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Smart working or not smart?

Carola Murari, Psicologa del lavoro.

Carola Murari, Psicologa del lavoro.

lun. 20 aprile 2020

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La normativa e i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. A partire dallo scorso febbraio si è sentito parlare sempre di più, anche in Italia, di Smart Working o, se preferite, Lavoro Agile. Nelle ultime settimane la diffusione di questa tipologia di lavoro ha seguito una curva esponenziale sul nostro territorio a causa dell’emergenza sanitaria del coronavirus: per ridurre al minimo i rischi e la possibilità di contagio il decreto attuativo del 23 febbraio 2020 n. 6 ha previsto “la sospensione delle attività per le imprese […] ad esclusione di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza”.

Non dimentichiamoci che si tratta di una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che è stata normata già dalla legge n.81 del 22 maggio 2017 come segue:

“Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. 2. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa”.

Ad oggi sono circa 480.000 i lavoratori cosiddetti “smart workers” in Italia, il 20% in più rispetto ai dati registrati nel 2018: il fenomeno è certamente in rapida diffusione ma stenta ancora a svilupparsi nelle piccole imprese che, rispetto alle medie e grandi realtà imprenditoriali, sono state colte impreparate a livello organizzativo ed informatico; creare le condizioni per lo smart working nella propria azienda presuppone che tutti i lavoratori siano in grado di svolgere le proprie mansioni in un luogo diverso dalla sede degli uffici e che quindi siano in possesso di tutta la strumentazione informatica e tecnica di cui necessitano.

L’Osservatorio Smart Working, nato al Politecnico di Milano nel 2012, ha da subito avviato progetti di ricerca sull’evoluzione delle nuove formule lavorative. In una ricerca effettuata su un campione di piccole medie imprese (PMI) è emerso che solo il 12% ha dichiarato di avere iniziative strutturate di Smart Working, quindi di aver aderito alle caratteristiche fondanti di questa tipologia di lavoro che la distinguono dal telelavoro: la flessibilità del luogo e dell’orario, il ripensamento degli spazi e della cultura aziendale orientata ai risultati e la dotazione tecnologica per il lavoro in remoto.

Per quanto riguarda la diffusione dello Smart Working nelle grandi imprese, la stessa ricerca ha messo in luce che il 56% del campione ha dichiarato di avere progetti strutturati di Smart Working caratterizzati tutti dalla flessibilità del luogo e dell’orario di lavoro, dal ripensamento degli spazi e dalla dotazione tecnologica per il lavoro in remoto. Tutti progetti ed iniziative pianificate già nel 2017. Il 2% del campione ha dichiarato, invece, di aver avviato un’organizzazione in smart working in maniera informale senza aver attivato un progetto strutturato.

Infine, per quanto riguarda la pubblica amministrazione (PA), il quadro è molto differente: i tempi di attivazione dei cambiamenti sono molto più lenti e risentono maggiormente della burocrazia rispetto a quelli del settore privato. Il 38% delle pubbliche amministrazioni si è dichiarato incerto sull’adozione dello Smart Working e il 6% addirittura ha mostrato una totale assenza di interezze. Solo circa l’8% delle pubbliche amministrazioni ha reali progetti strutturati per la sua attivazione e questo dipende, anche, dalla convinzione che molte attività non possano essere svolte in remoto.

Le aree aziendali in cui si è più diffusa questa tipologia lavorativa sono state, senz’altro, quella HR, IT e Marketing, ma si stanno attivando anche i settori dell’amministrazione, del controllo di gestione, del facility management e degli acquisti.

I benefici reali registrati per aziende e lavoratori
Sempre grazie ai dati forniti dalle ricerche dell’Osservatorio Smart Working, siamo in grado oggi di evidenziare come per le aziende si siano registrati un aumento del tasso di produttività e una diminuzione del livello di assenteismo dei dipendenti e dei costi di gestione degli spazi fisici dell’azienda. Benefici anche registrati per i singoli lavoratori che, nel sondaggio, hanno ammesso un aumento della motivazione e della soddisfazione in aggiunta al miglioramento della gestione vita privata-lavoro grazie anche ai minuti di trasferimento sul luogo di lavoro risparmiati a beneficio, quindi, del tempo dedicato allo spazio di vita personale.

Gli aspetti a cui mirano oggi gli esperti per migliorare questa pratica e renderla davvero efficiente e soddisfacente per le imprese e i singoli lavoratori sono:

  • Il reale coinvolgimento del singolo lavoratore, il cosiddetto “engagement imprenditoriale”;
  • Lo sviluppo di una nuova leadership con caratteristiche nuove e specifiche per essere una reale guida del cambiamento organizzativo e della motivazione del team aziendale.

Note pratiche per i new smart workers per evitare i punti critici
“Non è tutto oro ciò che luccica”. Vero anche in questo caso, perché, come in tutti gli ambiti, bisogna arrivare preparati o quantomeno adattarsi velocemente per evitare di incappare in macro errori.

Innanzitutto, lo smart worker dovrà a tutti gli effetti crearsi il suo spazio di lavoro e per ciascuno sarà un’operazione molto personale: le tipologie di abitazioni consentiranno soluzioni molto differenti tra loro per mq2 a disposizione. La predisposizione del setting lavorativo è un momento tutt’altro che banale, anzi, fondamentale nell’incidere sul benessere successivo del lavoratore in termini anche di concentrazione e motivazione. Si cercherà, quindi, di evitare una postazione di lavoro in ambienti particolarmente frequentati dagli altri abitanti della casa, come per esempio la cucina, o inadeguati per funzionalità ed ergonomia, come per esempio il divano nel nostro salone. Mantenere il più possibile le caratteristiche della postazione dell’ufficio è l’ideale, quindi tavolo, sedia se possibile ergonomica, prese di corrente vicine, illuminazione adeguata. Si passa poi a sottolineare l’importanza della preparazione del sé, proprio come se si uscisse di casa per recarsi in ufficio: evitare assolutamente di rimanere tutto il giorno in tuta perché ciò ha una correlazione importante con l’attivazione di alcune aree del cervello dedicate alla concentrazione, al raggiungimento degli obiettivi e alla motivazione.

Smart working non è sinonimo di lavoro no stop: è pertanto fondamentale imporsi delle pause e staccarsi dalla postazione lavorativa come durante una pausa caffè con i colleghi in ufficio. Qualche minuto di pausa anche per favorire il movimento e rifocalizzarsi meglio dopo sulle priorità dell’agenda del giorno.

Infine, non dimentichiamo il cruciale aspetto relazionale del lavoro: organizzare appuntamenti settimanali con il proprio team è importante per il singolo e per l’intera azienda. Si tratta di mantenere saldo il legame e di potersi vedere a video tutti insieme per condividere i propri feedback.

 L'articolo è stato pubblicato per la prima volta su managementodontoiatrico.it

 

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