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Sulla responsabilità del medico tanto rumore per… poco

A Pezzini, A Gallese - Avvocati

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gio. 4 febbraio 2016

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È stato approvato dalla Camera dei Deputati il 28 gennaio 2016 il Disegno di Legge n. 2224 recante disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario. L’eco sulla stampa era già stata molto forte quando la XII Commissione della Camera aveva licenziato il testo che avrebbe dovuto modificare dal profondo la legge sulla responsabilità dei medici.

Gli articoli più rilevanti per la categoria sono soltanto alcuni.
Il numero 6 inserisce nel codice penale l'art 590ter il quale prevede la responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario soltanto a causa di imperizia e per colpa grave. Si tratta di un restringimento notevole della responsabilità del sanitario perché la negligenza e l'imprudenza (elementi costituivi della colpa) vengono cancellate e l'ipotesi scatta soltanto in presenza di colpa grave.

Quest'ultima viene esclusa quando, “salve le rilevanti specificità del caso concreto”, vengano comunque rispettate le buone pratiche clinico assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida, che devono ancora essere pubblicate e quindi rimarchevole sarà l'incertezza al riguardo nei prossimi anni.

L'art. 7 costituisce uno dei grimaldelli della rivoluzione che ha modificato la materia della responsabilità sanitaria. Prevede come i medici convenzionati o esercenti la professione sanitaria pubblica o in regime di libera professione intramuraria rispondano del proprio operato ai sensi della responsabilità aquiliana (art. 2043 CC).

Il cambiamento consiste in questo: la responsabilità del medico non può più essere invocata dopo cinque anni e l'onere della prova spetta al paziente danneggiato. Norma salutata con favore dalla classe medica perché non solo riduce notevolmente il problema della medicina difensiva ma consente al medico di lavorare con maggior serenità.

Il mutamento è notevole se si pensa che ‒ prima della modifica apportata dall'art. 7 co. 3 DDL cit. ‒ il medico convenzionato continuava anch’egli a rispondere a livello contrattuale (al pari della sua struttura per cui tutto è rimasto invariato) quindi con una responsabilità invocabile fino a dieci anni e con un pesante onere della prova a sé riconducibile consistente nel dimostrare che l’inadempimento o il ritardo della prestazione era derivato da impossibilità derivante da causa a lui in imputabile.

Parliamo del tipo di responsabilità ex art. 1218 CC prevista ancora per gli odontoiatri intesi quali liberi professionisti, per i quali nulla è cambiato e la loro aggredibilità continuerà ad essere quella derivante dal contratto, così come per gli avvocati o i geometri.

I medici dipendenti sono quindi “avvantaggiati”? Senza dubbio, in quanto la presenza della responsabilità contrattuale dell'ente (10 anni più onere della prova in capo alla struttura) garantiscono già il paziente il quale contro il medico dipendente deve avercela più dura (cinque anni più onere della prova a carico).

Alcuni correttivi significativi sono stati introdotti in termini pratici dagli artt. 8 e 12 anche per i dentisti “liberi”. La causa al professionista che ha mal operato non si potrà muovere se non dopo aver “preliminarmente” adito il Tribunale richiedendo una consulenza tecnico preventiva ai fini della composizione della lite.
È una condizione di procedibilità della domanda risarcitoria. Il paziente il quale citi il proprio dentista senza essere prima transitato da questa camera di compensazione, non può procedere oltre. L'art. 12 prevede altresì che possa agire direttamente nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura all’azienda. Una rivoluzione per la responsabilità dei medici quindi? Manco per idea. Si tratta di un adattamento interpretativo che nasce dalla giurisprudenza più avvertita e sensibile che aveva già anticipato una modifica del genere nel 2012. Il Tribunale di Varese – con la sentenza 26 novembre 2012 n. 1406 – aveva sin da allora statuito come la responsabilità da fatto illecito (2043 CC) potesse essere fatta valere dal paziente colpito da danno iatrogeno anche in assenza di contratto.

«È evidente che l’adesione ad un modulo siffatto contribuisce a realizzare la finalità perseguita dal legislatore (contrasto alla medicina difensiva) in quanto l’onere probatorio del medico viene alleggerito e viene fatto gravare sul paziente anche l’onere (non richiesto dall'art. 1218) di offrire dimostrazione giudiziale dell’elemento soggettivo di imputazione della responsabilità». Come al solito si grida alla rivoluzione quando sulle barricate i suoi figli ne sbandierano il drappo già da tempo.

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