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COVID-19: come cambia lo studio. Parte II - La visita

Arch. Massimo Tiberio

Arch. Massimo Tiberio

ven. 8 maggio 2020

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L’esigenza di evitare ogni forma di contagio attraverso droplets e/o la disseminazione di particelle in polveri richiede inderogabilmente la necessità di modificare, in parte o in toto, la composizione architettonica interna dello studio, perché applicare solo la strategia di barriere all’ingresso non è, da sola, una soluzione efficace: sia perché si può verificare il caso di pazienti portatori sani che non sanno di esserlo o di essere venuti a contatto con altri pazienti contagiati, sia perché è molto facile che le particelle in polveri di ricaduta che si trovino in particolari aree del corpo e degli abiti (barba, occhiali, gioielli, orologio, interno tasche, pantaloni, risvolti dei pantaloni…) possano precipitare e/o essere trasferite all’interno dello studio, soprattutto se si sceglie di non far indossare ai clienti tutte le protezioni corporali assieme (cuffia, guanti, camice lungo, copri pantaloni-gonna, copri-scarpa, mascherina…).

Poiché fino a tutt’oggi non si conoscono i tempi reali in cui l’agente infettivo è presente ed attivo sia nell’organismo (senza che il paziente manifesti ancora i sintomi) sia sugli oggetti è opportuno adottare quante più precauzioni possibili: buona regola è quella di considerare ogni superficie dello studio come una zona a rischio ed una possibile fonte di contagio; proprio per questo e per la necessita di igienizzare, più volte al giorno con prodotti aggressivi le superfici, bisogna elidere dallo studio tutte le superfici, gli oggetti e gli arredi che posso essere rovinati da tali prodotti e/o che non possono essere igienizzati e/o che sono un ottimale ricettacolo germi e virus: si consiglia quindi di togliere tende, cuscini, piante in vaso ed artificiali, quadri (se non sotto vetro), tappeti, oggetti decorativi

Per quanto riguarda i mobili ed i rivestimenti sia in legno sia in materiali porosi (pietra a spacco, terracotta, rivestimenti in tessuto, carte da parati non viniliche o non in fibra di vetro…) se non è possibile spostarli sarebbe meglio proteggerli rivestendoli di materiale plastico facilmente sanificabile e cambiabile. Questa strategia riduce sia le superfici che possono essere contagiate sia quelle da igienizzare più volte al giorno, rendendo questa pratica più veloce e più sicura. In questa ottica di protezione la sala d’attesa diventa quindi la sala in cui, con più facilità e con maggior probabilità, vi può essere la presenza del Covid-19 ed il suo contagio. Buona regola è togliere da essa tutti i potenziali contaminanti rimuovendo tavolini, riviste, album da disegno, giochi per bambini, consolle, brochure ed in generale qualsiasi cosa possa dare origine a promiscuità. Le sedute dovranno essere in materiale non poroso (plastica, legno trattato o laccato, metallo, solid surfaces…) disposte ad una distanza laterale minima di un metro e ad una lunghezza frontale di almeno 2,5/ 3 metri; nell’eventualità che ciò non fosse possibile, si devono realizzare delle barriere separative tra le sedute, alte almeno 2/2,5 metri e profonde minimo 90 cm (se poste lateralmente alle sedie), massimo 2 metri (se poste frontali) e connesse ai muri o tra loro, per evitare che gli spostamenti d’aria possano portare le particelle dall’altra parte della barriera.

Il materiale più pratico per costruire queste barriere è il plexiglas o metacrilato. Ideale sarebbe poter avere sale d’attesa separate specie se il cliente viene accompagnato, così da evitare che gruppi possano interagire nello stesso spazio. Se non si hanno due sale d’attesa o una sala d’attesa grande che può essere suddivisa tramite partizioni fisse (plexiglas, fibrocemento, fibrovetro, cartongesso…) allora si deve operare una modifica gestionale ed evitare di sovrapporre gli appuntamenti; al massimo dovranno essere presenti due pazienti: uno in entrata e uno in uscita ed evitare che si incontrino in una qualsiasi area dello studio prima della sua sanificazione. In questa ottica, va da sé, che meno pazienti sono presenti più l’ambiente è sicuro, per cui si eviti il più possibile la presenza di un accompagnatore. Per comprendere meglio le strategie di protezione ambientale da eventuali contagi si deve pensare che il cliente sia avvolto da un ipotetico volume di 36 metri cubi (superficie di 3x4 mt per 3 mt di altezza) in cui lui si trovi a una distanza di un metro dal fondo e due dal fronte di tale volume: questo volume è lo spazio di contagio e le sue dimensioni sono i limiti al cui interno egli può diffondere il virus (per droplets e per ricaduta). In ogni suo spostamento tale volume dovrebbe essere “protetto” e separato dallo studio, ma date le dimensioni di questo volume e le tipologie architettoniche dello studio è praticamente impossibile poter garantire tale separazione e quindi l’unica via, oltre alla sanificazione costante, è quella di limitare le superfici su cui il virus potrebbe venir diffuso o di isolarle dal contagio.

L’area desk è anch’essa un area molto a rischio ed anche qui la regola è in primis di proteggere lo spazio tramite una barriera che faccia da separazione tra l’operatore e il cliente per tutta la lunghezza del bancone di accoglienza o la scrivania. Se invece l’area desk si trova aperta all’interno di un’altra sala (d’attesa, foyer, corridoio) bisogna prevedere di rinchiuderla in un volume protetto e separato; ulteriormente tutti i devices usati per esplicare le operazioni contabili (computer, tastiera, mouse, pos, calcolatrice, penne…) devono essere protetti con dispositivi monouso e cambiati dopo ogni singola operazione così come i dispositivi di protezione individuale dell’operatore.

Un’altra area in cui porre molta attenzione è il corridoio e tutti gli spazi connettivi; in questo caso si deve fare un ragionamento a monte: per evitare il contagio bisogna modificare i percorsi e separare i percorsi dei clienti da quelli del personale sanitario, ovvero cercare di non farli passare nella stessa zona. Di solito il dentista e i suoi aiutanti durante ogni lavorazione si spostano molto, non solo all’interno della sala chirurgica, ma anche all’interno dello studio (per andare in laboratorio tecnico, nel deposito, parlare con la segretaria…), se questi spostamenti avvengono nelle stesse aree usate dai clienti vi è un significativo rischio di contagio per ricaduta delle polveri sul camice, guanti, scarpe. Tale rischio deve essere evitato andando a ridefinire i percorsi e differenziandoli creando due tragitti separati, magari utilizzando diversi vani o creando al loro interno uno spazio “deambulatorio” autonomo di servizio per il personale; se invece la tipologia architettonica non permette questa soluzione bisogna cercare di suddividere il corridoio attraverso separatori fisici (in metacrilato o altro materiale plastico a tutta altezza); estrema ratio quando neanche quest’ultima possibilità sia fattibile (ad es corridoio stretto in cui può passare una sola persona per volta…) l’unica soluzione protettiva rimane la disinfezione ambientale dopo ogni singolo passaggio del cliente: ad esempio disinfezione dopo che il paziente è entrato in sala chirurgica, così il personale medico può muoversi senza rischi, e di nuovo la disinfezione dopo l’uscita del paziente.

Bisognerà fare attenzione anche per le maniglie, interruttori, prese perché essi possono essere un ricettacolo di particelle virali e, se non è possibile proteggerli, si deve procedere a una disinfezione costante e ripetuta nell’arco della stessa giornata. Per quanto riguarda la stanza e l’area chirurgica purtroppo poche sono le possibili barriere che si possono realizzare per la protezione di contagio diretta; infatti, l’inalazione di particelle trasportate dall’aria e di aerosol prodotti durante le procedure odontoiatriche su pazienti con Covid-19 assieme alle caratteristiche delle apparecchiature utilizzate (l’aspiratore, l’air flow , trapani, la siringa aria-acqua, i manipoli a motore e ad ultrasuoni,…) determinano un alto rischio inevitabile a cui è impensabile potervi fare fronte con una struttura di separazione; in questo caso l’unica difesa è concentrarsi sul posizionamento del paziente, sulla disinfezione del paziente (risciacquo pre-operatorio con un collutorio antimicrobico), sull’igiene delle mani, su pratiche odontoiatriche a rischio minore (diga di gomma, aspiratori di saliva ad ampio volume...) e su tutti i dispositivi di protezione individuale. Invece bisognerà apportare modifiche gestionali predisponendo unicamente lo strumentario dei materiali strettamente necessari (per limitare le possibili contaminazioni e le procedure di riordino) ed utilizzare strumenti il più possibile monouso e usare guaine monouso per le siringhe, o estrudere i materiali in modo da non toccare i contenitori durante la visita. Nel caso in cui all’interno della sala chirurgica ci siano arredi di contenimento per materiale da utilizzare durante l’intervento questi dovranno essere separati e protetti attraverso strutture rigide ed autoportanti; se ciò non fosse possibile bisognerà predisporre tutto il materiale necessario su uno o più carrelli degli strumenti prima che il paziente entri nella sala chirurgica.

L’utilizzo di un’elevata quantità di prodotti monouso richiede anche un cambio di organizzazione per le pattumiere, non basta fare la semplice raccolta differenziata come in precedenza, ma avere anche contenitori specifici dove buttare i guanti, le mascherine, le cuffiette, i camici etc. In generale ogni tipo di raccoglitore dei rifiuti, ma ancora di più per i dispositivi personali di sicurezza, deve essere chiudibile ed apribile attraverso il controllo remoto (wi-fi, leva, contactless…) e bisogna fare attenzione quando si riempiono (non buttare dentro con forza o schiacciare il contenuto) per evitare di generare degli spostamenti d’aria attraverso i quali avvenga la fuoriuscita aerea delle possibili particelle di Covid-19. Anche l’area di posizionamento delle singole pattumiere deve essere studiata in modo tale da proteggere l’eventuale uscita del virus o separandola o situandola in uno spazio apposito della stanza. Proprio perché la quantità di rifiuti sarà notevolmente aumentata e poiché ci sarà bisogno di cambiare il sacchetto interno più volte nella giornata, bisognerà prevedere di predisporre un vano per il contenimento dei sacchetti dei rifiuti. Tale vano chiuso dovrà avere una dimensione utile non solo per lo stoccaggio, ma anche per le operazioni di svuotamento ed igienizzazione delle pattumiere.

Oltre all’aspetto fisico dello studio (muri, superfici, etc.) bisogna anche pensare alle condizioni qualitative dell’aria perché sappiamo che la probabilità di contagio aumenta in ambienti chiusi specie, in quelli ad alto indice di presenza di individui, poiché è più facile il ristagno delle goccioline e delle particelle in polveri nell’aria: di conseguenza è di fondamentale importanza il ricambio dell’aria. Areare più volte al giorno e per un tempo prolungato lo studio permette di migliorare le condizioni qualitative dell’aria anche se non assicura la certezza di purificazione della stessa. Il ricambio d’aria tramite ventilazione naturale, dipendendo da troppi fattori variabili (presenza di una corrente d’aria all’interno dello studio, differenza di temperatura e umidità tra interno ed esterno, tasso e velocità di ricambio del flusso aereo…), non garantisce neanche la certezza di ricambiare tutto il volume d’aria intero dello studio. In queste condizioni di rischio la presenza di un impianto di ventilazione meccanica forzata è una certezza perché non solo garantisce il ricambio totale del volume d’aria dello studio ogni tot di tempo (30 minuti,1 ora, 2 ore...), ma la presenza di appositi filtri (helpa, ulpa) garantiscono l’assoluta igienizzazione dell’aria ad ogni ricambio; ulteriormente tale sistema di ventilazione permette anche una variazione della velocità del flusso di ricambio d’aria potendo quindi adeguarsi a qualsiasi situazione ambientale-aerea si possa verificare.

Un altro punto da considerare per evitare la propagazione del virus è la presenza dell’impianto di climatizzazione, sia a singoli split per stanza o canalizzato; questi impianti devono assolutamente essere disinfettati più volte durante la giornata per evitare che particelle di Covid-19 vengano re-immesse nell’aria. Nel caso degli split bisogna pulire e disinfettare i filtri di ogni singolo apparecchio, nel caso del sistema centralizzato e canalizzato bisogna pulire ed igienizzare non solo i filtri della macchina centrale e la ventola, ma anche i canali di diramazione di tutto l’impianto. Processo che si può evitare solo se i filtri sono del tipo helpa o ulpa, ma è molto raro il loro utilizzo al di fuori delle strutture ospedaliere.

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