La giornata di studio svoltasi sabato 30 novembre al Museo dell’Automobile di Torino, in collaborazione con l’Andi piemontese, è stata ispirata dalla notevole discrepanza tra “evidence based dentistry” e la pratica clinica quotidiana in tema di tecniche chirurgiche per la conservazione dei tessuti affetti da malattia parodontale e per la sostituzione, con soluzioni estetiche, di denti persi.
Coordinato da Mario Roccuzzo, l’evento intitolato “Gli impianti post estrattivi: indicazioni e limiti, costi e benefici” ha visto quali relatori e moderatori nomi noti (Abundo, Cardaropoli, Cavalcanti, Cecchinato, Chiapasco, Fonzar, Rasperini, Silvestri) i quali si sono soffermati su varie opzioni terapeutiche, nel quadro di una struttura interattiva, rispondendo a domande FAQ (frequently asked questions) poste dai partecipanti. Ne citiamo solo alcune: che fare dopo l’estrazione di un dente compromesso parodontalmente? Quali materiali inserire nell’alveolo? Occorre sempre utilizzare una membrana? Quand’è indicato il posizionamento immediato dell’impianto? Quali le possibili implicanze dell’impianto post estrattivo?
La giornata-dibattito-tavola rotonda si è conclusa con alcune considerazioni fondamentali, vere e proprie Linee guida per il clinico. In sintesi: la ricerca scientifica deve essere considerata un mezzo e non un fine dell’attività clinica, che si identifica sempre negli interessi del paziente. Sulla guarigione e sul riassorbimento osseo dopo l’estrazione, l’alveolo va incontro a fenomeni di rimodellamento con riassorbimento orizzontale medio del 50% e con una contrazione ossea verticale, nel settore frontale e nei pazienti con morfotipo sottile.
Sui tempi e sui tipi di impianto, l’inserimento post estrattivo immediato non modifica i fenomeni del rimodellamento e può essere considerato un’azione predicibile anche per quanto riguarda la stabilità dei tessuti , dopo un periodo di tre anni di follow up. Inoltre: la forma dell’impianto non condiziona la guarigione, ma in taluni casi è più prudente inserirlo in una fase successiva. Difficili da gestire in implantologia, le complicanze infine vanno prevenute con diagnosi e programmazione appropriate. In merito alla rigenerazione e all’uso di biomateriali sono state avanzate varie altre considerazioni, ma un’affermazione generale e di sintesi può essere questa: è vero che le nuove tecniche e biomateriali aprono nuove prospettive, consentendo un approccio meno invasivo e di minor morbilità, ma non essendo sempre sinonimo di approccio più facile, devono essere applicate con indicazioni corrette, conoscendone limiti.
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