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Diabete e odontoiatria, una battaglia da combattere insieme

Francesco Purrello
Alessandro Genitori

Alessandro Genitori

gio. 13 dicembre 2018

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Intervista in esclusiva per il Dental Tribune del prof. Francesco Purrello ordinario di Medicina interna e direttore del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, Presidente della Società italiana di Diabetologia (Sid) per il biennio 2018-2020, sul continuo dilagare del diabete nonostante le tante campagne di sensibilizzazioni attuate in questi ultimi anni. Il ruolo dell’odontoiatra è di importanza cruciale in questo ambito. Il diabete, anche in fase iniziale, si associa ad uno stato infiammatorio che spesso si localizza proprio nel cavo orale.

Una breve introduzione sul diabete, la situazione oggi in Italia e Europa.
Deve essere considerata una vera e propria emergenza sanitaria, sia in Italia che in tutti i paesi europei. In Italia la percentuale di popolazione affetta da diabete è raddoppiata negli ultimi 25 anni. Oggi sono diabetici circa 4 milioni di soggetti in Italia, con una maggiore frequenza al Sud e nelle popolazioni con minore istruzione. La forma di gran lunga prevalente è il diabete tipo 2, che insorge generalmente in età adulta. Deve essere chiaro a tutti che il diabete è una malattia potenzialmente grave, in diversi casi può essere causa di morte, principalmente per cause cardiovascolari (infarto, ictus cerebrale), ma anche grave insufficienza renale. Può causare inoltre gravi problemi visivi. Non deve essere assolutamente sottovalutato. Non esistono forme lievi.

La faccia positiva della medaglia è che il diabete tipo 2 oggi possiamo prevenirlo o, nei casi in cui è già presente, possiamo curarlo molto bene, con nuovi farmaci che si sono dimostrati sicuri ed efficaci.

Prevenzione: una malattia che non riguarda solo i diabetologi ma che deve essere conosciuta da tutti. Il ruolo dell’odontoiatra?
Il ruolo dell’odontoiatra è di importanza cruciale in questo ambito. Il diabete, anche in fase iniziale, si associa ad uno stato infiammatorio che spesso si localizza proprio nel cavo orale. La relazione è reciproca: il diabete può essere causa di paradontite, per un’alterata risposta immunitaria e per alterazioni del biofilm gengivale. Ma è anche vero che la paradontite può essere predittiva di diabete: si sviluppa cioè più frequentemente in soggetti a rischio di diabete. Si capisce quindi come in entrambi i casi la collaborazione tra queste due figure professionali sia cruciale.

Come intercettare la patologia: dopo questi anni di campagna esiste una reale informazione?
Indubbiamente c’è una maggiore consapevolezza della malattia e dei suoi rischi, ma è arrivato il momento di cambiare registro e di promuovere un deciso cambio di passo verso la prevenzione del diabete, che può essere tuttavia efficacemente prevenuto come tanti studi scientifici hanno ormai dimostrato. Ciò è stato ottenuto con interventi coordinati su riduzione del peso corporeo e aumento dell’attività fisica. Adesso la vera sfida è quella di trasferire queste evidenze scientifiche nella pratica clinica. La posta in gioco è enorme. Il diabete tipo 2 è una malattia con gravi conseguenze in termini di qualità di vita e di mortalità. Ed è anche molto costosa sia in termini di costi diretti che indiretti. La buona notizia è che è possibile prevenire efficacemente il diabete. È dunque un dovere della comunità scientifica, delle autorità sanitarie ma anche singolarmente di ognuno di noi mettere in campo delle misure coordinate e continuative per invertire la tendenza attuale, che ci vede assistere impotenti all’avanzare di questa pandemia. Dobbiamo innanzitutto combattere questo atteggiamento rassegnato perché le battaglie non si possono vincere con un esercito demotivato. Ognuno di noi deve diventare ambasciatore della prevenzione, del vivere sano.

Cenni sulle nuove linee guida emerse negli ultimi mesi.
Vengono introdotte novità importanti nella scelta del farmaco da affiancare alla metformina, nel momento in cui non sia più sufficiente come unico trattamento farmacologico a raggiungere e mantenere un controllo metabolico adeguato. Le nuove linee guida suggeriscono di non usare i farmaci ipoglicemizzanti orali più “antichi” e ancor oggi più usati nel mondo (le sulfoniluree), ma di scegliere tra farmaci più innovativi, l’uso dei quali non è gravato da un aumento del rischio di ipoglicemia, ovvero pioglitazone, DPP-IV inibitori, gliflozine, o agonisti recettoriali del GLP-1. In alternativa, dove suggerito dalla gravità del quadro iperglicemico e dalle caratteristiche cliniche del paziente, il ricorso alla terapia insulinica resta comunque una possibile valida scelta.

La seconda importante novità delle nuove linee guida è la caratterizzazione dei pazienti relativamente alla presenza o meno di malattia cardiovascolare in atto, ai fini della personalizzazione della terapia. Questa indicazione scaturisce dai risultati di alcuni recenti grandi studi clinici che hanno dimostrato come, in pazienti diabetici affetti da malattia cardiovascolare, l’utilizzo di alcuni farmaci della classe delle gliflozine o della classe degli agonisti recettoriali del GLP-1, sia in grado di ridurre il rischio di ulteriori eventi cardiovascolari, il rischio di morte e, nel caso delle gliflozine, il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco.

Diabete e ricerca: eccellenza e punti ancora da migliorare.
La ricerca scientifica di questi anni in ambito diabetologico sta dando risultati entusiasmanti in diversi ambiti. Certamente di grande rilievo le scoperte di molecole e meccanismi che hanno portato ad una rivoluzione nell’ambito della terapia del diabete tipo 2. Di grande rilievo anche importanti miglioramenti nell’ambito del controllo della glicemia con sensori sempre più precisi e miniaturizzati. È diventato realtà, e arriverà prestissimo anche in Italia, il cosiddetto “pancreas artificiale”, di grande potenzialità per la terapia del diabete tipo 1. In questo contesto, la ricerca svolta dai ricercatori italiani è di primissimo livello. Agenzie internazionali di valutazione della ricerca, mettono la ricerca italiana in questo settore come terza al mondo dopo Stati Uniti e Regno Unito. Addirittura al primo posto se i risultati si mettono in rapporto agli scarsi investimenti pubblici sulla ricerca scientifica in Italia.

Punti da migliorare?
Ci si attende in un prossimo futuro, uno scatto di conoscenze nell’ambito della produzione di cellule staminali, per la produzione di cellule capaci di produrre insulina, nei casi in cui l’ormone è carente. La Società Italiana di Diabetologia da diversi anni investe moltissimo nel fornire opportunità ai giovani ricercatori. Ne ha proprio fatto un tratto caratterizzante, ed ha al suo interno creato il gruppo “Young SID” o “YOSID”. Non solo medici, ma anche biologi. Vengono finanziati assegni di ricerca, borse di studio per frequentare le più prestigiose istituzioni in Italia o all’estero, fondi per permettere ai giovani ricercatori italiani di partecipare e presentare i loro dati ai Congressi scientifici internazionali più importanti.

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