Qual è il punto di forza degli articoli scientifici? Il fatto che prima della pubblicazione vengano controllati da appositi “revisori”.
Ma se il giudizio va più agli autori che al contenuto, i risultati possono essere falsati. Per questo motivo il gruppo editoriale della rivista Conservation Biology ha pubblicato un articolo per considerare la possibilità di cambiare il processo di revisione dei manoscritti, inserendo una valutazione in doppio cieco.
Tutti gli articoli scientifici considerati affidabili sono sottoposti a peer-review, ovvero sono controllati a livello scientifico e metodologico da persone esperte e qualificate. Un sistema che in teoria funzionerebbe, ma non sono pochi i ricercatori che lamentano un giudizio aprioristico, più sul curriculum dell’autore che non per il valore del manoscritto inviato per la pubblicazione.
Questa è una limitazione che mina l’efficacia di tutto il processo e, per questo, alcune riviste hanno scelto di sperimentare una nuova strategia: tenere nascosta ai revisori l’identità degli autori (“blinding reviewers"). L’idea piace a molti ricercatori e secondo Mark Burgman, editor chief della rivista, trova un “sostegno schiacciante” nel mondo scientifico. Uno dei motivi del doppio cieco (doppio perché anche gli autori non conoscono i revisori) mira anche a combattere la discriminazione delle donne durante la revisione, oggi ancora elevata. “A parità di curriculum", spiega Emily Tesoro, ricercatrice presso l’University of North Carolina: «gli uomini sono sempre avvantaggiati».
Il metodo non è completamente nuovo, dal momento che dallo giugno 2013 Nature Geoscience e Nature Climate Change lasciano la possibilità agli autori di scegliere il doppio cieco al momento della sottomissione del lavoro. I dati disponibili di fine dicembre 2013, però, non sono così ottimistici: solo il 15% e il 22% dei manoscritti inviati alle due riviste per la validazione ha realmente utilizzato il sistema. Inoltre l’applicazione pratica non è così immediata: «Nel mondo della scienza c’è una preoccupazione diffusa nei confronti dei revisori», sostiene Philip Campbell, l'editor-chief di Nature, che precisa come sia troppo presto per capire se questo tipo di processo di revisione possa migliorare il sistema. Infatti va considerato che nelle aree più specialistiche non c’è modo di garantire al 100% l’anonimato, essendoci meno persone. E intuire l’autore dello studio equivale a rendere vano il tentativo. Al momento Nature non ha richiesto l’obbligatorietà del metodo, ma «potrebbe rendere il processo di revisione più scientifico, grazie alla rimozione di possibili elementi di discriminazione» ha affermato Alastair Brown editor di “Nature”.
Fonte: www.galileonet.it
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