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Migliorare il lavoro e il comfort illuminotecnico dello studio

Massimo Tiberio

Massimo Tiberio

gio. 10 gennaio 2019

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Un aspetto che migliora il nostro lavoro è la qualità della luce: una luce corretta non affatica gli occhi, dall’intensità esatta per illuminare chiaramente il campo di lavoro in modo da veder bene fin nei minimi dettagli; una luce di qualità permette la corretta percezione dei materiali e dei colori senza virarli o impastarli.

In commercio esistono ormai molte tipologie di luci, ma non tutte realmente utili, per cui la scelta deve essere fatta da una parte con un occhio alle nostre specifiche necessità e dall’altro alle normative, che sono importanti in quanto vincolo, ma anche linea guida che può aiutare.

Invece per quanto riguarda le specifiche necessità degli studi medici la tipologia di luce da usare può essere molto differenziata, perché si passa da luci intense e a fascio d’irradiazione ottico (il cono di luce) concentrato per le postazioni di lavoro e strumentali a quelle con emissioni a diffusione ampia per le aree connettive e le zone di accoglienza.

Il passaggio tra queste tipologie deve essere armonico senza scarti qualitativi significativi, per via del surplus di affaticamento dell’occhio che alla lunga può aumentare lo stress oculare, dare cefalee, stanchezza, difficoltà di concentrazione se non perdita di acuità visiva. Secondo alcuni studi, il 30% dei dentisti è infatti vittima entro i 30 anni di una diminuzione precoce dell’acuità visiva dovuta proprio all’affaticamento oculare.

Un’illuminazione inadeguata inoltre non interferisce solo sulla qualità del lavoro del dentista stesso, ma anche sul paziente diventando per lui un ulteriore fonte di stress. Per questo motivo la natura e le caratteristiche della luce oltre che essere corrette a livello tecnico devono essere “omogenee” in ogni ambiente e in ogni punto dello stesso ambiente.

I parametri di cui bisogna tenere conto per avere una corretta illuminazione, oltre a quelli definiti dalle normativa norma europea EN 12464-1, sono il tipo di illuminazione e la temperatura colore della fonte luminosa (la luce, ovvero la “lampadina”). Se la seconda è specifica solo della fonte luminosa, il primo può dipendere sia dalla fonte della luce stessa sia dal corpo luminoso (la struttura all’interno del quale è posta la fonte luminosa) e può essere luce diretta o indiretta.

Quella diretta fornisce il miglior illuminamento per il piano di lavoro poiché la luce vi arriva direttamente senza alcuna riflessione artificiale; comporta però un elevato contrasto tra le parti scure e quelle chiare e tendenzialmente può affaticare l’occhio; di solito è consigliabile controbilanciarla con una luce di fondo.

La luce indiretta ha la caratteristica di avere il fascio di luce che giunge al punto da illuminare solo dopo una riflessione, interna al corpo luminoso o tramite soffitto e/o le pareti. Permette un’illuminazione globale soffusa e più morbida. Indicata per l’illuminazione generale dei locali ha il vantaggio di avere la sorgente luminosa non visibile evitando così l’abbagliamento.

Un’altra tipologia di luce importante per gli studi medici è quella scialitica. Produttrice di una illuminazione molto intensa utile per gli interventi chirurgici, risulta praticamente priva di ombre perché utilizza vari fasci di luce puntati sul piano di lavoro da direzioni multiple. Le ombre, ulteriormente, sono un altro aspetto di cui tenere conto. Devono essere minimizzate nelle aree di lavoro, mentre negli altri spazi devono essere morbide per evitare sensazioni visive sgradevoli.

La temperatura colore è un parametro che definisce la tipologia della luce, ma per colore della luce non si intende quella verde, gialla, rossa, etc. bensì il parametro utilizzato in illuminotecnica, per quantificare la tonalità della luce e si misura in gradi kelvin. La temperatura colore 3000° si riferisce alle luci calde (a titolo esemplificativo la più simile alle vecchie lampadine ad incandescenza) ed è un luce che può virare i colori sui loro toni più caldi.

La temperatura 4000° è quella della luce neutra e netta che riproduce i colori al naturale senza virature. La temperatura colore 5000° è quella della luce fredda e tende a virare i colori nei loro toni freddi. A parte casi particolari, di solito per non affaticare l’occhio ed avere la miglior resa, la temperatura consigliata per gli studi medici è quella dei 4000° kelvin.

 

 

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