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Quale è lo stato di salute in Italia? Risponde la Presidente del CSS, Siliquini commentando la recente Relazione sullo Stato sanitario del Paese 2012/3

Prof.ssa Roberta Siliquini, presidente del Consiglio Superiore della Sanità.
m.boc

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mar. 13 gennaio 2015

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In occasione della recente pubblicazione da parte del Ministero della Salute della relazione sulla Stato Sanitario del Paese 2012 2013, abbiamo posto alcune domande in merito alla Presidente del Consiglio Superiore della Sanità.

1) Relativamente alla Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2012-2013, vuole riassumere in due parole quali sono gli obiettivi?
La Relazione si propone di fornire al Parlamento e di conseguenza ai politici locali e ai cittadini le informazioni riguardanti, sostanzialmente e per brevità, tre aspetti: lo stato di salute della popolazione secondo alcuni indicatori scelti e validati, l’impiego di risorse per la salute, il raggiungimento degli obiettivi dichiarati nei piani sanitari. In sostanza rappresenta uno strumento di valutazione, sempre in fieri, dell’attività del servizio sanitario nazionale.

2) Si tratta di un fatto statistico/burocratico compiuto per "dovere d'ufficio" o lo ritiene veramente uno strumento utile per addetti ai lavori e non?
La Relazione è obbligo di legge, introdotta già nel 1978 con la Legge di istituzione dell’ SSN. Al di là dell’obbligo istituzionale e grazie all’impegno posto dal Coordinatore, Prof. Simonetti e dai collaboratori tutti, può rappresentare tuttavia, un utilissimo strumento per il miglioramento della qualità dei servizi offerti. Di fatto è l’unico documento ‘ufficiale’ che permetta di rilevare nell’insieme le differenze regionali nell’applicazione dei Piani sanitari, individuare gli ambiti in cui sia bene continuare con le strategie in atto e quelli per i quali si renda necessaria una loro modifica. Insomma, il motore per la programmazione delle politiche sanitarie. Certamente, affinché non rimanga solo un utile esercizio per pochi addetti, è necessario che venga studiata e approfondita negli ambiti locali di gestione sanitaria.

3) Come ne esce la Sanità italiana dalla Relazione?
Il nostro Servizio sanitario è riuscito e riesce a far fronte, in questi ormai lunghi anni di depressione economica, alle importanti sfide epidemiologiche e tecnologiche, come dimostra anche la posizione rilevante assunta dal nostro Paese nella recente classifica relativa ai migliori Servizi sanitari stilata dall’OMS. La nostra speranza di vita alla nascita è tra le più elevate d’Europa, le attività di screening e di terapie precoci, sempre all’avanguardia, riducono la mortalità per molti tumori e per le patologie cardiovascolari. E tutto ciò grazie ad eccellenze scientifiche e al quotidiano sforzo di migliaia di preparatissimi e generosi operatori. Certamente i rischi per il futuro non mancano: la transizione epidemiologica ci porterà a dover prendere in carico persone sempre più croniche con risorse che sono e saranno oggettivamente limitate rispetto ai bisogni. Per questo la Relazione pone fortemente l’accento sulla necessità di implementare maggiormente, su tutto il territorio nazionale, le attività preventive, quelle territoriali, gli investimenti sulla ricerca, sull’appropriatezza e le reti sanitarie. Il Ministro Lorenzin è molto sensibile a queste tematiche e si spende quotidianamente per rendere il sistema sanitario sostenibile alla luce delle nuove sfide del Paese: invecchiamento della popolazione, ingresso di nuovi farmaci sempre più efficaci ma costosi, medicina personalizzata, lotta a sprechi ed inefficienze con risparmi da reinvestire in salute. A partire dai gestori regionali delle politiche sanitarie, ai professionisti della salute per arrivare ai cittadini, tutti però devono fare la loro parte. La parola d’ordine non è risparmio ma appropriatezza. E questo va correttamente comunicato.

4) Visto che siamo in ambito odontoiatrico, ci sono e quali i segni di attenzione ad un comparto così in difficoltà come l'odontostomatologico?
In Italia, l’offerta pubblica di prestazioni odontostomatologiche è assicurata secondo quanto normato dal DPCM 29 novembre 2001, con intensità e livelli di copertura diversificati in relazione a quanto consentito dai bilanci locali e in base alle strategie e priorità identificate dalle Regioni e Province Autonome. Purtroppo, come ben emerge dalla Relazione, non in tutte le Regioni è stata applicata una puntuale realizzazione dei programmi di tutela odontoiatrica. Il Ministero della Salute ha promosso l’adozione di misure di prevenzione prendendo in considerazione specifici target di popolazione (individui in età evolutiva, anziani, popolazione tossicodipendente) ma, certamente, il problema relativo alle patologie odontostomatologiche non trattate dal sistema pubblico è, nel nostro Paese, rilevante. Andrebbero, a mio parere, potenziati dalle Regioni programmi quantomeno di odontoiatria sociale in grado di prevenire, soprattutto nell’età evolutiva e anziana, patologie non economicamente affrontabili nel futuro dai Servizi sanitari regionali né, tantomeno, “out of pocket” per i cittadini.

5) Presiedere un organismo di alto profilo come il CSS costituisce un osservatorio privilegiato, oltreché un onore. Da questo osservatorio come vede la sanità italiana? Quali cose si potrebbero cambiare? Quali provvedimenti auspicabilmente assumere?
Presiedere il più elevato organo scientifico di consulenza al Ministro, come il Consiglio Superiore di Sanità, è certamente un grandissimo onore ma, soprattutto, mi creda, una enorme responsabilità, sicuramente meno gravosa per la condivisione con Colleghi di elevatissimo livello scientifico ed etico. L’Italia, malgrado tutto, è un Paese molto trasparente: con questo nuovo ruolo l’immagine che avevo come professore di sanità pubblica, e quindi certamente suo osservatore attento non si è modificata. E’ un paese con una Sanità eccellente, sottofinanziata per evidenti questioni di economia globale, con operatori preparatissimi e generosi, che vive un po’ di ricordi e si deve rinnovare culturalmente a fronte non solo della riduzione dei finanziamenti ma anche e soprattutto per la transizione epidemiologica e tecnologica. Si è invece certamente modificata, per me, come per gli altri componenti del CSS, la possibilità di agire per il Paese. Con il Ministro, che ha lasciato al Css totale libertà di proposizione di linee di indirizzo, abbiamo concordato alcuni temi principali. Tra gli altri mi preme sottolinearne due, in assoluta linea con quanto emerso e richiesto dalla Relazione: la definizione di requisiti di eccellenza delle strutture per il trattamento di importanti patologie (come anche richiesto dalla normativa europea particolarmente sensibile alle reti internazionali) e l’individuazione di un comune denominatore regionale per la prevenzione vaccinale. La salute non è nemmeno più nazionale, è globale. Differenze territoriali nello stesso Paese, non concordate in rete, nell’efficacia dei trattamenti e possibilità di prevenzione sono davvero problematiche serie da superarsi rapidamente con l’apporto di tutte le istituzioni nazionali e regionali che coinvolgeremo nel nostro lavoro propositivo.

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