Per un dentista le sfide da affrontare sono indubbiamente più numerose e difficili che in passato. La maggior presa di coscienza da parte dei pazienti della qualità delle cure, la concorrenza da parte delle grosse strutture e la difficile congiuntura economica attuale richiedono un’ottima preparazione clinica. Però non basta.
Negli ultimi anni si assiste a un aumento esponenziale delle incombenze burocratiche: documenti, attestati, protocolli, autocertificazioni, corsi sulla sicurezza, Ecm e quant’altro…
È necessario tutelarsi per ogni minima azione con firme di accettazione da parte del paziente sul rispetto della privacy e sul consenso informato e d’altro canto sbandierare in fattura ogni singola prestazione per non incorrere in sanzioni fiscali. Tendono a moltiplicarsi a macchia d’olio gli esperti qualificati richiesti.
A fronte di tutte queste complicazioni di semplificazione neppure l’ombra: si continuano a richiedere certificati inutili e difficili da ottenere.
Passando poi ad analizzare la burocrazia fiscale da anni si lotta con uno studio di settore malfatto che punisce il dentista che assume personale attribuendogli un valore moltiplicativo dell’incasso maggiore rispetto a quello attribuito a un collaboratore e che equipara il binomio assistente-dentista a quello operaio-padrone della ditta. La semplificazione ci porta per l’anno corrente lo spesometro e per il futuro il redditometro.
Queste complicazioni burocratiche rendono sempre più competitive le grandi strutture. Pronte con numerosi ragionieri e commercialisti a libro paga, a far fronte alle innumerevoli incombenze di cui sopra. Grandi strutture specializzate sempre più nell’affrontare e risolvere questi aspetti utili a stare sul mercato, mettendo spesso in secondo piano quelli clinici o affidandoli a giovani neo-laureati “buttati” in prima linea.
Nello stesso tempo il singolo professionista, che ha come scopo la cura del paziente, viene sempre di più scoraggiato dal tempo e dalle risorse da dedicare all’attività extraclinica, che lo allontana dalla sua vera “mission”: quella di dialogare col paziente e stabilire con lui un adeguato piano terapeutico.
E qui siamo al paradosso: l’odontoiatra sempre più impegnato alla soluzione di problematiche cliniche reali del paziente, viene completamente “distratto” da una burocrazia sempre più invadente, che reclama a gran voce la sua parte. Ora se è chiaro che una parte delle incombenze burocratiche è indispensabile per garantire sicurezza per operatori e pazienti e va sicuramente mantenuta, un’altra grossa fetta serve solo a mantenere in vita un apparato che le produce e uno che le controlla e che nulla ha a che vedere con la qualità del trattamento.
Sarebbe di certo conveniente per clinici e pazienti far evaporare procedure e incombenze aventi come scopo “non dichiarato” di appesantire la vita del clinico e alleggerire il portafoglio del paziente.
L'articolo è stato pubblicato sul numero 5 di Dental Tribune 2012 Italy.
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