WASHINGTON, USA – Dalle otturazioni in composito alle cannule di aspirazione monouso, la plastica è presente in ogni aspetto dell’odontoiatria moderna. Tuttavia, un numero crescente di studi sta lanciando l’allarme sulle microplastiche – minuscoli frammenti inferiori ai 5 mm – che non solo inquinano l’ambiente, ma potrebbero anche rappresentare un rischio per la salute umana. L’odontoiatria, da sempre basata su materiali plastici, è ora oggetto di attenzione da parte di ricercatori e attivisti, che si interrogano su come queste particelle possano passare dalla poltrona del dentista all’intero ecosistema.
Un recente approfondimento pubblicato su The Atlantic evidenzia l’ampiezza della sfida. Le microplastiche sono diventate ormai quasi impossibili da evitare nella vita quotidiana, e l’odontoiatria non fa eccezione. Sebbene i materiali a base plastica abbiano rivoluzionato le tecniche restaurative, rilasciano anche microscopici detriti durante procedure comuni, come la perforazione o la lucidatura dei compositi. Le acque reflue degli studi dentistici rappresentano una delle principali vie attraverso cui queste particelle raggiungono fiumi e oceani, dove possono persistere per decenni. Ancora più preoccupante è il fatto che alcune evidenze mostrano come le microplastiche stiano entrando nel flusso sanguigno e negli organi umani, sollevando interrogativi non solo sull’esposizione professionale per i team odontoiatrici, ma anche sui potenziali rischi per i pazienti.
Le indagini scientifiche stanno iniziando a fare luce sull'entità del problema. Uno studio del 2024, pubblicato su Ecotoxicology and Environmental Safety, ha analizzato materiali dentali di uso comune e ha rilevato che i compositi a base di resina e le plastiche per impronte rilasciano quantità misurabili di microparticelle quando sottoposti a sollecitazioni. I ricercatori hanno concluso che anche metodi restaurativi consolidati possono, seppur involontariamente, contribuire al problema delle microplastiche, una scoperta che evidenzia l’urgenza di sviluppare materiali alternativi o sistemi di gestione dei rifiuti più efficienti.
Un’altra linea di ricerca, riportata nel World Academy of Sciences Journal, ha esplorato gli effetti biologici dell’esposizione alle microplastiche, descrivendo il loro ruolo in odontoiatria come una “invasione silenziosa”. Studi di laboratorio suggeriscono che queste particelle possano innescare infiammazione, stress ossidativo e alterazioni cellulari, anche se il significato clinico di tali effetti in ambito odontoiatrico è ancora oggetto di studio. Per i professionisti, la preoccupazione è duplice: da un lato i potenziali rischi per la salute dei pazienti, dall’altro l’esposizione professionale per i team odontoiatrici che ogni giorno lavorano con strumenti e materiali a base di polimeri.
Anche le organizzazioni ambientaliste stanno facendo sentire la loro voce. La Plastic Pollution Coalition ha recentemente pubblicato un’analisi sull’uso della plastica in odontoiatria, richiamando l’attenzione su articoli monouso come guanti, mascherine e buste per la sterilizzazione. Pur riconoscendo che il controllo delle infezioni debba rimanere una priorità assoluta, il rapporto invita i professionisti del settore a valutare soluzioni plastic-free laddove siano sicure e praticabili. Tra le strategie promosse: l’uso di alternative riutilizzabili, una migliore differenziazione dei flussi di rifiuto e l’innovazione nei biomateriali.
Il dibattito sulle microplastiche è ancora agli inizi nel campo dell’odontoiatria, ma la direzione è chiara: il settore dovrà inevitabilmente fare i conti con il proprio contributo all’inquinamento da plastica. Per i professionisti dentali, la sfida consiste nel trovare un equilibrio tra l’eccellenza clinica e la responsabilità ambientale, garantendo che il futuro della salute orale non avvenga a scapito della salute ecologica e umana a lungo termine.
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