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Dalla saturazione alla diluizione, il grande cambio di paradigma per lo studio dentistico

Roberto Rosso (© Roberto Rosso).
Roberto Rosso, Presidente Key-Stone

Roberto Rosso, Presidente Key-Stone

lun. 20 aprile 2020

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Cambiano radicalmente le logiche organizzative ed economiche per lo studio dentistico post Covid-19. Per anni abbiamo ritenuto, credo giustamente, che attraverso la “saturazione del tempo poltrona”, ovvero utilizzando il più possibile il tempo di produzione disponibile, avremmo raggiunto il massimo della profittabilità, nei limiti del modello di business dello studio.

Cosicché, se fossimo riusciti a far lavorare ogni riunito fino a circa l’85% del tempo disponibile (lasciandoci comunque lo spazio per la gestione dei momenti di picco), avremmo potuto considerare la gestione ottimizzata.

Eventualmente cercando poi ulteriori aree di miglioramento in altri ambiti (costi, prezzi, mix di prestazioni, etc.), ma non più nella già raggiunta capacità di sfruttare al massimo la struttura. Pochi ci riuscivano, per alcuni era una specie di miraggio. Mai come ora, l’uso dell’imperfetto è più appropriato, un imperfetto che sarà prestissimo passato remoto.

Un piccolo, microscopico, parassita biologico ha cambiato le nostre vite in tutto il mondo, vedremo per quanto tempo ma intanto, per tornare con i piedi per terra, ha già cambiato di fatto il modello organizzativo degli studi dentistici, e di molti altri ambiti in cui attese e assembramenti erano consuetudine.

Nel caso specifico dello studio dentistico, i temi delle attese e degli affollamenti in sala d’aspetto, della puntualità di operatori e pazienti, dell’organizzazione efficiente degli appuntamenti, erano già da tempo sull’agenda delle cose da migliorare, e per qualcuno il progetto di miglioramento era già in fase avanzata. Chiaramente parliamo di studi dentistici in piena attività, non di quelli (circa un 30%) in fase di declino e con una domanda che va progressivamente diminuendo, spesso parallelamente al progressivo aumento dell’età del titolare, che accompagna equilibratamente sé stesso e il proprio studio verso una logica e biologica quiescenza.

Ma il tema centrale di questo cambio radicale è l’organizzazione del modello di lavoro, non sta solo nello specifico degli assembramenti dei pazienti, facilmente risolvibile con un miglioramento del sistema degli appuntamenti, la grande criticità sta soprattutto nel cambio dei protocolli clinici ed extra-clinici, che ridurranno forzatamente la capacità oggettiva di produzione dello studio dentistico.

Tutto questo sembra già molto chiaro nella mente dei dentisti italiani, che intervistati nell’ultima settimana di marzo (in collaborazione con IDI Evolution per l’attività di raccolta dei questionari), nell’ambito di una ricerca Key-Stone, dichiarano nel 41% dei casi che la possibilità più probabile (la domanda era a scelta unica per indicare l’aspetto più rilevante) è quella di dover trasformare i protocolli clinici e nel 35% migliorare la gestione degli appuntamenti. Solo un 15% ha posto l’attenzione sull’aumento dei costi per il maggior uso di DPI e un 9% dei dentisti (che raddoppia per gli over 55) pensa che alla fin fine non cambierà granché rispetto alla loro quotidianità pregressa.

Anche se la modalità di raccolta dei dati (solo online) potrebbe contenere qualche possibile errore sistematico, la dimensione del campione, composta da ben 1.028 dentisti titolari di studio, ci ha incoraggiati a pubblicare il sondaggio, che è da ritenersi affidabile.

Chiaramente si tratta di punti di vista, peraltro in un momento particolare, sapendo perfettamente che stato d’animo e consapevolezza mutano di giorno in giorno durante questa interminabile fase di lockdown, e che sinché non saranno pubblicate le linee guida ufficiali di protezione per operatori e pazienti, non si potranno trarre conclusioni oggettive, eseguendo veri calcoli affidabili di tempi e costi di questa sorta di rivoluzione copernicana dell’odontoiatria.

Personalmente, credo che il vero grande problema dei prossimi mesi, o forse anni, non sarà tanto quello della domanda di prestazioni, di potere economico delle famiglie, ma di capienza oggettiva degli studi dentistici, perché è indubbio che, a parità di orario lavorativo, si potranno ospitare meno pazienti.

Ed ecco che entra in gioco il concetto della “diluizione”. Non sarà quindi dalla capacità di saturare lo studio che si potrà conseguire efficienza e profitto, questa produrrebbe solo caos, conflitti e insicurezza sanitaria. Sarà l’abilità e possibilità di diluire in modo ottimizzato il lavoro il fattore chiave di successo.

Ognuno troverà le proprie soluzioni: da appuntamenti più lunghi per eseguire più trattamenti, all’estensione degli orari di apertura, all’uso di tecnologie digitali anche per ridurre lungaggini e rischi di filiera, dalla tele odontoiatria per lo sviluppo si alcuni servizi a distanza, a una seria e rigorosa ingegnerizzazione dei flussi, alla soppressione di alcune unità operative per aumentare gli spazi di attesa, fino alla riduzione dell’organico qualora ci si renda conto dell’insostenibilità dei costi fissi rispetto alla domanda esaudibile.

Anche lo scenario competitivo potrà cambiare, con la possibile chiusura di una parte rilevante di studi dentistici (già annunciata nelle intenzioni nello stesso sondaggio dal 14% del campione) e la probabile insostenibilità di alcuni modelli low-cost. Ma tutto ciò non farà, paradossalmente, che acuire il problema di un possibile eccesso di domanda rispetto alla capienza e, incredibilmente, la criticità vera potrebbe essere la capacità produttiva in un modello di business che dovrà in ogni caso generare una corretta redditività.

La scelta, invece, di ridurre la priorità sulla prevenzione, l’igiene, le visite di controllo, da qualcuno ventilata poiché produrrebbero un valore unitario ridotto, sarebbe una iattura per l’intero sistema, per l’ampliamento organico della base pazienti e per la salute dentale dei cittadini.

Non possiamo che confidare nell’equilibrio delle linee guida definite dalle autorità competenti, che tengano conto della salute di operatori e pazienti, ma anche della differenza di rischio dei diversi trattamenti e della irrinunciabile sostenibilità economica dello studio dentistico. Poi sarà la visione, l’intelligenza e la capacità imprenditoriale di chi dovrà riorganizzare la propria professione a fare la differenza, non è detto che vantaggi competitivi conseguiti nel passato siano fattore certo di successo per il futuro.

L'articolo è stato pubblicato per la prima volta su managementodontoiatrico.it

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