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“Problemi di confine” tra odontoiatri e chirurghi maxillo-facciali in ambito implantologico

Foto: Aldo Bruno Giannì.
m.boc

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ven. 26 gennaio 2018

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La sovrapposizione di competenze capita in Medicina. A causa di “questioni di confine” come, con immagine giornalistica, vengono definite, avviene che gli animi si riscaldino per affermare questioni di principio che talvolta nascondono (o vengono tacciate per) interessi corporativi. Questo succede perché, come dice giustamente una figura autorevole come Aldo Bruno Giannì, Ordinario di chirurgia maxillo-facciale all’Università di Milano «viviamo nel Paese dei Guelfi e Ghibellini in cui non esiste la certezza del diritto ma soltanto l’arroganza del proprio pensiero» e la forza dei numeri.

A riscaldare gli animi in anni passati il quesito è stato se in quali circostanze i chirurghi maxillo-facciali possano esercitare l’implantologia. Venne proposto nel 2008 al Ministro Ferruccio Fazio, Sottosegretario al Ministero della Salute da Sid Berrone, Ordinario Chirurgia. Maxillo-Facciale all’Università di Torino oltreché Presidente SICMF e da Aldo Bruno Giannì, allora Straordinario Chirurgia Maxillo-Facciale Università di Milano. Nella loro richiesta i due cattedratici richiamarono espressamente il parere espresso nel marzo 2008 da Giovanni Leonardi, uno dei Direttori Generali del Ministero della Salute, secondo cui «era preclusa la possibilità per i laureati in Medicina e specialisti in Chirurgia maxillo-facciale di applicare impianti endossei con finalità odontoprotesiche».

Se per implantologia dentale «s’intende una tecnica riferita al recupero della stabilità di denti o pilastri protesici attraverso l’utilizzo di monconi o perni – dissero allora Giannì e Berrone – non si può non essere concordi». Ma vi è implantologia e implantologia: quella dentale va distinta da quella endossea inserita anche a livello europeo nell’ambito della chirurgia oro-maxillo-facciale, essendo non una tecnica protesica ma di chirurgia orale ed extraorale. «Quindi il dr. Leonardi – conclusero – si riferiva certamente alla prima». Altrimenti avrebbe contraddetto lo Statuto delle Scuole di Specializzazione in chirurgia maxillo-facciale dove all’art.2, si dice che «la Scuola ha lo scopo di formare specialisti nel settore professionale della chirurgia maxillo-facciale, ivi compresa la chirurgia speciale odontostomatologica».

Come ogni tecnica chirurgica l’applicazione di impianti endossei non è scevra da complicanze (fratture patologiche dei mascellari, invasione delle cavità paranasali o addirittura della base cranica, lesioni del nervo alveolare e/o infraorbitario, ecc.) e «solo lo specialista in chirurgia maxillo-facciale e non certo l’odontoiatra viene addestrato nei 5 anni di specialità, a trattare chirurgicamente queste condizioni morbose». Quindi l’implantologia endossea dovrebbe essere eseguita solo dal laureato in odontoiatria malgrado non sia in grado di affrontarne le possibili problematiche cliniche? Altra osservazione: perché in altri possibili ambiti di sovrapposizione di competenze (es. in otorinolaringoiatria o chirurgia plastica) non è mai stata invocata l’esclusività della professione odontoiatrica, ma solo con i maxillo-facciali in implantologia?

Alla richiesta di un secondo parere lo stesso Leonardi precisò salomonicamente che «il chirurgo maxillo-facciale può eseguire impianti a scopo odontoprotesico solo su indicazione e conseguente progettazione dell’intero piano di trattamento da parte dell’Odontoiatra». Affermazione chiara e certamente condivisibile secondo le norme in vigore e soprattutto del buon senso, che avrebbe dovuto porre un punto fermo. Prendendo ad esempio quanto avviene in altri paesi UE in cui il chirurgo maxillo-facciale non solo è solamente laureato in medicina ma inserisce impianti endossei a scopo odontoprotesico «la chirurgia odontostomatologica – ribadisce Giannì – è appannaggio di entrambi sin dal lontano 1978 (anno di costituzione a Napoli della prima Scuola di Specialità in Chirurgia Maxillo-Facciale ndr.)».

A parte ogni polemica più o meno corporativa, Giannì esprime l’auspicio di potere, odontoiatra e chirurgo maxillo-facciale, lavorare insieme, come del resto è sempre accaduto in passato e sempre continuerà ad accadere: «Utilizziamo la stessa passione e testardaggine usata nella diatriba per colpire coloro i quali, odontoiatri o chirurghi maxillo-facciali o peggio semplici abusivi, usano ancora oggi riabilitazioni implantoprotesiche incongrue, fornendo così un reale servizio alla collettività e alla salute del cittadino, al di là dei meri interessi di categoria»

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