Il dr. Mauro Merli ha sviluppato la cosiddetta “Fence Technique”.
Con questo approccio è possibile favorire la rigenerazione di ampi difetti ossei, senza l’ausilio di dispositivi non riassorbibili. In questa intervista ci indica i vantaggi di questo approccio.
A fronte della sua esperienza clinica, direbbe che il numero di pazienti con importanti difetti della cresta alveolare stia aumentando o diminuendo?
Probabilmente sta aumentando. Una motivazione è che il numero di pazienti affetti da perimplantiti sta crescendo.
Specialmente nei casi di grave perdita ossea o di rimozione ritardata dell’impianto, l’infezione può causare grandi difetti “a cratere”.
Inoltre, un ruolo è ricoperto anche da fattori demografici e immigratori. Sia nei pazienti edentuli più anziani, che nei pazienti provenienti da paesi con bassi standard di controllo delle infezioni, sono spesso presenti difetti ossei rilevanti.
Lei ha messo a punto una nuova tecnica per aumentare il volume osseo in presenza di grandi difetti. Potrebbe spiegare le motivazioni per le quali è nata la “Fence Technique”?
Sebbene “l’approccio standard” della GBR con l’uso di biomateriali funzioni bene in molte indicazioni, esso non risulta completamente adeguato in presenza di difetti ossei estesi. È sorta quindi la necessità di una tecnica che potesse creare e mantenere un “maggior spazio” per trattare questa tipologia di difetti.
L’idea di utilizzare placche di osteosintesi in PDDLA risale alla mia collaborazione con il dr. Albino Triaca, chirurgo maxillo-facciale di Zurigo, mio mentore quando ero più giovane. Le placche di osteosintesi sono comunemente usate in chirurgia maxillo-facciale, ad esempio nella chirurgia ortognatica. Invece di usare unicamente sostituti ossei in granuli o membrane riassorbibili, con queste placche è possibile creare spazio a sufficienza per permettere la rigenerazione ossea anche di creste gravemente atrofiche.
Pertanto, con la “Fence Technique” ho cercato di combinare i benefici della GBR con la stabilità ottenibile con le tecniche chirurgiche maxillo-facciali.
Utilizzando dispositivi riassorbibili, tra cui la membrana Geistlich Bio-Gide®, è possibile ridurre l’invasività, mentre combinando Geistlich Bio-Oss® con le placche di osteosintesi, si può conferire volume e forma alla cresta. In questo modo ho seguito i tre principi dell’odontoiatria rigenerativa: stabilità del coagulo, mantenimento dello spazio e guarigione per prima intenzione.
Quali sono i principali vantaggi dell’utilizzo di dispositivi riassorbibili come sostituti ossei, membrane riassorbibili in collagene e placche di osteosintesi in PDDLA per l’aumento osseo?
Un vantaggio molto ovvio è che non richiedono di essere rimossi con una seconda chirurgia, quindi l’approccio è molto meno invasivo per il paziente, se confrontato con altri. In particolare, le membrane in collagene nativo sono considerate materiali bioattivi che favoriscono la guarigione su entrambi i lati, mentre svolgono anche una funzione barriera per un tempo sufficiente a supportare la rigenerazione ossea ideale anche in grandi difetti. Un altro vantaggio è la flessibilità e la buona modellabilità dei materiali, che si adattano facilmente alle irregolarità della cresta ossea. Nel caso delle placche di osteosintesi, ho la possibilità di preparare il modello stereolitografico prima di applicarlo nella cavità orale.
Esistono degli svantaggi? Ci sono interferenze tra i lattati generati dal riassorbimento del PDDLA e il processo di rigenerazione ossea?
Non è facile risponderle. Molti lavori scientifici sostengono la biocompatibilità delle placche in PDDLA utilizzate in chirurgia maxillo-facciale.
Nel nostro caso, però, la situazione è leggermente diversa. Mentre in chirurgia maxillo-facciale le micro-placche sono principalmente a contatto con l’osso, secondo il mio approccio sono circondate da tessuti molli. In alcuni pazienti ho osservato l’insorgenza di leggere reazioni infiammatorie nei tessuti circostanti.
Tuttavia la mia è semplicemente un’osservazione che deve essere verificata con uno studio clinico.
Ci sono circostanze in cui non eseguirebbe un aumento osseo così esteso?
Sì certamente. È inappropriato eseguire aumenti ossei e terapia implantare in qualsiasi paziente.
Tra le alternative possibili bisogna sempre considerare l’utilizzo di soluzioni meno invasive; un esempio sono gli impianti corti.
Riesce a immaginare materiali o tecniche che possano significativamente facilitare il trattamento di ampi difetti della cresta alveolare e/o migliorare ancora di più il risultato?
A oggi, tutte le soluzioni possibili nel trattamento di difetti ossei estesi presentano delle limitazioni.
Le membrane in collagene non hanno una forma sufficientemente stabile. L’osso autologo, oltre a subire un intenso riassorbimento, può essere prelevato solo sottoponendo il paziente a un secondo intervento chirurgico.
Anche l’aggiunta di fattori di crescita non sembra portare a un sostanziale beneficio, secondo quanto riportato da studi sperimentali.
Quindi, l’obiettivo principale è eliminare la necessità dell’osso autologo, accelerando contemporaneamente la formazione di nuovo osso nei difetti ampi.
L'articolo è stato pubblicato sul numero 3 di Implant Tribune Italy 2014.
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