Nella conferenza da me svolta in occasione del congresso EAO 2017, i partecipanti hanno assistito ad una panoramica di oltre 50 anni di lavori con impianti e con la spiegazione del perché in certe circostanze si lavorava in un certo modo e come mai oggi si agisca diversamente.
Quando iniziai a mettere impianti, l’ambito era ristretto solo a specialisti in chirurgia orale e protesi: ai parodontologi non era nemmeno permesso ascoltare le nostre lezioni ed inoltre, qualora si volessero acquistare degli impianti, bisognava essere qualificati. Le aziende tenevano registri sulle percentuali di successo dei medici e se questi avevano un tasso di fallimento superiore al normale, gli (o le) indicavano la porta perché riflettesse in piena solitudine su quel che era andato storto. In alcuni casi, se il dentista non era molto bravo non si applicava nemmeno la garanzia.
Ebbene, vorrei che si adottasse un sistema simile anche oggi per salvaguardare i pazienti dai professionisti meno qualificati. A tutti, infatti, è stato permesso in seguito di partecipare ad un corso e mettere impianti. Spesso il corso durava solo un fine settimana, dopo di che si supponeva che il dentista si trasformasse in un chirurgo qualificato, con una conoscenza globale: il restauro del singolo dente, la riabilitazione full-arch in una mascella gravemente riassorbita con innesti ossei, la procedura del carico immediato. Completamente assurdo. Per inserire degli impianti, bisogna essere ben addestrati ed imparare a camminare prima di iniziare a correre.
Per mia gioia, vedo che sempre più aziende implantari abbandonano i corsi di fine settimana e offrono invece corsi di alta qualità per periodi più lunghi. I partecipanti devono intervenire sotto supervisione sui pazienti, le aziende offrono anche l’appoggio di un tutor il che significa che ai medici viene data una guida nella realizzazione di un trattamento. I migliori corsi sono di carattere generale, con l’unico obiettivo di formare i dentisti nel corretto posizionamento di impianti.
Una cosa che mi preoccupa molto sono le versioni-copia di quelli forniti dal mercato a dentisti meno esperti che non riescono a determinare la natura di un buon prodotto. Al mio pubblico dico sempre di non trattare i pazienti in modo diverso da come tratterebbero la propria famiglia. La cosa brutta è che spesso vedo tra il pubblico gente che abbassano lo sguardo perché si sentono ammoniti. Non capiscono che ricevono quello che hanno pagato, che i guasti costano, e che possono danneggiare la reputazione e i pazienti.
Un altro argomento che mi preoccupa è la commercializzazione di nuovi denti in un’ora. I pazienti che per decenni non si sono curati della loro dentatura naturale sono ora investiti da concetti tipo il carico immediato. Entro un’ora, tutti i denti guasti vengono rimossi e sostituiti con corone e ponti che poggiano sull’impianto, nella convinzione che, cosa assolutamente non realistica, i pazienti inizieranno a curarsi dei loro nuovi denti.
A mio parere, si tratta di una bomba a tempo. È solo una questione di tempo prima che i pazienti ritornino con problemi come la peri-implantite e impianti andati male. In passato, essi dovevano prima collaborare e in seguito gli venivano posti degli impianti. Forse questo era eccessivo ma le percentuali di successo erano più elevate e pochi pazienti ritornavano in preda a qualche problema. Non si deve essere uno scienziato per capire che, con una bocca piena di patogeni, i successi sono destinati a diminuire. Sono stato fortemente coinvolto dall’evoluzione di concetti come “Tooth Now”, secondo cui un dente estratto viene immediatamente sostituito con un impianto e caricato con abutment finale e con una corona temporanea, con tassi di successo estremamente elevati quando si tratta di sopravvivenza dell’impianto e ancor più, di risultati estetici. Io non sono contro il carico immediato, ma la scelta di quando effettuarlo è importante. Per questo buoni corsi di formazione sui lunghi periodi sono così validi. La chirurgia guidata è buona e cattiva al tempo stesso. Il detto “garbage in, garbage out” (guasto dentro, guasto fuori) è proprio adatto: se si dispone di informazioni sbagliate o interpretano erroneamente quelle digitali e se la procedura chirurgica guidata si basa solo su queste potrebbero insorgere problemi.
Non sono d’accordo con l’attuale chirurgia completamente guidata, in quanto ritengo che il nostro cervello, e non solo i computer, debba essere collegato. Mi spiego meglio. Amo lavorare con strumenti di pianificazione digitale come NobelClinician (Nobel Biocare) per ottimizzare le cure che faccio, ma invece di guide complete, preferisco usare quelle semplici chirurgiche e/o pilotate che non mi costringono a lavorare in un certo modo.
Nota Editoriale: Al GEA 2017, il Dr. Göran Urde ha presentato nell’ambito del programma scientifico, un documento intitolato “Evolution of surgical protocols in implant dentistry”.
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