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Traumatologia dentale in età pediatrica

Particolare della fig. 4: rappresentazione grafica della tecnica adesiva di Simonsen.
G. Pavolucci, M. Chazine, G. Franciosi, R. Grandini, S. Grandini

G. Pavolucci, M. Chazine, G. Franciosi, R. Grandini, S. Grandini

mar. 4 dicembre 2012

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La Traumatologia dentale in età pediatrica è un argomento di grande rilevanza a causa della diffusione e della frequenza dei traumi, specialmente a carico dei bambini.

La localizzazione è, per ovvie ragioni anatomiche, principalmente sul gruppo frontale del mascellare superiore (Tab. 1); inoltre, sempre per motivi anatomici, possiamo considerare come fattore predisponente la presenza di un overjet aumentato, che in caso di colpo diretto facilita l’esposizione dei centrali superiori. Al contrario, un morso profondo può aumentare il rischio in caso di colpo indiretto1.

Dente Percentuale
Centrale sup. 79%
Laterlae sup. 13%
Incisivo inf. 6,3%
Canino sup. 1,2%
Canino inf. 0,5%
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Tra le maggiori cause di trauma si rilevano gli incidenti domestici, scolastici, stradali e sportivi, e di norma la frequenza aumenta con l’inizio dell’attività scolastica e sportiva2.
I traumi a carico dei denti decidui hanno un interesse relativo; più che il danno a carico del dente stesso, è importante capire se ci siano conseguenze per l’elemento permanente sottostante. L’effetto sul permanente può andare da piccole abrasioni, fino a vere e proprie lesioni, e alla dilacerazione; con i materiali che abbiamo oggi a disposizione, la scelta terapeutica cade quasi sempre sul restauro diretto in composito (Figg. 1a, b).
Per quanto riguarda i traumi a carico dei denti permanenti possiamo avere diversi scenari: nessun danno, piccoli crack o fratture. Il primo è quello senza conseguenze, cioè il trauma non ha apparentemente provocato danni. Dobbiamo però fare attenzione a queste situazioni e monitorare costantemente i pazienti: a volte la frattura è un fattore positivo perché permette di scaricare la forza dell’impatto, quindi può capitare che gli elementi che apparentemente non hanno risentito dell’incidente, possano nel tempo mostrare i chiari segni di una necrosi pulpare, causata dall’ischemia prodotta dal trauma.
Ogni volta che si presenta alla nostra osservazione un paziente con un trauma dobbiamo applicare un protocollo rigoroso: la prima fase è sempre l’anamnesi, utile non tanto ai fini della terapia, quanto per capire se si sia trattato veramente di un incidente, o se ci possano essere stati episodi di violenza sul paziente, in particolar modo sui minori.
Dopodiché bisogna valutare l’entità della frattura, controllare se sia presente mobilità ed eseguire un esame radiografico, sia dell’elemento sia dei tessuti molli, nel caso in cui manchi il frammento fratturato. Il test di vitalità nell’immediato non è affidabile, ma deve comunque essere effettuato, e ripetuto poi nel tempo a intervalli regolari, sia sul dente traumatizzato sia sugli elementi vicini e gli antagonisti. I controlli devono essere fatti almeno ogni sei mesi, ad eccezione di quello radiografico da fare ogni anno.
In caso di semplice crack sullo smalto, il rischio è che questo possa arrivare fino alla dentina e creare così una strada percorribile di batteri: la soluzione migliore è la sigillatura con un adesivo smalto-dentinale3.
In caso di frattura il piano di trattamento cambia; possiamo utilizzare il frammento nel caso in cui questo sia disponibile: in questi casi è importante la conservazione del pezzetto fratturato che, in mancanza di soluzione fisiologica, può essere fatta nel latte, o in situazioni di emergenza anche nella saliva stessa del paziente. In assenza del frammento, la terapia d’elezione sarà il restauro diretto, mentre si cercherà di limitare l’esecuzione di restauri indiretti; questo perché vista la giovane età del paziente, si cerca sempre di rimandare nel tempo l’utilizzo di metodiche indirette, nel tentativo di essere più conservativi possibile. Se le circostanze non permettono l’esecuzione immediata del restauro, si deve effettuare la protezione pulpo-dentinale, anche con la semplice applicazione di un sistema adesivo.
La classificazione dei traumi dentali secondo Ellis viene fatta in base alle strutture interessate dall’evento:
 

I Classe: Fratture dello smalto
La terapia d’elezione è la ricostruzione con materiali compositi.

II Classe: Fratture di smalto e dentina
Le possibili alternative sono il riattacco del frammento (se disponibile) o la ricostruzione in composito (Figg. 2a, b).

II Classe: Fratture con esposizione pulpare
Vanno dal 2 al 13% dei casi, il piano di trattamento varia in base al tempo trascorso dal trauma. Se sono passate meno di 24 ore, si può procedere con un riattacco previo prosciugamento della ferita pulpare con laser, altrimenti si pratica una pulpotomia parziale. L’incappucciamento diretto può essere effettuato con vari materiali: idrossido di calcio, MTA o adesivo smalto-dentinale. La pulpotomia parziale, invece, viene eseguita con un escavatore sterile, per una profondità di circa 2 mm; dopodiché si protegge la polpa con MTA o con uno strato di idrossido di calcio puro e si applica una ricostruzione provvisoria (Figg. 3a, b).

IV Classe: Fratture con necrosi pulpare
La terapia varia in base all’apice radicolare, che può essere maturo oppure immaturo. Nel primo caso si esegue una terapia canalare tradizionale, nel secondo bisogna mettere in atto una procedura di apecificazione per consentire la creazione di uno stop apicale.

V Classe: Avulsione
È importantissimo il fattore tempo per garantire una prognosi buona alle procedure di reimpianto. Questo può essere immediato (effettuato entro un’ora se il dente è asciutto, entro 4-6 ore se il dente è conservato in ambiente umido) oppure ritardato. Nel primo caso la procedura prevede la pulizia dell’alveolo con soluzione fisiologica, la detersione del dente con una garza sterile e il suo riposizionamento seguito da uno splintaggio per 7 giorni. Il dente deve essere tolto dall’occlusione, e dopo una settimana si esegue il trattamento canalare.
Il reimpianto ritardato ha una minore probabilità di successo, e vede tra le complicanze più frequenti l’anchilosi ed il riassorbimento radicolare; la procedura prevede la detersione dell’alveolo con fisiologica, la terapia canalare in vitro prima del reimpianto e una detersione dell’elemento con un bagno di 20 minuti in una soluzione al 2,4% di fluoruro di sodio. Infine, il dente viene riposizionato, splintato per 6 settimane e tolto dall’occlusione.

VI Classe: Fratture radicolari
Orizzontali: in realtà sono prevalentemente oblique, ma la linea di frattura è totalmente sottogengivale. Se il dente è asintomatico e immobile non si esegue alcun trattamento, altrimenti si riposiziona il frammento e lo si splinta per 4-6 settimane. La guarigione può essere completa con apposizione di tessuto duro da parte delle cellule pulpari, oppure con tessuto connettivale; in alcuni casi non si ha guarigione a causa dell’infezione della rima di frattura. Le possibili complicanze sono: riassorbimento interno del canale, riassorbimento osseo e obliterazione del canale.
Verticali: se la posizione della frattura lo consente, si può eseguire un allungamento di corona clinica (chirurgico o estrusivo), altrimenti l’elemento è irrecuperabile.

VII Classe: Lussazioni
Sono spostamenti spaziali senza frattura (30-44% dei casi) e si dividono in:
_ Concussione: a seguito di un trauma frontale, causa emorragia edema del legamento; il paziente avverte sensibilità alla percussione. Si scarica l’elemento dall’occlusione ed eventualmente lo si splinta per 2 settimane.
_ Sublussazione: a seguito di un trauma violento, causa mobilità e lieve sanguinamento parodontale, con sensibilità e suono sordo alla percussione; il test di vitalità non è attendibile, si eliminano i contatti occlusali, si splinta per due settimane si ripetono i test di vitalità per almeno 2 anni.
Lussazione intrusiva: a seguito di un trauma assiale, con compressione e lacerazione del legamento e del fascio vascolo-nervoso. Presenta un tipico suono metallico alla percussione, l’elemento non è mobile, è dislocato ed il test di vitalità è negativo; negli adulti si esegue un’estrusione ortodontica, negli elementi ad apice immaturo non si interviene e si controlla nel tempo.
Lussazione estrusiva laterale: totale lacerazione delle fibre del legamento, con estrusione del dente o spostamento laterale. Si ha una forte mobilità, evidente allargamento dello spazio parodontale in radiografia e test di vitalità negativo; gli elementi devono essere riposizionati e splintati per 2 settimane, ed eventualmente trattati endodonticamente.

VIII Classe: Fratture coronali totali
In questi casi la terapia è multidisciplinare: è necessario un primo esame endodontico e parodontale per valutare le possibilità di recupero della radice residua; dopodiché le considerazioni dal punto di vista restaurativo indirizzeranno il piano di terapia verso eventuali procedure di allungamento di corona, in modo da agevolare l’esecuzione delle metodiche ricostruttive.

IX Classe: Traumi a carico dei denti decidui:
Come già anticipato, l’unico rischio di un trauma a carico dei decidui, è l’effetto che questo può avere a danno del permanente sottostante.

I traumi dentali possono essere quindi molto gravi per i pazienti che li subiscono, ma i nuovi materiali compositi e gli adesivi smalto-dentinali permettono all’odontoiatra di affrontare serenamente gran parte delle situazioni, con soluzioni molto più conservative rispetto al passato; inoltre consentono di offrire risultati molto soddisfacenti anche dal punto di vista estetico.
Ad oggi, eseguire un restauro funzionalmente ed esteticamente corretto è un procedimento alla portata di tutti, purché si seguano alcune semplici regole:
_ rispetto dell’anatomia,
_ buona integrazione marginale,
_ conoscenza e rispetto delle zone di opacità/traslucenza,
_ conoscenza e rispetto del colore,
_ lucidatura e tessitura di superficie.

Dal punto di vista tecnico, il dente non va preparato, ma si devono solamente regolarizzare i margini con un micro chamfer vestibolare e una spalla palatale. Dopo aver applicato il sistema adesivo scelto (naturalmente sotto diga di gomma) si procede con la stratificazione. Nel caso in cui si disponga di una mascherina guida in silicone (preparata su una ceratura, o direttamente in bocca), questa sarà un ottimo ausilio per l’applicazione del primo strato di smalto palatale. In questa fase bisogna fare attenzione a non lasciare una zona troppo traslucente nelle vicinanze del margine di preparazione: questo porterebbe alla comparsa del fastidioso “rigo grigio” generato dall’oscurità che traspare dal cavo orale. Per evitare che ciò accada può essere utile applicare una massa opaca per costituire la parte più apicale della parete di smalto palatino.
Successivamente, con l’aiuto di matrici trasparenti vengono creati i margini interprossimali, seguiti dagli apporti di dentina opaca con desaturazione della tinta; i materiali odierni ci permettono di limitare il numero di colori utilizzati, e di coseguenza il numero di strati, con un notevole aumento della semplicità di utilizzo. Il clinico deve porre grande attenzione al rispetto dell’anatomia dentale (macro e microscopica), con particolare riguardo alle differenze tra zone opache e traslucenti; un errore in questi parametri è molto più grave rispetto a un errore cromatico. Alla fine della stratificazione è essenziale mantenere alta la concentrazione per le procedure di rifinitura e lucidatura che sono altrettanto importanti.
La semplificazione della tecnica ci consente di eseguire sempre la stessa procedura, e questo è l’unico modo per garantire una certa ripetibilità dei risultati.
Naturalmente in caso di frattura traumatica, c’è la possibilità di utilizzare il frammento appena fratturato per eseguire il restauro; il primo a proporne il riattacco con tecnica adesiva è stato Simonsen4, che eseguiva un bisello nello spessore dello smalto (dopo l’avvento dei compositi fotopolimerizzabili) sia sul dente che sul frammento prima di riattaccarlo (Fig. 4).
Nel 1985 il prof. Romano Grandini propone una variante della tecnica5 nella quale il bisello viene effettuato dopo aver incollato il frammento.
In uno studio pubblicato nel 20116 sono state analizzate varie metodiche di riattacco del frammento, confrontando diversi materiali e due tecniche.
I quattro materiali utilizzati nello studio erano: solo adesivo, composito flowable, composito riempito e cemento resinoso. Per ognuno di questi gruppi, metà dei denti sono stati semplicemente riattaccati, nell’altra metà è stato eseguito un bisello post-riattacco, sul quale è stato poi applicato nuovamente del mordenzante, un sistema adesivo e uno strato di composito.
I campioni erano stati sottoposti allo shear bond stregth test, e i risultati analizzati statisticamente. Il materiale non ha alcuna influenza sulla resistenza, mentre la tecnica è molto rilevante. Nei campioni senza bisello, la frattura avveniva quasi sempre per distacco del frammento, mentre nei campioni con bisello post-riattacco questa si spostava alla giunzione smalto-cemento, suggerendo che tale tecnica possa restituire al dente la sua integrità.
Alla luce di questi risultati si può affermare che nei casi in cui sia possibile, il riattacco del frammento deve essere la tecnica di elezione; in tempi in cui si parla tanto di odontoiatria minimamente invasiva, non c’è niente di più conservativo e biocompatibile del frammento che si è appena fratturato. Nell’eventualità in cui ciò non fosse possibile, i materiali moderni ci permettono di lavorare con tranquillità, e con la certezza di poter offrire ai nostri pazienti un risultato funzionalmente ed esteticamente di alto livello, con notevole risparmio biologico ed economico. Nei casi più gravi, nei quali sia necessario eseguire una terapia endodontica, possiamo confidare nelle proprietà dei perni in fibra; senza ulteriore sacrificio di dentina si sceglie il perno più adatto al canale trattato e si ricostruisce l’elemento, sia esso un restauro diretto o un core pre-protesico (Fig. 5).
 

Bibliografia
1. Gupta S, Kumar-Jindal S, Bansal M, Singla A. Oral Patol Oral Cir Bucal. 2011 Nov 1;16(7):e960-5. Prevalence of traumatic dental injuries and role of incisal overjet and inadequate lip coverage as risk factors among 4-15 years old government school children in Baddi-Barotiwala Area, Himachal Pradesh, India.
2. Manuale di traumatologia dento-alveolare Caprioglio, Manna, Paglia 1996.
3. Ravnn JJ. Follow-up study of permanent incisors with enamel cracks as a result of acute trauma Scand J Dent Res 89:117-123 et 213-217, 1981.
4. R.J. SIMONSEN. Traumatic fracture restoration: an alternative use of the acid-etch technique. Quintess. Intern.: 2,15-21; 1979.
5. Grandini R, Pagni L, Pagavino G, De Fraia E. Utilizzazione del frammento coronale nella riparazione delle fratture dei denti anteriori. Quint Int Dent Digest 10: 839-845 et 925-933, 1985.
6. Chazine M, Sedda M, Ounsi HF, Paragliola R, Ferrari M, Grandini S. Evaluation of the fracture resistance of reattached incisal fragments using different materials and techniques. Dent Traumatol. 2011 Feb;27(1):15-8. doi: 10.1111/j.1600-9657.2010.00951.x.
 

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 4 di Cosmetic Dentistry Italy 2012.

 

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