Il corpo è uno: da quando la riforma della medicina ha separato i percorsi formativi di medici e odontoiatri (riforma al tempo contestata da molti medici dentisti e tuttora talvolta criticata) si è creato un apparente distacco tra cure odontoiatriche e cure mediche in genere, che a livello scientifico non ha ragion d’essere. La medicina è una e le specializzazioni dovrebbero esistere per approfondire aspetti gravi e straordinari inerenti un particolare apparato.
Ma le cure ordinarie, anche dei singoli organi e apparati, dovrebbero essere affidate a medici in grado di integrare le informazioni sanitarie provenienti da ogni campo, in particolare valorizzando gli aspetti connessi a nutrizione, movimento fisico, stile di vita. Il campo odontoiatrico, al pari degli altri, non fa eccezione. O il dentista impara a gestire il problema odontoiatrico tenendo conto degli aspetti neurologici, endocrinologici, immunitari, nutrizionali, psicologici oppure si troverà a gestire pezzi separati del paziente senza mai puntare a una completa risoluzione del problema.
Quando parliamo di “medicina di segnale” in senso didattico lo facciamo per identificare una visione della fisiologia umana e della malattia che si basa sulle più recenti cognizioni scientifiche disponibili in letteratura. Il medico di segnale conosce i meccanismi di regolazione dei principali assi metabolici umani, così come si trovano descritti nei testi di biochimica, fisiologia, endocrinologia e medicina interna. Quello che fa la differenza è l’interpretazione operativa di questi dati, che assegna importanza alle capacità regolative di adipochine, enterochine e miochine, piuttosto che a elementi di forzatura esterni come i farmaci.
Se la medicina è una, arricchita da contributi scientifici di ogni provenienza, è anche vero, come dice Kuhn ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche, che ogni dato scientifico, ancorché documentato, ha in realtà valore solo all’interno di un paradigma condiviso.
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