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Mantenimento implantare:sondare o no?

A. Iommiello, C. Sanavia

A. Iommiello, C. Sanavia

mer. 1 luglio 2015

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I pazienti che si sono sottoposti a un intervento di implantologia necessitano di ricevere un follow-up continuo, sistematico e individualizzato. L’American Accademy of Periodontology raccomanda ai pazienti portatori di impianti dentali controlli periodici regolari, al fine di monitorare lo stato dei tessuti perimplantari, la condizione della protesi supportata e il controllo della placca batterica1.

L’impianto dovrebbe essere monitorato strettamente nel primo anno dall’inserzione2 e, trascorso questo periodo, una volta stabilizzati i tessuti, si possono stabilire diverse frequenze di richiami.

Il punto focale del mantenimento riguarda la chiara intercettazione dei fattori di rischio e dei primi segni di malattia in modo da poter limitare ogni perdita di tessuto e preservare la vita dell’impianto2. Ogni procedura atta a ottenere o mantenere la salute implantare deve tenere conto delle caratteristiche dell’impianto e dei tessuti che lo circondano in modo da minimizzare la ritenzione di placca batterica e garantire la facile rimozione del biofilm3.

Il follow-up inizia con la revisione delle condizioni di salute sistemica del paziente e la rivalutazione delle condizioni orali generali al fine di individuare eventuali pazienti che rientrano in alcune categorie a rischio: malattia parodontale pregressa4, diabetici5-6, fumatori7 e pazienti con alti indici di placca8.
Ad ogni richiamo di mantenimento va valutata la presenza di placca batterica, ed eventualmente quantificata mediante l’utilizzo di appositi indici (Humphrey10, O’Leary11, Mombelli ecc.) ed esaminati i segni clinici dei tessuti perimplantari, considerando in primo luogo l’eventuale presenza di infiammazione (rossore, alterazione di forma e consistenza, sanguinamento, suppurazione)9.

Il processo che stabilisce se i tessuti perimplantari si trovino in stato di salute o di malattia inizia con l’osservazione e l’ispezione visiva dell’impianto e dei tessuti che lo circondano, sia clinicamente che radiologicamente. Sia impianti sia denti naturali sono circondati da mucosa masticatoria cheratinizzata (gengiva). Come documentato12, l’assenza di tessuto cheratinizzato si è dimostrata essere una condizione di maggiore suscettibilità ai batteri patogeni, in quanto in tali condizioni l’impianto risulta più vulnerabile alla malattia perimplantare.

 

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