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Odontoiatria in declino? Un fenomeno reversibile

R. Longhin

R. Longhin

gio. 13 ottobre 2016

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Nel 2010 un noto quotidiano, nell’analizzare gli effetti della crisi economica del Paese sugli studi dei dentisti, titolava l’articolo “professione dorata al declino”. Titolo quanto mai azzeccato, ma poco significativo delle vere cause di un fenomeno iniziato molto, molto prima della crisi economica. I dentisti le conoscono bene. Il vero guaio è che quando queste cause si profilavano all’orizzonte le hanno ignorate, non le hanno sapute contrastare, non hanno avuto alcuna capacità intuitiva di cogliere i piccoli segnali indicativi di grandi terremoti.

Hanno quindi iniziato ad accettare passivamente l’ingrossamento a dismisura degli albi. Poi a credere nell’introduzione del numero chiuso dei corsi di laurea, rivelatosi poco utile se al di là dell’Adriatico le nostre università distribuiscono lauree a coloro che hanno rifiutato di qua. Hanno dovuto piegarsi a fare i freelance dell’odontoiatra, girando da città a città, accettando il ruolo di collaboratori a buon mercato, incapaci di regolare contrattualmente questa manodopera. Hanno subito impotenti gli effetti delle liberalizzazioni a cominciare dalla scomparsa dei tariffari, dalla pubblicità incontrollabile, dalle società di comodo, proni alle volontà del dio Mercato. Hanno visto moltiplicarsi a dismisura le iniziative “capitalistiche” dei centri low cost che giocano su terreni sconosciuti al professionista tradizionale, quali quello della pubblicità, dell’offerta di prestazioni gratuite per catturare il paziente, del finanziamento delle cure per inchiodarlo alla poltrona, dell’uso del volto noto come testimonial per drenare clientela.

La crisi economica non è nulla al confronto perché prima o poi finirà, mentre le vere cause del declino sono troppo ben radicate. Quel che è peggio è il constatare che l’incapacità persiste. La bufala dell’“odontoiatria sociale” ha sdoganato la concorrenza delle ASL e delle Università che intercettano i pazienti con “tariffe calmierate” sottraendoli al libero mercato, proprio quello che ha ripudiato i tariffari. Anche qui nessuna capacità di intercettare per tempo, di prevenire, di reagire. Eppure ce ne sarebbe un gran bisogno perché l’orizzonte è pieno di segnali inquietanti. L’ultimo è percepibile in www.smiledirectclub.com - Sharper Image, importante catena di negozi americana che da gennaio 2016 vende sul proprio sito internet direttamente ai pazienti gli allineatori di una propria partecipata. Con un kit si rilevano le impronte, si inviano negli USA dove un prestigioso marchio costruirà il dispositivo ortodontico; quindi spedirà direttamente a casa l’invisibile mascherina raddrizza-denti. Il tutto ad un costo super concorrenziale con il quale nessuno studio italiano potrà competere.

Non è quindi la grande crisi economica la causa del declino dell’odontoiatria. Ben altri sono i fattori che hanno scavato in profondità il sistema, determinando il tracollo di un modello professionale. Alcuni sono ormai incancreniti, altri, come quello dell’odontoiatria sociale sono ancora in fasce ma non tarderanno a mordere, altri ancora, come quello dell’ortodonzia fai da te promozionata da un prestigioso marchio sono ancora oltre oceano, ma la loro eco sta già facendo breccia anche qui. L’impressione è che gli odontoiatri abbiano gettato la spugna, adagiandosi su linee di retroguardia, abbarbicati su idee vecchie, ancorati all’illusione di privilegi totalmente svaniti, ma soprattutto impreparati a pensare il nuovo, incapaci a cavalcare la tigre per dominarla.

Eppure gli strateghi del settore hanno indicato la strada per invertire il corso degli eventi. Come? Occorre ripensare integralmente la figura del dentista, occorre una reinvenzione soggettiva del suo ruolo, bisogna reinserirlo in una società cambiata, che tratta la salute come merce, che non diversifica il dentista dalle altre attività per la produzione di beni e servizi.
La categoria non vuole sentire queste parole che suonano come bestemmie in chiesa, ma la rifondazione della professione non può essere pensata in termini di lobby. Credo che varrebbe la pena studiare se traghettarla in modelli consolidati, uniformati sull’intero pianeta dove lavoro, servizio, opera d’ingegno hanno ovunque lo stesso significato, dove ci sono regole sicuramente diverse da quelle che per oltre un secolo hanno protetto la professione, ma chiare, precise e certamente altrettanto protettive. Una strategia accattivante la cui riuscita passa per un ostacolo che sembra insormontabile: sognare l’odontoiatria del futuro abbandonando il ricordo di quella vissuta nel passato. Smettere di pensare il domani dell’odontoiatra come un futuro avvenuto.

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