Al Consiglio UE, che non ha accolto gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo per evitare di classificare come “ad alto rischio” la maggior parte dei prodotti odontoiatrici, servirebbe una bella boccata di ossigeno per non arrivare con il cervello bollito anche su questo traguardo.
Cosa che ha già fatto su altri argomenti. Mi limito a un esempio per tutti: l’amalgama, prima messa alla gogna in tutto il continente, poi in parte goffamente riabilitata ai giorni nostri, quando ormai sono stati creati inutili problemi ad alcuni pazienti, per i quali oggi o in futuro poco si potrà fare, avendo quasi tutte le aziende abbandonato questa produzione. Anche stavolta e su questo argomento, infatti, il Consiglio UE dimostra la propria schizofrenia psicologica, visto che su detta revisione dichiara di ispirarsi al sacrosanto principio di voler assicurare una non meglio precisata “ulteriore sicurezza” per il paziente, dimenticando che, Consiglio e Parlamento UE si erano dati un must: far scendere in ogni modo e in tutta Europa il costo della parcella, ovviamente a spese di odontoiatri, laboratori odontotecnici, produzione e distribuzione della filiera.
Nessuno discute il principio di voler assicurare al paziente la sicurezza, ma è follia pretendere di dargli ulteriore e maggiore sicurezza semplicemente rettificando la legislazione, per appesantirla con nuove disposizioni che non migliorano né l’efficacia della legislazione né la sicurezza e le performance dei prodotti. Follia che non potrà che obbligare le aziende ad adeguarsi, subendo un impatto economico negativo, che si riverserà sui prezzi dei prodotti e, quindi, sulle parcelle del cittadino-paziente. Parcelle che Parlamento e Commissione volevano far scendere con ogni mezzo: dalla liberalizzazione della pubblicità, passando dalla deregulation degli onorari e ipotizzando persino di togliere gli Ordini per favorire, anche in questo modo, una non meglio identificata concorrenza sui prezzi delle parcelle. Anche in questo caso non c’è che da domandarsi se non ci sia “un grande vecchio” a favorire lo strabismo di questi organi legislativi europei.
Si potrebbe, infatti, ipotizzare che ci sia qualche multinazionale che abbia già eliminato tutte le “nanoparticelle allo stato libero” dai propri prodotti e soffi sul fuoco per sbaragliare la concorrenza. Cosa semplicemente inimmaginabile, visto nessuna azienda è in grado di produrre il 75% dei prodotti per il mercato dentale, che ricadrebbero sotto la mannaia dell’inutile revisione. Si potrebbe allora ipotizzare che i circa 700 nuovi parlamentari europei, arrivati a Bruxelles con le ultime elezioni, siano stati presi dal sacro fuoco di salvare il cittadino-paziente odontoiatrico dal rilascio delle nanoparticelle allo stato libero. Tuttavia, nemmeno questa strada sembra essere percorribile, visto che nulla di simile può scientificamente dimostrarsi da parte di alcun istituto di ricerca. Cosa invece lecita per i prodotti medicali impiantabili con cui (a torto) la Medical Device assimila i prodotti dentali, per non perder tempo con un settore di nicchia quale l’odontoiatria.
Vuoi vedere allora che, anche in questo caso, il “grande vecchio” è l’unione dei consumatori europei, che hanno maggior ascolto in sede parlamentare europea rispetto ad altri organi scientifici consultivi, solo perché rappresentano milioni di voti che alle elezioni pesano in tutta Europa? Stavolta sono io che non sono in grado di sostenere questa tesi ma, parafrasando uno statista, potrei dire che a pensar male si andrà sicuramente all’inferno, ma non si sbaglia. Se così fosse, e si fosse coerenti, almeno in questo caso non ci si lamenti di una parcella che può più ulteriormente scendere.
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