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«Oltre 600 laureati in odontoiatria italiani provenienti da paesi dell’Unione Europea o da corsi di laurea extra Ue “parificati” si aggiungeranno ogni anno per i prossimi 4-5 anni ai circa 800 neolaureati provenienti dagli atenei italiani. L’allarme lo lancia l’Associazione Italiana Odontoiatri».
I “conteggi ad occhio” fatti dai nostri giovani che si sono stabiliti in Spagna, Romania, Albania perché respinti al test d’ingresso al Corso di laurea dell’Università italiana, parlano di circa 3 mila “fuoriusciti”. I dati dovrebbero essere confermati a breve dalle richieste d’iscrizione agli Ordini dei Medici. Infatti i neolaureati “forestieri” tornano in Italia a cercare lavoro alimentando la sottoccupazione nel nostro settore, a dispetto dei motivi per cui il numero chiuso è stato introdotto.
Intanto ogni anno nel nostro paese per effetto di ricorsi al TAR sul test si dilata il numero degli iscritti al corso di laurea. Al 4° Congresso Politico abbiamo deciso di verificare con i politici e con tutti i protagonisti della filiera del dentale e della formazione nel dentale, con un dibattito “in diretta”, le possibili alternative – anno o biennio comune per le facoltà sanitarie, test d’ingresso in quarta superiore – per superare il blocco, ormai costantemente aggirato».
A parlare è Pierluigi Delogu, Presidente dell’Associazione Italiana Odontoiatri. Il Congresso è in programma a Roma al Centro Congressi Cavour (Via Cavour 50/A) sabato 22 novembre dalle 9.00, sarà previsto un incontro con i giornalisti intorno alle 11.00. Ci saranno rappresentanze della medicina generale e della specialistica ambulatoriale. Si parlerà anche di avviamento alla professione e di nuove regole, anche contrattuali, a salvaguardia dei futuri dentisti. «Il futuro dell’odontoiatria non è solo nello studio di proprietà. Anche a causa della nuova composizione dei neolaureati, le disponibilità non saranno per tutti uguali. Strutture gestite all’insegna della massima produttività andranno a cercare manodopera a basso costo tra i giovani dentisti remunerandoli con contratti di monocommittenza a finta partita Iva. Noi dobbiamo evitare che la professione perda contatto con i pazienti e si trasformi in manovalanza in mano a grossi gruppi finanziari. Siamo aperti alla valutazione di nuovi sistemi contrattuali che offrano certezze retributive e assicurino anche la contribuzione per la previdenza pensionistica».
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