé reale, uno ideale e uno normativo (Higgins, 1987); altri si sono soffermati invece su una sua rappresentazione fortemente condizionata dal contesto sociale parlando così di un Sé relazionale (Gergen, 1999); altri ancora, infine, hanno introdotto l’idea di quelli possibili, ovvero l’insieme di idee, progetti, aspirazioni che un individuo ha e proietta nel futuro.

La realizzazione di questa progettualità relativa all’immagine di se stessi trova un efficace specchio anche nell’ambiente circostante e lo psico-designer deve, pertanto, essere in grado di comprendere i bisogni reali del committente creando l’armonico connubio tra il suo spazio e la mente. Momento irrinunciabile è il cosiddetto briefing in cui emergono gli elementi chiave per il soddisfacimento del Sé del cliente: personalità, valori, aspirazioni e desiderio di comunicare messaggi a chi entrerà in contatto con l’ambiente realizzato.

Tenendo conto che l’emisfero sinistro del cervello umano è la sede del pensiero razionale e astratto, mentre quello destro è in grado di cogliere le relazioni spaziali nella loro globalità, il designer realizza un colloquio con il cliente che si nutre, prima di ogni altro aspetto più prettamente cognitivo, di emotività. Sono proprio le emozioni, infatti, la chiave di volta dell’intero processo. Chi sei? Quale sfumatura della tua identità vuoi fare emergere? Cosa desideri comunicare? Che tipo di relazioni intendi instaurare tra l’ambiente e le persone? Ma soprattutto: quali reazioni psicologiche, o ancora più precisamente, quali sensazioni saprai generare?

Un costrutto multidimensionale quale quello delle emozioni impatta fortemente nella quotidianità di ciascuno: che siano di natura positiva o negativa, con intensità variabile, sono in grado di creare potenti effetti di feedback e immagazzinamento nella memoria a lungo termine e ciò condiziona le scelte future in ogni campo.

Tornerò in quel luogo? Proverò piacere ad incontrare nuovamente quella persona? Eviterò un certo tipo di contesto? Rimane un campo di ricerca stimolante per la psicologia della Gestalt, quella cognitiva e le neuroscienze nel tentativo di comprendere sempre di più le modalità con cui la mente, insieme ai segnali chimici inviati dal corpo, interagisce con lo spazio in cui è immersa in una reciproca influenza.

Lo spazio di lavoro, a maggior ragione quello di cura dello studio odontoiatrico, è una configurazione sociale con un susseguirsi di azioni e relazioni in una continua co-costruzione di significati; alcuni studiosi, pertanto, hanno preferito utilizzare il termine “locale” piuttosto che “luogo” evidenziandone la natura dinamica e condizionata dalle relazioni tra gli utenti che ne occupano lo spazio (Greenbeerg, 2001).

L’attuale complessità operativa e tecnologica degli studi dentistici necessita di una maggiore fluidità dei confini e delle barriere architettoniche per garantire prima di tutto il rispetto dei principi ergonomici: essi devono essere accompagnati da un’attenta progettazione del layout dell’intero studio in grado di accogliere il paziente con il suo bagaglio di bisogni, aspettative e soggezioni psicologiche.

Il design delle strutture finalizzate alla cura non può che essere patient-centered: grazie ad una scelta accurata di mobilio, luci e colori si è in grado di predeterminare e prevedere le reazioni emotive dei pazienti fin dal loro ingresso nella sala d’attesa.

Dal 1993 il Center for Health Design (USA) ha raccolto evidenze scientifiche a dimostrazione della capacità del design in ambito medico di incrementare la qualità e l’efficacia delle cure sui pazienti. Ci si deve allora focalizzarsi su accorgimenti quali la presenza di numerose finestre che garantiscano un’apertura visiva esterna, la predilezione per fonti di luce più calda nelle aree di segreteria e sala d’attesa che attenuino la luminosità fredda degli studi con i riuniti o ancora la tinteggiatura dei muri perimetrali con colori che accompagnino il paziente e ne migliorino l’umore evitando l’effetto claustrofobico o decisamente austero di molti studi odontoiatrici.

Da non dimenticare, poi, l’importanza di stampe o fotografie alle pareti e di piante che richiamino l’idea di familiarità e casa. Nella selezione dei materiali PVC, laminati, Corian e gres porcellanato perfetti per il clinico ma freddi e “sterili” per gli altri ambienti in cui l’uso del legno può rendere l’ambiente più accogliente e avvolgente.

L’autore approfondirà l’argomento durante il II Congresso Management dello Studio e della professione odontoiatrica: L’IMMAGINE | L’ORGANIZZAZIONE | LA CLINICA EFFICACE nella relazione di venerdì 21 settembre, ore 16.30-17. Scarica QUI la brochure provvisoria.

Nota
Psico-design è un marchio registrato da Ernestina Rossotto – info@psico-design.com

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