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Aosta: la terapia del paziente con disabilità? Una sfida all’odontoiatria

Convegno "La terapia del paziente con disabilità una sfida possibile anche in Odontoiatria".

lun. 26 ottobre 2015

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Strutture disponibili, personale sufficiente, liste d'attesa accettabili: quando si parla di trattamenti medici su pazienti disabili o non collaborativi, anche le richieste minime si ingigantiscono. Dal convegno organizzato dal Coordinamento Disabilità della Valle d'Aosta di sabato 17 ottobre "La terapia del paziente con disabilità: una sfida possibile anche in Odontoiatria", sono emerse difficoltà ma anche proposte per la cura di persone che possono avere reazioni difficili.

«Abbiamo capito che si tratta di un argomento che merita approfondimenti e l'interesse c'è ‒ commenta Corrado Adamo, presidente CoDiVda – come c'è anche la consapevolezza che bisogna operare sinergicamente sul territorio, rivolgendosi alle competenze all'esterno ma anche costruendo quello che qui manca».

Lavorare sui piccoli numeri non è semplice: «La situazione in Valle d'Aosta non è certamente felice ‒ spiega Maria Alice Boldi, presidente nazionale degli igienisti dentali ‒ perché non esiste un reparto o una sua parte dedicata alla cura dei disabili. Le difficoltà sono moltissime ovviamente, però soprattutto occorrerebbe la volontà di creare anche un piccolo spazio dove i volontari, che ci sono, e sarebbero disposti a lavorare, potessero operare anche su queste persone». Guardare alla situazione nazionale può offrire qualche spunto: «In Italia ci sono 25 centri dedicati alla cura dei pazienti disabili, centri di eccellenza ‒ continua la Boldi ‒ Uno è a Milano, l'ospedale San Paolo. C'è un pò più di attenzione nel pubblico, anche perché forse i mezzi sono maggiori, ma non quelli economici: essendoci le cliniche universitarie, c'è anche la possibilità di utilizzare i tirocinanti. Purtroppo qui lavoriamo sempre sui piccoli numeri anche se comunque noi dovessimo considerare la percentuale dei disabili rispetto alla popolazione della Valle d'Aosta è comunque una percentuale, purtroppo, interessante».

Oltre alla disponibilità di spazi e di specialisti, bisogna tener conto della preparazione: Maria Grazia Cagetti, odontoiatra e ricercatore universitario della Statale di Milano, precisa che «sono moltissimi i problemi pratici di queste persone, non perché abbiano una patologia orale particolare (hanno, né più né meno quelle che abbiamo tutti noi) ma perché gli odontoiatri privati non sono abituati ad affrontare un paziente spesso oppositivo. Il rischio è di arrivare a situazioni estreme, in cui si applica prima una terapia chirurgica, di tipo estrattivo, molto debilitativa. Si aggiunge così un'ulteriore disabilità che poi li condiziona anche nell'interazione sociale, perché senza denti si sorride malvolentieri e ci si confronta con gli altri ancora più malvolentieri, oltre al fatto che non si mastica né si parla in maniera corretta».

Le proposte alternative, una via di mezzo tra il non fare nulla e l'anestesia totale: «La sedazione cosciente combinata, che vuol dire protossido d'azoto con delle benzodiazepine ‒ spiega Luigi Menozzi, odontoiatra al San Paolo ‒ ti dà un ampia possibilità e sicurezza per fare alcune cure odontoiatriche in maniera ripetitiva, tutte le settimane se si vuole. C'è scarsa prevenzione perché siamo in pochi a fare questo ambulatorio: ci vorrebbero altri posti pubblici, non privati. I privati non possono utilizzare i farmaci, l'anestesia generale costa tantissimo, la sedazione, nel privato, non la vogliono fare perché il paziente comunque deve essere gestito e quindi può contrastare, urlare, fare versi e quindi far venire sensi di colpa. Oppure non è bello da vedersi con gli altri pazienti cosiddetti normali».

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