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Analisi di tre anni di produzione di corone tramite scansione intraorale

M. Rossini

M. Rossini

mar. 16 dicembre 2014

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Il testo, e lo studio, è tratto da un articolo dal titolo “Analisi di nuove procedure digitali nella pratica clinica utilizzando il controllo di gestione”, pubblicato sul numero due 2014 de Quaderni Odontoiatrici, pubblicazione del Centro Ricerche & Statistiche coordinato da Franco Tosco. Si rinvia all’articolo integrale per le parti introduttive che comprendono dettagliate spiegazioni riguardanti i Data Set e i Big Data, per la raccolta, elaborazione e archiviazione dei dati nello studio odontoiatrico. Tali concetti e metodi sono poi stati applicati per l’analisi, oggetto dell’estratto qui pubblicato.

Valutare quanto la tecnologia possa influire sulla produttività
Trattandosi di un’analisi retrospettiva che prevede di intervenire su un dataset di dati importante, raccolto durante tre anni di attività dello studio odontoiatrico, è necessario partire subito identificando le fonti dei database (dati omogenei) e le altre informazioni (dati eterogenei) prese in considerazione. Nello studio sono stati presi in considerazione i seguenti set di dati:
1_ pazienti: cartella anagrafica;
2_ professionisti coinvolti;
3_ tecnici di laboratorio coinvolti nelle fasi produttive CAD e CAM;
4_ software di acquisizione delle immagini;
5_ software di produzione del progetto virtuale e analisi funzionale;
6_ software di comando delle macchine CAM;
7_ tecnologie di produzione in associazione al workflow clinico;
8_ tempi di produzione alla poltrona, sedute programmate/sedute effettuate;
9_ valutazione clinica dei contatti occlusali in relazione alla qualità dei ritocchi necessari.
Come detto, questi dati non sono stati raccolti a seguito della formulazione di ipotesi da confutare, ma sono parte di una grossa mole di dati che viene aggiornata in tempo reale dagli operatori dello studio nell’esercizio delle loro normali mansioni quotidiane. La sfida, in questo caso, consiste nel saper trovare il modo di identificare delle serie di dati utili all’analisi e, in definitiva, a fornire informazioni usufruibili per migliorare la pratica odontoiatrica quotidiana.

Trovare nuovi parametri (produttivi) per valutare l’efficienza clinica di un flusso di lavoro
Lo scopo della raccolta dei dati è trovare una correlazione tra il tempo di lavorazione clinico (ritocchi occlusali e cementazione) e la tecnologia produttiva utilizzata per la realizzazione del manufatto. È assolutamente necessario notare che, in questo caso, la raccolta dati non è stata programmata a priori. Proprio per i concetti espressi sopra, la raccolta dati deve essere intesa come la ricerca, all’interno del dataset creato precedentemente, dei dati necessari alla dimostrazione pratico-clinica dell’ipotesi formulata.
Un secondo aspetto da ricordare è che la raccolta dati non si limita ai puri e semplici dati gestionali, ma si estende anche alle serie di dati di tipo eterogeneo eventualmente presenti nel dataset. Questo concetto rappresenta un’estensione di ciò che sta alla base del controllo di gestione. Infatti, grazie a tale sistema, è possibile controllare la produzione, i costi, l’utile, la redditività e i tempi delle sedute. Vengono monitorati nel tempo i produttori clinici, le poltrone e l’attività che su di esse si svolge, le aree cliniche. Se a questo tipo di controllo vengono abbinati una serie di altri dati, e il tutto viene messo in relazione partendo da un’ipotesi da dimostrare, ecco che è possibile trovare delle risposte cliniche o, meglio, sull’efficienza e sull’efficacia di manovre cliniche, partendo dall’analisi di dati che, apparentemente, con la clinica nulla hanno a che fare. Questo potrebbe rappresentare un importante punto di partenza per valutare, anche o soprattutto clinicamente, l’impatto che le nuove tecnologie digitali e i materiali ad esse collegati hanno sulla pratica quotidiana. Caratteristica infatti del controllo di gestione, è quella di fornire un’immagine organizzativa dello studio in tempo reale, senza scarti dovuti al lavoro di raccolta dei dati proprio perché la raccolta dati è simultanea alla loro creazione. Esiste infatti l’esigenza di poter valutare procedure e workflow prima che vengano sostituiti in parte, o completamente, da altri workflow legati a materiali o tecnologie differenti e più evoluti.
Nello studio odontoiatrico, all’interno del quale è stata svolta la presente ricerca, vengono routinariamente raccolte le informazioni che riguardano i tempi di permanenza dei pazienti all’interno della struttura e in riferimento a ogni singola seduta. Lo studio, quindi, dispone del conteggio di tutti i tempi raccolti e divisi in quattro aree di sevizio all’interno della struttura:
1_ entrato in studio --> seduto: indica il tempo in cui il paziente entra in studio, svolge le pratiche di accettazione e si siede in sala d’aspetto;
2_ seduto: indica il tempo effettivo della seduta. Va tenuto presente che ad ogni seduta è anche associato un tempo programmato a priori per quella specifica seduta;
3_ alzato --> pulito: indica il tempo che intercorre tra la fine della seduta, la dimissione del paziente dall’area clinica e la preparazione del riunito per la seduta successiva;
4_ paziente uscito: indica il tempo che intercorre tra la dimissione dall’area clinica e l’effettiva dimissione del paziente dallo studio.
Sono state raccolte le indicazioni riguardanti 532 corone singole prodotte dallo studio:
il tempo di durata della raccolta dei dati: 3 anni (2011-2013);
il tempo di seduta clinico (paziente seduto alla poltrona --> paziente alzato) riguardante la fase finale di ritocco occlusale e cementazione del manufatto protesico;
le modalità di realizzazione delle impronte intraorali con scanner 3D Chairside Oral Scanner COS 3M e True Definition scanner 3M;
le procedure e modalità di realizzazione dei manufatti protesici attraverso software di progettazione CAD (dental wings);
la realizzazione meccanica del manufatto attraverso tecnologie di produzione CAM (laser sintering e fresatura CAM);
il flusso di lavoro clinico organizzato per la realizzazione dei manufatti attraverso due sole sedute odontoiatriche:
1_ la prima seduta clinica per realizzare la preparazione degli elementi dentari e lo spiazzamento dei tessuti con le tecniche ormai note e universalmente utilizzate. Dopo aver preparato il campo di operazione, si procede alla scansione dei monconi dei denti. In seguito si esegue la scansione dell’arcata antagonista e la registrazione della chiave occlusale.
2_ La seconda seduta clinica, che costituisce l’oggetto della valutazione del presente studio. Durante questa fase, viene eseguita la valutazione del fit della corona protesica, dopodiché si procede alla registrazione dei contatti occlusali con cartine da rilevazione da 9 micron. Qualora dalla lettura dei contatti rilevati dovesse risultare un tipo di occlusione non conforme alle aspettative, si procede agli eventuali ritocchi e alla successiva rilucidatura delle superfici. Segue la cementazione definitiva del manufatto protesico.
Sono stati poi identificati tre grossi gruppi di lavorazione, in relazione alle tecnologie impiegate per la progettazione e la realizzazione. Per quello che riguarda la divisione dei periodi di lavorazione in rapporto alle tecnologie utilizzate, si possono identificare 5 periodi differenti:
1_ lavorazione a due strati, 2011 - primo periodo: impronta intraorale, progettazione, realizzazione sotto-struttura tramite laser sintering, stratificazione estetica. In questo caso la lavorazione prevede la progettazione di una sottostruttura in ambiente digitale CAD e la realizzazione CAM della stessa seguita dal passaggio manuale di stratificazione estetica del materiale di superficie sulla sottostruttura.
2_ Periodo ibrido.
3_ Lavorazione monolitica, 2012 - secondo periodo: impronta intraorale, progettazione, realizzazione manufatto monolitico tramite fresatura. In questo processo, lavorazione CAM della sottostruttura del manufatto e realizzazione della sovrastruttura estetica coesistono in un unico ambiente di lavorazione dando origine ad un manufatto di tipo monolitico.
4_ Periodo ibrido.
5_ Progettazione, controllo della funzione e realizzazione monolitica, 2013 - terzo periodo: impronta intraorale, progettazione, prova funzionale tramite articolatore virtuale, realizzazione struttura monolitica. In questo processo di lavorazione si procede alla progettazione e al controllo della funzione attraverso articolatori virtuali in ambiente digitale. In seguito, si produce il manufatto tramite fresatura monolitica.

Periodo ibrido
La definizione di “periodo ibrido” si riferisce al periodo di passaggio da un tipo di lavorazione a un altro. Questo periodo non rappresenta, in questa sede, oggetto di valutazione, tuttavia si può notare come, attraverso la considerazione di questa fase, sarebbe possibile valutare la curva di apprendimento degli operatori nei confronti di nuove tecnologie o di nuovi flussi di lavorazione. Il periodo ibrido rappresenta infatti il passaggio da un flusso di lavoro più o meno consolidato e affidabile, a un flusso di lavoro nuovo e non ancora strutturato e standardizzato. Potendo analizzare i tempi del passaggio, mettendoli in relazione con parametri – come la valutazione clinica nel tempo della qualità del lavoro e le rilevazioni sul gradimento degli operatori e dei pazienti –, sarebbe possibile valutare il costo in termini economici, di efficienza e di coinvolgimento delle risorse umane all’interno dello studio, nel momento in cui vengono introdotti nuovi flussi di lavoro associati a nuove tecnologie. Per capire se il flusso di lavoro è completamente ottimizzato, o se è in grado di ottimizzare una procedura nuova in relazione a una già esistente, è necessario procedere all’analisi della nuova tecnologia di lavorazione. Questa nuova tecnologia deve passare attraverso la valutazione di due fattori: l’efficacia del lavoro, in questo caso clinica, attraverso il giudizio nel tempo da parte degli operatori, e l’efficienza definita dai parametri forniti dal controllo di gestione, che sono in grado di fornire informazioni sui tempi di realizzazione dell’intero flusso di lavoro e sui costi della sua effettiva applicazione. Da questi due parametri, efficacia ed efficienza, e dalla valutazione di quanto tempo gli operatori e, in senso lato, tutta la struttura, impiegano per ottenere l’ottimizzazione del flusso, si può ricavare il dato che definisce la lunghezza del periodo ibrido e, in definitiva, la curva di apprendimento necessaria all’introduzione di una tecnologia nuova.
All’interno di un processo produttivo, si possono distinguere le fasi di lavorazione di un manufatto, che corrispondono alle fasi cliniche e di laboratorio di presa dell’impronta, sviluppo dei modelli, progettazione e modellazione del manufatto, realizzazione del pezzo, rifinitura e cementazione definitiva nel cavo orale del paziente. Al momento attuale, poiché l’odontoiatria fruisce già di un apparato tecnico e tecnologico estremamente raffinato e produttivo, sembra difficile poter aumentare il parametro dell’efficienza, mentre quello dell’efficacia è ormai un ambito più che consolidato, che negli anni ha permesso ai clinici di offrire prestazioni di alto livello, con un’affidabilità ottimale alla luce dei risultati che la letteratura internazionale ormai conferma di anno in anno.
Se quindi ragioniamo in termini di singola lavorazione, sia clinica che di laboratorio, potrebbe sembrare che l’ottimizzazione sia una costante di tutto il ciclo produttivo, intendendo incluso in tale ciclo l’intera erogazione del servizio offerto dall’odontoiatra (efficacia + efficienza). In realtà, quello che spesso sfugge all’osservazione all’interno di un flusso di lavoro è il parametro che considera come determinanti i passaggi all’interno di tale flusso, tra le varie fasi operative. Su questo punto è possibile attuare ancora oggi un enorme lavoro di implementazione del ciclo, con evidenti ricadute proprio sul parametro dell’efficienza e, di conseguenza, dell’ottimizzazione che investe tutta la produzione. La possibilità di influire sui passaggi tra le lavorazioni permette di ridurre i tempi a fronte di un aumento della qualità di comunicazione all’interno del workflow e, laddove ve ne sia la possibilità tecnica, si possono individuare procedure alternative (in massima parte digitali) che permettono addirittura di eliminare il passaggio, fornendo ulteriore implemento della potenziale efficienza dell’intero processo. Questa considerazione prende spunto dalla teoria che vede nella comunicazione di informazioni tra un punto A e un punto B all’interno del processo produttivo, la possibilità di generare delle interferenze nella trasmissione del segnale. Queste interferenze comunemente vengono definite “spreco” o “rumore”, qualora si tratti rispettivamente di perdita di informazioni o di aggiunta di informazioni spurie. Ovviamente, tutti hanno sperimentato questo tipo di alterazione del segnale nella vita quotidiana e ancora di più nel lavoro e nelle sue complesse procedure. E, infatti, proprio nel tentativo di eliminare tali difetti, vengono identificati all’interno del processo produttivo dei momenti precisi e predeterminati in cui è possibile effettuare un controllo sulla qualità del manufatto, procedendo di volta in volta alla rilavorazione, al fine di aggiungere le parti perse o eliminare le parti non necessarie. Questi momenti vengono detti “punti di controllo” e possono variare sia in termini di quantità che in termini di qualità o di tipo di lavorazione necessaria per la correzione. Va detto che all’interno del controllo non deve essere esclusa l’eventualità di dover eliminare in toto il pezzo, in quanto la sua difformità dallo standard richiesto supera le capacità di correzione.
La possibilità offerta dalle tecnologie digitali in generale, e le tecnologie di produzione CAD/CAM in particolare, permettono allo stato attuale di intervenire pesantemente su questo meccanismo, dando l’occasione di pianificare a priori l’attività del controllo. In questo modo è possibile progettare e attuare un workflow che consenta di ridurre la necessità del controllo, o addirittura di evitarlo, riducendo o annullando alcuni dei passaggi all’interno del tradizionale ciclo produttivo di un manufatto. In realtà, l’attività di controllo non viene mai eliminata in assoluto, ma cambiano i parametri di questo tipo di attività. In particolar modo cambiano:
1_ il tempo del controllo, che può variare in senso qualitativo in riferimento a quando il controllo viene eseguito, cioè in quale momento viene fatto. Può cambiare anche in senso quantitativo con riferimento alla quantità di tempo necessaria all’attività di verifica;
2_ lo spazio del controllo. Il tempo non è l’unico parametro che può cambiare; infatti, in un flusso di lavoro, si può decidere di controllare dove effettuare l’attività di controllo. Si può decidere di eseguire la verifica in ambiente digitale, utilizzando un software che consenta di montare i modelli e le sovrastrutture progettate in articolatore virtuale, oppure si può decidere che il controllo debba essere eseguito su un modello fisico, oppure ancora nel cavo orale del paziente.
In definitiva, quindi, è importante avere la consapevolezza che eliminando o modificando le fasi di lavorazione nel passaggio da un flusso di lavoro analogico-fisico a un flusso di lavoro virtuale, l’attività di controllo dei vari passaggi di lavorazione non viene persa, ma continua in un modo differente e, nella maggior parte dei casi, più produttivo. Un tipico esempio di eliminazione del passaggio (e quindi della conseguente attività di controllo) nel processo produttivo in protesi lo si può evidenziare durante le fasi di presa dell’impronta all’interno del cavo orale del paziente. Mentre nel flusso di lavoro tradizionale viene presa un’impronta negativa delle forme interessate dalla produzione che poi andrà sviluppata in positivo con un modello in gesso, nel flusso di lavoro digitale le forme vengono elaborate immediatamente in positivo, fornendo in tempo reale un modello virtuale tridimensionale senza il passaggio negativo/positivo tipico del primo caso. Questo non è solo un aspetto di funzionalità del processo, ma rappresenta un nodo essenziale per l’ottimizzazione del flusso di lavoro. Il vantaggio in questo caso sta proprio nel fatto che la verifica della qualità del processo di presa dell’impronta viene eseguita immediatamente e contestualmente alla presa stessa, lasciando la completa libertà all’operatore di identificare eventuali incongruenze o difetti e di poterli immediatamente correggere. Con questa procedura viene eliminato lo spreco dovuto alla necessità di rieseguire l’operazione qualora il difetto venga rilevato solo a posteriori durante la fase di progettazione. Risulta evidente che la presenza di un passaggio in più, o l’assenza di tale passaggio a seconda del punto di osservazione del processo, rende inutile l’inserimento di un punto di controllo che garantisca il corretto passaggio di informazioni dal cavo orale del paziente al laboratorio odontotecnico.

Qualità del punto di controllo
Se si analizza la qualità del punto di controllo, si rileva immediatamente che il parametro fondamentale è il tempo della verifica, e proprio rispetto al tempo si possono identificare due criticità.
1_ La prima riguarda il fatto che, con l’avanzare delle fasi del processo produttivo, qualora si inserisca il punto di controllo in uno stadio tardivo del flusso di produzione, aumenterà l’entità della lavorazione per ridurre l’errore accumulato. È evidente che se viene sempre accumulato un errore in ogni passaggio, più passaggi vengono effettuati, più l’errore aumenta, anche considerando il fatto che l’aumento dell’errore nel processo produttivo non è lineare e non corrisponde alla somma con l’errore precedente. In realtà, l’errore precedente si moltiplica con le fasi di lavorazioni successive e quindi dà luogo a un errore che aumenta in modo esponenziale. L’altro aspetto da considerare è che le possibilità cui ci si trova di fronte al punto di controllo sono due: una, appunto, è la necessità di rilavorare il pezzo introducendo delle correzioni che lo riportino a soddisfare le esigenze e i parametri qualitativi stabiliti, l’altra rappresenta la necessità di eliminare completamente il pezzo per ricominciare da capo la lavorazione. Qualora, quindi, la difformità del semilavorato sia tale da impedirne anche la rilavorazione, bisognerà scartarlo definitivamente, con conseguente irreparabile danno all’efficienza del processo. È ormai ampiamente dimostrato che un’eventualità di tale portata elimina completamente la possibilità di generare un utile in riferimento a quel particolare lavoro.
2_ La seconda criticità prende in esame l’abituale sovrastima del tempo assegnato al punto di controllo. In pratica, ogni volta che si introduce in un flusso di lavoro l’attività di controllo, si cerca (in modo anche inconsapevole) di sovrastimare il tempo assegnato al punto di controllo stesso, in quanto è molto difficile fare una stima del tempo richiesto dall’analisi del semilavorato e dall’eventuale rilavorazione, soprattutto quando non è possibile stimare l’entità dell’errore accumulato e la conseguente correzione. Questo porta a un evidente svantaggio produttivo in base all’efficienza, ed è chiaro che la stima del tempo in questo caso deve partire da una precisa stima dell’errore accumulato durante le lavorazioni precedenti. Un metodo per stimare l’errore accumulato può essere fornito proprio dal controllo di gestione, che potrebbe conservare dati riguardanti le precedenti lavorazioni e le eventuali rilavorazioni all’interno del flusso di lavoro. Ovviamente si parla di dati eterogenei che riguardano l’operatore che ha eseguito il semilavorato, l’operatore che lo sta controllando, il tipo di lavoro, il tipo di lavorazione attraverso cui è stato prodotto ecc. In questo caso, la possibilità di conoscere tali dati potrebbe risultare determinante per stabilire la quantità di tempo media da riservare in occasione di determinati punti di controllo.

Il controllo dinamico della qualità o qualità dinamica
All’inizio del processo, l’ambiente digitale permette di progettare il flusso di lavoro adeguato a una particolare lavorazione e di pianificare correttamente il suo svolgimento. In questa fase vengono inseriti dei punti di controllo di qualità sui semilavorati. Questi punti saranno in numero necessario a garantire la qualità del percorso produttivo, e a ogni punto verrà assegnato il tempo necessario all’eliminazione dell’errore accumulato. Il processo prosegue fino alla consegna del prodotto finito, che rappresenta il punto di controllo finale e ha le stesse caratteristiche dei punti precedenti, ma viene effettuato su un prodotto finito e non su di un semilavorato.
La qualità dinamica nel digitale prevede il passaggio da una conformità al momento della consegna alla conformità durante i processi produttivi, al fine di evitare la mera correzione dell’errore, una volta individuato, ma consentendo di agire in senso proattivo per impedire che l’errore si verifichi. Tutto questo avviene attraverso 3 fasi distinte all’inizio del processo di produzione.
1_ Progettazione del workflow: la programmazione di un flusso di lavoro flessibile e personalizzato per ogni lavorazione che sfrutti anche le possibilità offerte dall’analisi statistica dei dati (ad esempio, se la prova della sottostruttura presenta regolarmente una sovrastima del tempo del 50%, allora si potrà progettare un workflow che in quel punto preveda la metà del tempo).
2_ Applicazione di procedure documentate: le tecnologie digitali hanno la caratteristica di sfruttare sistemi di produzione estremamente affidabili. Le case produttrici degli strumenti sono in grado anche di garantirne, tramite periodiche revisioni, il corretto funzionamento e la taratura adeguata.
3_ Pianificazione dell’attività di controllo: si decide a priori quali siano i nodi produttivi che generano spreco o rumore (errore) e si pianifica in quel punto l’attività di controllo.
I vantaggi di un tale metodo di controllo produttivo sono:
1_ l’azione di controllo effettuata diventa pianificata e sistematica e si rivolge al sistema nella sua interezza, cioè all’intero flusso di lavorazione. Vengono valutati tutti gli aspetti e tutte le procedure dall’inizio, considerando il processo nella sua interezza.
2_ Si ottengono dei vantaggi, acquisiti nella diminuzione degli scarti di lavorazione. Gli scarti di lavorazione non comprendono solo i manufatti che non rispettano i parametri stabiliti, ma per scarto si intende anche la perdita di tempo dovuta alla sovrastima del punto di controllo. Il tempo, essendo in diretto collegamento con l’operazione che crea il valore, rappresenta una vera e propria perdita, paragonabile a quella che si verifica quando si perde un pezzo difettoso.
3_ Si ottengono vantaggi nel passaggio da un orientamento temporale al passato (controllo della qualità a posteriori) a un orientamento temporale futuro (costruire la qualità del flusso). Spesso si continua a lavorare valutando la qualità solo quando si identifica un determinato errore, semplicemente aspettando che questo si verifichi per poi andare ad attuare tutte le manovre necessarie alla sua correzione. In questo caso non ci si rende conto che si è accumulato un enorme serbatoio di informazioni che, se ben analizzate e utilizzate, potrebbero portare alla costruzione di flussi di lavoro qualitativamente superiori, potendo così costruire la qualità nel futuro in senso dinamico.
4_ È possibile effettuare un migliore controllo dei costi: aumenta l’importanza dell’efficienza nei confronti dell’efficacia. Dando per scontato che, comunque, alla fine del flusso di lavorazione, si ottiene un pezzo conforme alle aspettative che sia quindi in grado di soddisfare le richieste rispondendo al parametro dell’efficacia, non si può far passare in secondo piano il parametro dell’efficienza, che viene influenzato da molteplici aspetti di varia entità.
_Valutazione del parametro “tempo ritocchi occlusali/cementazione”
In ambito clinico, si è cercato di operare una valutazione della produzione, rilevando i dati ricavati dal tempo dei ritocchi occlusali e della cementazione dei manufatti. Sono state elencate in precedenza tutte le serie eterogenee di dati che hanno costituito il dataset utile alla stesura dello studio.
Sono stati messi a disposizione i dati che riguardano la quantità di tempo trascorsa dal paziente seduto alla poltrona nella fase finale di lavorazione. In questo punto il manufatto viene provato, eventualmente ritoccato e definitivamente cementato. Questa fase può quindi esser accuratamente misurata e scomposta in 5 sottofasi:
1_ rimozione del provvisorio;
2_ pulitura del dente preparato ed eventuale condizionamento per la cementazione;
3_ prova del manufatto ed eventuali ritocchi;
4_ cementazione;
5_ indurimento del cemento e rimozione dello stesso.
Quello che è stato evidenziato è che tutte queste fasi, nell’arco dei 3 anni dello studio, sono state ampiamente standardizzate, anche in considerazione del fatto che alcuni tempi riguardanti i materiali utilizzati, come ad esempio il tempo di indurimento del cemento, costituiscono dei parametri fissi stabiliti dalle case di produzione, che non possono assolutamente subire variazioni. È corretto ipotizzare che la modifica del parametro tempo, in questa fase, possa dipendere esclusivamente dal passaggio n. 3 che, a sua volta, dipende in modo diretto dal controllo della qualità del flusso di lavoro precedente. Questo stadio, infatti, rappresenta l’ultimo punto di controllo in cui si verifica la definitiva conformità del restauro allo standard richiesto al momento della scansione, e quindi all’inizio del flusso di produzione. Trattandosi di una fase di controllo, dovrà quindi prevedere una stima del tempo necessario al suo svolgimento. Lo studio va a valutare proprio questo parametro, in relazione ai ritocchi occlusali necessari per ottenere la perfetta integrazione funzionale del restauro. È possibile, migliorando il processo produttivo e introducendo nuovi tipi di lavorazione in ambiente digitale, che il tempo necessario per la lavorazione tenda a ridursi in modo tale da creare una sovrastima, che deve essere corretta diminuendo il lavoro assegnato a questa fase e programmando la seduta in modo più efficiente. Proprio nello studio in questione, nell’arco di 3 anni e in conseguenza dell’introduzione di nuove tecnologie digitali, si è ottenuto un delta di tempo pari a quasi il 50% del tempo medio per seduta preso in considerazione all’inizio della rilevazione.

Tempo ritocchi occlusali/cementazione
Dal grafico 1 si può notare come la linea media del tempo inesorabilmente tenda a scendere, indicando una costante diminuzione del tempo operativo. Analizzando in maniera macroscopica la distribuzione dei valori nel tempo, si notano 3 grandi aree di distribuzione in cui si identifica una certa omogeneità di comportamento dei valori rilevati. La distribuzione dei dati sui tempi dà la possibilità di eseguire ulteriori valutazioni dovute alla possibilità di identificare e caratterizzare le aree.

Fase 1
Nella prima fase, ci si trova di fronte al momento esatto dell’introduzione della tecnologia. I tempi iniziali, infatti, sono sovrapponibili a quelli registrati nei periodi precedenti in cui la tecnologia utilizzata era ancora di tipo tradizionale. In sostanza, la “fase 1” corrisponde a quella che identifica il passaggio dalla presa dell’impronta con materiali tradizionali verso la scansione intraorale digitale. Si può notare come si instauri da subito una leggibile diminuzione del tempo di cementazione, anche se esistono solo picchi verso l’alto e non si riesca mai a scendere sotto un certo tempo. I picchi verso l’alto dimostrano ancora una difficoltà nel controllo delle fasi produttive antecedenti alla fase di cementazione. La curva di apprendimento e la qualità della sua incidenza gravano sia sul clinico che deve eseguire la scansione intraorale, sia sul tecnico che deve progettare ed eseguire il lavoro, entrambi con il compito non solo di imparare una nuova tecnica, ma anche di abbandonare la pratica precedente ormai consolidata. Il fatto che non si scenda mai sotto un certo tempo, invece, è dovuto alla mancata stima corretta del tempo di controllo.
Questo aspetto, nella prima fase, è dato per scontato, in quanto non si è ancora in possesso dei dati necessari per poter abbassare la stima e modificare in partenza il flusso di lavoro, in modo da gestire al ribasso il tempo del punto di controllo.

Fase 2
Nel momento in cui viene introdotta la tecnologia monolitica, la diminuzione dei tempi di cementazione diviene ancora più evidente e si cominciano a identificare dei valori di tempo che prevedono picchi anche verso il basso. Anche questa fase, tuttavia, è gravata da una certa disomogeneità nei valori che, se da un lato tendono a diminuire, dall’altro mantengono una certa variabilità dei tempi, presentando una differenza elevata tra i picchi verso l’alto e quelli verso il basso. Questo aspetto testimonia una certa mancanza di standardizzazione nella tecnica di produzione e, di nuovo, anche una curva di apprendimento del team produttivo che ancora deve mostrare i risultati attesi. Tuttavia, si deve rilevare come l’eliminazione di un passaggio produttivo importante (il passaggio che prevede la stratificazione della parte estetica su di una sottostruttura) sia di per sé in grado di influire pesantemente sulle fasi successive del flusso di lavoro. È possibile notare un notevole incremento di qualità produttiva, anche se non eccezionale, in quanto è ancora, in questa fase, impossibile il controllo della funzione. Controllo che deve essere eseguito su modello fisico montato in articolatore prima della consegna, aumentando il numero dei passaggi necessari alla realizzazione del prodotto finito.

Fase 3
Nella fase finale viene introdotta una tecnologia in grado di controllare a priori la funzione che il manufatto dovrà svolgere nel cavo orale del paziente. In pratica, si utilizza un articolatore virtuale che permette di funzionalizzare il manufatto una volta progettato prima di procedere alla fase CAM di fresatura. Vengono, di conseguenza, ridotti al minimo, o eliminati completamente, i ritocchi occlusali necessari a ottenere la corretta integrazione funzionale del restauro nel cavo orale del paziente. In questo modo si assiste a una drastica diminuzione del tempo di controllo, associata in questo caso a una netta omogeneizzazione dei tempi, che rientrano per la maggior parte in un range di valori tali da permettere di standardizzare e attestare la seduta finale di cementazione su tempi decisamente inferiori rispetto all’inizio della rilevazione.
Nell’arco di 3 anni si può notare come l’introduzione di nuove tecnologie in grado di controllare la qualità della produzione in senso dinamico abbia permesso di rendere più affidabile e produttiva l’ultima fase di lavorazione e di ridurne il tempo. Si noti come la tecnologia di produzione monolitica si sposi benissimo con la progettazione in ambito digitale. Infatti, tale tecnologia è nata per permettere di produrre un manufatto in cui progettazione, controllo della funzione e realizzazione avvengano completamente in ambiente digitale. L’eliminazione di alcuni passaggi tra una lavorazione e l’altra consentono di ottimizzare il flusso e di evitare l’aumento dell’errore naturalmente associato a ogni passaggio. In questo caso non si tratta di ottenere un manufatto – una corona dentale – che sia più preciso, ma di ottenere un prodotto che abbia caratteristiche qualitative completamente differenti, potendo beneficiare del controllo di produzione normalmente riservato ad ambiti industriali. In questo caso non sarà possibile ottenere un design standardizzato che in odontoiatria non è evidentemente realizzabile, ma si tratta di usufruire dei vantaggi di affidabilità e qualità offerti dal digitale e per anni testati in ambito produttivo industriale. Inoltre, la produzione di manufatti monolitici prevede, come output di produzione, delle lavorazioni ad alta definizione. Questo significa ottenere prodotti precisi, dalla finitura liscia e levigata delle superfici e pronti all’uso, senza necessità di ulteriore lavorazione.

Conclusioni
Ci si trova di fronte a un aspetto che corregge l’errore di considerare i prodotti monolitici legati semplicemente ai materiali con cui i prodotti vengono realizzati. In realtà, questo modo di pensare sembra essere peculiare solamente dell’ambito odontoiatrico. Infatti, il concetto di produzione monolitica si riferisce alle caratteristiche della produzione che segue un flusso di lavoro estremamente lineare e non modulato o interrotto da passaggi di controllo e rilavorazione non necessari.
Se questo percorso viene progettato ed eseguito con cura, può (anzi deve) dare origine a manufatti che non richiedono nessun tipo di ulteriore finitura o lavorazione in relazione all’ottenimento di un vantaggio di tipo funzionale. L’unico passaggio richiesto dovrà essere quello del controllo estetico con la possibilità di un minimo intervento per la realizzazione del mimetismo perfetto del materiale nel cavo orale. Concludendo, si può affermare che le nuove tecnologie di tipo digitale, in generale sono in grado di offrire un notevole vantaggio in termini di affidabilità produttiva. E non solo questo vantaggio è misurabile nel tempo, ma può essere comparato con diversi tipi di lavorazioni di volta in volta introdotti, in modo da completare un quadro di informazioni che può aiutare l’odontoiatra a decidere, in base a criteri scientifici, se avvalersi o meno di una tecnologia produttiva in luogo di un’altra o se, al contrario, non acquistarla affatto.

Su gentile concessione di Tueor Servizi srl. L’articolo può essere letto nella versione integrale su QO 2-2014

 

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