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Metodo agli elementi finiti in implantologia: stato dell’arte e direzioni future

Fig. 7a - Osteointegrazione tra osso e impianto.
A. Piattelli et al.

A. Piattelli et al.

mer. 28 febbraio 2024

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Il metodo agli elementi finiti (FEM) è una tecnica numerica che è stata utilizzata per analizzare e simulare alcuni fenomeni fisici. È comunemente usato nella progettazione di prodotti, con lo scopo di ridurre le validazioni meccaniche mediante test distruttivi e permettere un’ottimizzazione dei componenti, creando prodotti più efficienti dal punto di vista della resistenza e dei costi.

Tale tecnica numerica fu sviluppata a partire dal 1960 per risolvere problemi strutturali nell’industria aerospaziale ma ha avuto una sua estensione anche per risolvere problemi di trasferimento del calore, problemi di fluidodinamica, trasporto di massa e problemi elettromagnetici. Nel campo medicale, il metodo FEM è particolarmente utile per studiare complessi sistemi biomeccanici che sono difficili da analizzare in vivo o in-vitro. Weinstein et al1, fu il primo ad utilizzare la FEM nel campo della implantologia. Atmaram e Mohamed2-4, analizzarono la distribuzione di stress in un singolo impianto dentale, valutando l’effetto dei vari parametri geometrici come (lunghezza dell’impianto e diametro). Negli anni successivi, molti ricercatori hanno focalizzato l’attenzione nell’esaminare il comportamento meccanico dell’impianto durante i carichi funzionali con lo scopo di capire la distribuzione dello stress e dello strain negli impianti e nell’osso5, 6.

Concettualmente il metodo FEM risolve un problema meccanico complesso, dividendo il problema in piccoli domini (elementi) in cui le variabili di campo come stress e deformazione vengono successivamente interpolate attraverso le funzioni di forma. In sostanza si va a risolvere il problema dell’equilibrio elastico del singolo elemento e successivamente le soluzioni vengono combinate per restituire la soluzione al problema dell’intero corpo. Il processo di creazione degli elementi finiti partendo da un corpo continuo viene chiamato “discretizzazione”. Nell’implantologia, la FEM viene utilizzata nella progettazione degli impianti dentali per ottimizzare la forma, le dimensioni e i materiali utilizzati. Questa fase include la simulazione del carico masticatorio e la valutazione delle tensioni e delle deformazioni che si verificano nell’osso circostante l’impianto, ma può essere usata anche per valutare la densità ossea e la sua capacità di supportare l’impianto stesso. Questo aiuta a prevedere eventuali complicazioni o problemi prima dell’intervento chirurgico. Inoltre, la FEM può essere utilizzata per simulare il processo di guarigione e l’integrazione ossea attorno all’impianto.

Migliorando la valutazione dei tempi di guarigione e il comportamento dell’impianto durante questa fase critica. In ultimo tale tecnica computazionale consente di valutare come i carichi masticatori e le forze applicate durante l’attività quotidiana influenzino l’impianto e l’osso circostante, prevedendo eventuali problemi di stress e progettando impianti che possano sopportare tali carichi senza danneggiare l’osso. La principale difficoltà nella simulazione del comportamento meccanico degli impianti dentali è la modellazione dei tessuti ossei e la comprensione della loro risposta sotto i carichi meccanici. Certamente essendo una tecnica numerica, alcune assunzioni devono essere effettuate, anche se le stesse vanno ad influenzare l’accuratezza dei risultati FEM. Questi includono:

  1. dettagli della geometria dell’osso e degli impianti che devono essere modellati;
  2. proprietà dei materiali, condizioni al contorno e l’interfaccia tra osso e impianto7, 8.

La ricostruzione della geometria dell’osso può essere classificata come geometria semplificata o geometria basata su immagine (Tomografia computerizzata). Nel contesto della geometria semplificata, l’osso può essere modellato in 2D o 3D. Nelle Figure 1a e 1b viene mostrata una porzione di una mandibola destra in cui un segmento di osso viene estratto per lo studio FEM9, 10. In generale l’osso alveolare è formato dall’osso corticale e dall’osso trabecolare e in alcuni studi sono state valutate differenti qualità dell’osso che possono essere classificate secondo la classificazione di Misch (Fig. 2)11. In particolare, la classificazione di Mish incide sullo spessore di osso corticale che può variare da 0.5 mm per una classe D4 a 3 mm per una classe D111. Negli studi FEM, l’osso corticale e trabecolare viene modellato come un corpo omogeneo anche se specialmente l’osso trabecolare presenta delle trabecole interne, la quale architettura va ad influenzare notevolmente la distribuzione dello stress e della deformazione (Fig. 3)12.

_Materiali e metodi
Il comportamento meccanico dell’osso è descritto da un’equazione costitutiva che lega gli stress con le deformazioni. Esistono tre differenti modi per caratterizzare il comportamento meccanico dell’osso: comportamento isotropo (le proprietà meccaniche sono uguali in tutte le direzioni), comportamento anisotropo (le proprietà meccaniche variano lungo le direzioni) e ortotropo (esistono due direzioni ortogonali in cui le proprietà meccaniche sono uguali). A causa della natura anisotropa dell’osso, osservata con test in vitro13, il comportamento meccanico risulta essere complesso. Molti studi FEM14-16 adottano una semplificazione in cui vanno a modellare l’osso in maniera omogenea lineare ed isotropa. In tal caso il comportamento meccanico può essere descritto univocamente da due costanti del materiale: E e ν. Analizzando vari studi in letteratura, il modulo di Young (E) per l’osso corticale varia tra 9.6 GPa e 22.8 GPa, mentre per l’osso trabecolare il range va da 0.210 GPa a 1.37 GPa. Tuttavia, il coefficiente di Poisson (ν) varia da 0.18 a 0.457 per l’osso corticale e da 0.05 a 0.322 per l’osso trabecolare.

Alcuni ricercatori17, 18, attraverso l’analisi FEM, hanno valutato la variazione di comportamento isotropo e ortotropo, riguardo la distribuzione dello stress, facendo osservare come il comportamento ortotropo portasse a un incremento dello stress lungo la superficie implantare; pertanto, tale comportamento riesce a descrivere in maniera più accurata il comportamento dell’osso rispetto al modello isotropo. Per l’impianto invece il comportamento meccanico per quasi tutti gli studi FEM, viene assunto quasi sempre come lineare isotropo e omogeneo. Gli abutment, il corpo implantare e le viti sono considerate essere fatte dal Titanio e le sue leghe che ha un modulo di Young di circa 110 GPa e un coefficiente di Poisson 0.319. Nella Figura 4 vengono riportati i principali comportamenti meccanici per i materiali adoperati negli studi FEM.

Si osserva come l’osso ha una rigidezza E inferiore rispetto alla lega di titanio. Pertanto, questa variazione di rigidezza potrebbe causare un fenomeno di schermatura da stress detto anche stress-shielding in cui l’osso non riceve abbastanza stress da parte dell’impianto che appunto lo schermerebbe dalla distribuzione dello stress dovuto ai carichi occlusali. Tale fenomeno come riportato in molti studi FEM causerebbe fenomeni di riassorbimento osseo. Inoltre la rigidezza dell’osso dipende anche dalla sua densità e qualità infatti nella Figura 5 viene portato l’andamento della rigidezza dell’osso in base alla classificazione della densità secondo Misch.

Lo step successivo alla simulazione FEM, dopo aver modellato la geometria e assegnate le proprietà dei materiali, è effettuare la discretizzazione in elementi finiti, chiamata anche creazione della mesh (Figg. 6a, 6b). Per l’osso e gli impianti dentali, vengono generalmente utilizzati elementi esaedrici lineari o elementi tetraedrici quadratici20, 21. In molti casi, gli elementi tetraedrici vengono utilizzati per la loro grande capacità di adattarsi a superfici complesse come le spire di un corpo implantare. In generale la scelta del tipo di elemento (lineare o quadratico) dipende dall’accuratezza che si vuole sui risultati.

Studi FEM hanno mostrato come gli elementi lineari esibiscono uno stress e strain che risulta essere costante mentre l’elemento quadratico permette la descrizione di spostamenti parabolici del campo dello stress e dello strain, catturando meglio il gradiente di stress e strain che si viene a creare tra un elemento e l’altro. Perciò gli elementi quadratici descrivono meglio la geometria e forniscono una migliore rappresentazione del comportamento meccanico. La scelta dei due elementi va effettuata quindi tenendo conto sia dell’accuratezza che del costo computazionale richiesto. Infatti, un elemento quadratico, avendo più nodi rispetto a un elemento lineare, richiede un tempo di calcolo maggiore. Una tecnica per risolvere questa questione è utilizzare il test di convergenza in analisi FEM il quale permette di scegliere l’elemento corretto per ottenere il risultato richiesto.

_Interfaccia osso impianto
Molti studi FEM, assumono uno stato di ottimale osteointegrazione, ovvero l’osso corticale e trabecolare sono assunti perfettamente attaccati all’impianto. Questo nella realtà clinica non è sempre vero, infatti, il contatto non perfetto con l’osso, porterebbe a una variazione del carico trasferito all’interfaccia osso impianto (Figg. 7a-7c).

_Carichi e vincoli
Riguardo l’applicazione dei carichi, studi FEM22-24, considerano carichi statici non solo verticali ma anche orizzontali o obliqui per simulare con maggiore accuratezza le condizioni realistiche e ottenere delle risposte meccaniche più realistiche possibili. Tuttavia, gli impianti dentali non sono sottoposti solo a carichi statici ma anche a carichi dinamici24 che potrebbero essere considerati nel caso in cui si vuole analizzare l’effetto della fatica o della frattura come causa di fallimento implantare (Fig. 8).

Pochi studi hanno investigato l’effetto dei carichi dinamici. Kayabasi et al.25 ha mostrato che il carico dinamico, incrementa lo stress nell’osso circostante di circa 10-20% rispetto al carico statico. I principali carichi utilizzati nella modellazione FEM sono riportati nella Tabella 1. Per le condizioni di vincolo, numerosi studi FEM, vincolano in tutte le direzioni la superficie mesiale e distale del segmento osseo che è stato creato (Fig. 9).

_Risultati
Molti degli studi FEM si sono concentrati sulla valutazione dello stress di Von-Mises negli impianti e nei tessuti intorno a essi in particolare la visualizzazione dello stress viene facilitata da una mappa colorata in cui le zone rosse, sono le zone maggiormente sollecitate mentre le zone blu sono più scariche. Questi studi hanno rilevato che il campo di stress è influenzato da vari fattori, tra cui la geometria dell’impianto in cui si è visto che lo stress trasmesso nell’osso è influenzato principalmente dal diametro dell’impianto e non dalla sua lunghezza26-28 (Fig. 10). Inoltre, altri studi29, 30 hanno confrontato il design dell’impianto affermando che gli impianti filettati trasmettono carichi all’osso sia compressivi che tensivi, con più regolarità. Inoltre, a differenza degli impianti cilindrici, forniscono una superficie funzionale a contatto con l’osso del 30%. Perciò più è ampia la superficie funzionale e migliore sarà il supporto per la protesi (Fig. 11).

Baggi et al.31 hanno trovato che aumentando il diametro dell’impianto diminuisce lo stress sull’osso corticale e si ha una migliore distribuzione dello stress invece sull’osso trabecolare. Riguardo la filettatura invece Karaman et al.32 hanno dimostrato che un profilo rettangolare del filetto comporta a una migliore stabilità rispetto a un profilo a V. Un altro studio FEM33 ha valutato anche lo stress nell’osso nei vari posizionamenti implantari: crestale e subcrestale, ottenendo come risultato che lo stress nell’osso diminuisse con l’aumentare della profondità di inserimento di impianto fino a raggiungere un minimo a circa 1.5 mm per poi aumentare nuovamente specialmente nell’osso trabecolare nella zona apicale dell’impianto (Fig. 12).

La zona crestale è la porzione dell’osso in cui viene trasmesso maggiore stress. Tale zona è un buon indicatore della salute di un impianto. Una perdita crestale precoce solitamente è legata a un eccessivo stress della mucosa perimplantare. Un impianto posto a 2 mm al di sopra della cresta, e uno posto a 2 mm sotto presentano comportamenti diversi come si può osservare dalla Figura 12. Infatti, è necessario posizionare l’impianto alla cresta o leggermente sopra ad essa per diminuire la profondità del solco che si crea dopo l’inserimento del moncone. Il riassorbimento osseo che si crea dopo l’inserimento dell’impianto può essere tollerato se esso non supera 0.5 mm, un aumento eccessivo, è legato ad un aumento di stress nella zona crestale. Studi FEM34, 35 valutando la distribuzione dello stress intorno all’impianto, hanno affermato che la forma della distribuzione, è simile alla forma del riassorbimento crestale che si osserva clinicamente (Fig. 13).

Inoltre, gli stress che si sviluppano a livello crestale, quando passano certi limiti fisiologici dettati dalla teoria di Frost36 possono causare microfratture all’osso o tensioni nelle zone di sovraccarico patologico e quindi riassorbimento (riduzione di massa), poiché tale concentrazione di stress può impedire la vascolarizzazione portando a fenomeni di necrosi ossea (Fig. 14). Tale distribuzione di stress, dipende molto dalla qualità dell’osso, infatti, in un osso molto denso (D1-D2), lo stress si scarica più vicino alla regione crestale. In un osso molto soffice (D4), lo stress sarà trasmesso più lontano. La FEM ha permesso anche di progettare l’impianto con una ottimizzazione sia per migliorare la stabilità ma anche la resistenza meccanica. Infatti, in uno studio FEM36, si è andati ad ottimizzare la forma dell’impianto valutando cosa succedesse effettuando un foro lungo la direzione apicale (Fig. 15). Ottenendo come risultato una diminuzione della rigidezza dell’impianto il che ha portato ad un aumento dello stress trasmesso all’osso è un maggior volume osseo a contatto con l’impianto.

_Discussione
La modellazione FEM rappresenta una tecnica numerica per studiare il comportamento meccanico dell’impianto dentale, dell’osso e la loro interazione per la stabilità e il successo a lungo termine dell’impianto. Molte ricerche sono state condotte in questa direzione. Tuttavia, una comprensione approfondita dell’interazione osso-impianto, dei problemi relativi all’impianto e dello sviluppo di un design ottimale dell’impianto richiedono ulteriori indagini. A tal fine, possono essere prese in considerazione le seguenti raccomandazioni. Innanzitutto, da un punto di vista geometrico, invece di considerare solo un segmento di osso mascellare che circonda l’impianto, può essere più appropriato modellare l’intero osso mascellare per il suo contributo alla forza esercitata sull’impianto dentale. Questo potrebbe essere ottenuto da immagini diagnostiche come immagini TC o risonanza magnetica che consentono di ottenere non solo la geometria specifica del paziente, ma anche la distribuzione realistica delle proprietà del materiale. Infatti, invece di considerare una distribuzione omogenea della densità ossea e quindi di E, potrebbe essere più indicato modellare l’osso come un materiale eterogeneo in termini di densità e quindi di E. Inoltre, questo può consentire di catturare condizioni specifiche dell’osso legate all’età e alle condizioni di salute dei pazienti che possono avere un’influenza sull’interazione osso-impianto.

Un osso patologico in cui la densità ossea è significativamente ridotta interagisce con l’impianto in modo diverso rispetto a un osso sano, influenzando la stabilità dell’impianto. Un’altra raccomandazione riguarda le condizioni al contorno da adottare nell’analisi FEM. La modellazione dell’intero osso mascellare può consentire l’incorporazione delle forze muscolari per tenere conto dell’impatto dei muscoli durante i movimenti masticatori che possono influenzare la risposta meccanica del sistema osseo-impianto. La modellazione delle forze muscolari può richiedere una descrizione dettagliata del percorso delle fibre all’interno dei muscoli. Un’altra raccomandazione è legata all’incorporazione di algoritmi di rimodellamento osseo che possono consentire di studiare le modifiche della geometria e della densità ossea nel tempo e quindi il comportamento meccanico del sistema osseo-impianto nel tempo. In particolare, gli algoritmi di rimodellamento osseo dovrebbero essere in grado di simulare il comportamento micromeccanico dell’interfaccia osso-impianto e i suoi effetti sul comportamento meccanico del sistema osso-impianto a livello di macroscala, e quindi sulla stabilità a lungo termine. Per fare ciò, potrebbe essere utile un modello multiscala, che consenta di spiegare la disposizione istologica dei costituenti tissutali attraverso scale di lunghezza multiple.

L’incorporazione di tale aspetto per l’osso potrebbe aiutare a ottenere informazioni sulla relazione tra la progettazione dell’impianto, la distribuzione dello stress applicato all’osso e la crescita ossea. Il continuo progresso nella tecnologia hardware aiuterà a superare gli attuali vincoli computazionali nello sviluppo di modelli così sofisticati. Un altro aspetto da evidenziare è legato alla progettazione dell’impianto dentale. L’analisi FEM combinata con l’ottimizzazione topologica potrebbe aiutare nella progettazione di impianti in cui il materiale è ridotto ma la funzionalità dell’impianto rimane inalterata. La riduzione del materiale potrebbe migliorare la crescita ossea grazie alla disponibilità di spazio e quindi migliorare la stabilità dell’impianto. L’obiettivo finale della modellazione e dell’analisi FEM è quello di sviluppare uno strumento computazionale efficace che possa essere utilizzato dal dentista nella pratica clinica per analizzare la risposta meccanica del sistema osso-impianto e quindi indagare la stabilità a lungo termine per decidere l’impianto più appropriato per il paziente.

In questo contesto, dovrebbero essere impiegati approcci basati sull’apprendimento automatico per automatizzare rapidamente la generazione e l’analisi di modelli FEM per sviluppare una tecnologia che potrebbe essere adottata nella pratica clinica. Per l’applicazione clinica, è necessario che la tecnologia sia veloce, altamente automatizzata e fornisca indicatori accurati per un processo decisionale personalizzato. Inoltre, la standardizzazione della modellazione FEM relativa a tutti gli aspetti coinvolti nella modellazione è essenziale per l’applicabilità clinica dei modelli basati su FEM.

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L’articolo è stato pubblicato su implants international magazine of oral implantology italian edition n. 1/24.

 

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