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TC Cone Beam e scanner in ortognatodonzia: dalla diagnosi al manufatto

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Fig. 3 - Modello digitale.
G. Farronato, F. Bellincioni, M. Colombo, D. Falzone, S. Lombardo, G. Passaler, G. Santamaria

G. Farronato, F. Bellincioni, M. Colombo, D. Falzone, S. Lombardo, G. Passaler, G. Santamaria

mar. 14 dicembre 2010

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La diagnosi ortognatodontica ha come scopo l’individuazione di alterazioni dento-scheletriche e funzionali nel complesso cranio-maxillo-facciale. Si avvale di varie procedure, e fra queste lo studio cefalometrico riveste un ruolo di particolare importanza.

Parte I: Cefalometria tridimensionale
di G. Farronato, F. Bellincioni, M. Colombo

 

La diagnosi ortognatodontica ha come scopo l’individuazione di alterazioni dento-scheletriche e funzionali nel complesso cranio-maxillo-facciale. Si avvale di varie procedure, e fra queste lo studio cefalometrico riveste un ruolo di particolare importanza.
L’analisi cefalometrica tradizionale utilizza radiogrammi rilevati nelle tre proiezioni del cranio, ossia la teleradiografia latero-laterale, postero-anteriore e assiale, coadiuvate dall’utilizzo della ortopantomografia.
Queste radiografie, tuttavia, sono proiezioni bidimensionali di un corpo tridimensionale. Tale sistema è quindi già riduttivo in partenza, e diviene ancora più inadeguato poiché le misurazioni cefalometriche esaminano ogni dimensione singolarmente, tralasciando le correlazioni tridimensionali con le altre due, mentre spesso coesistono alterazioni dentofacciali differenti che coinvolgono tridimensionalmente le strutture anatomiche.
L’analisi cefalometrica tradizionale presenta quindi dei limiti. Questi sono:
- errori di proiezione radiografica, come ingrandimenti e distorsioni;
- errori insiti nel sistema di misurazione, dovuti all’intervento umano;
- errori nell’identificazione dei punti di repere, dovuti alla sovrapposizione di strutture anatomiche e alla bassa nitidezza oltre che alla scarsa riproducibilità;
- limite della bidimensionalità cefalometrica, in quanto si utilizzano esclusivamente 2 dimensioni per volta, ignorando la terza(1).

L’introduzione recente in campo odontoiatrico della TC a basso dosaggio, chiamata Cone Beam in quanto – a differenza della tradizionale TC che ha un fascio a ventaglio (Fan Beam) – utilizza un fascio conico di raggi X, insieme alla sempre più elevata velocità di calcolo del computer, ha permesso la diffusione di questo dispositivo in molti campi odontoiatrici, compresa l’ortodonzia(2) (Fig. 1).

L’utilizzo della TC Cone Beam nella diagnosi ortognatodontica è giustificato dal fatto che la dose efficace di un esame effettuato con CBCT è correlabile a uno studio cefalometrico completo tradizionale, ed è 20 volte inferiore ad un esame effettuato con TC Multislice(3) (Tab. 1).
Nel Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche dell’Università degli Studi di Milano si utilizza, per l’analisi cefalometrica, un nuovo metodo tridimensionale semplice, ripetibile e in grado di ridurre notevolmente gli errori operatore-dipendente(4).
Questo metodo, ideato dalla Scuola di Ortognatodonzia di Milano, usa 18 punti, di cui 10 mediani e 8 laterali omologhi, identificati su una sezione TC dei tessuti duri e successivamente verificati sulle due rimanenti, un ulteriore controllo è stato effettuato sul rendering del volume generato dal software SimPlant OMS (Materialise).
Da questi 18 punti scaturiscono 36 misurazioni, che forniscono informazioni sagittali, verticali e trasversali (Fig. 2).
Presso la Scuola di Specializzazione di Ortognatodonzia di Milano è in corso la selezione delle prime classi scheletriche normovertibite da un campione di circa 500 TC Cone Beam, secondo la cefalometria tradizionale di Giannì.
Fino ad ora sono stati selezionati 44 casi. Il campione è stato successivamente analizzato con la cefalometria tridimensionale. I risultati ottenuti ci hanno permesso di individuare i range di valori per ogni misurazione attribuibili a pazienti normali (Tab. 2).
La tecnica tridimensionale supera i limiti dell’analisi bidimensionale, tramite:
- una rappresentazione effettiva della realtà, senza distorsioni, annullando il problema della prospettiva;
- un limitato errore dovuto all’intervento umano, in quanto è il computer a effettuare le misurazioni necessarie;
- semplicità e ripetibilità nell’identificazione dei punti di repere, in quanto si lavora utilizzando le strutture anatomiche come nella realtà, senza sovrapposizioni, o problemi di costruzione geometrica;
- possibilità di effettuare analisi cefalometriche utilizzando le 3 dimensioni;
- potendo valutare le alterazioni dento-scheletriche in ogni direzione dello spazio e attuare quindi una corretta terapia.

Parte II: Programmazione ortodontico-chirurgica digitale
di G. Santamaria, D. Falzone, G. Farronato

L’introduzione delle tecnologie d’imaging 3D sta rivoluzionando la fase di pianificazione del trattamento ortodontico-chirurgico.
L’ausilio del computer, integrato con software dedicati, rende la procedura precisa, veloce e soprattutto ripetibile.
La programmazione 3D virtuale si articola nelle seguenti fasi:
- TC Cone Beam;
- Impronta di Precisione;
- Cera con i Reperi o Reference Aligner;
- Scansione dDei Modelli;
- Interfaccia CBCT- Modello Digitale.

È così possibile realizzare il VTO chirurgico virtuale e il set up ortodontico virtuale.
Le impronte di precisione sono rilevate utilizzando i polivinilsilossani (PVS), materiali che consentono un’elevata precisione dei dettagli e che permettono una doppia colatura del modello in gesso. La doppia colatura dei modelli è necessaria poiché, ai fini di una corretta scansione, sono necessari un modello integro e i singoli elementi dentari ricavati da un secondo modello. La scansione dei singoli elementi consente una corretta analisi dei punti di contatto.
La scansione ottica dei modelli viene effettuata mediante l’utilizzo di uno scanner a luce strutturata , il quale genera un’immagine digitale 3D catturata da una telecamera.
Si genera una nuvola di punti, elaborata dal programma di gestione dello scanner, che effettua i calcoli delle coordinate dei punti acquisiti e crea l’immagine 3D(5) (Fig. 3).
La fase successiva consiste nell’interfacciare il modello digitale delle arcate dentarie alla CBCT, il che permette un’analisi molto precisa delle strutture ossee (CBCT) e dentarie (scansione del modello): infatti la sola TC Cone Beam non fornisce dati sufficienti per una dettagliata rappresentazione degli elementi dentari, necessaria per la realizzazione del set up ortodontico(6) (Fig. 4).
Per consentire una corretta sovrapposizione dei due records è stata ideata una cera di masticazione dotata di tre punti di repere chiamata refence aligner, che deve essere rilevata sul paziente contestualmente all’esecuzione delle impronte di precisione.
La reference aligner è costituita da una cera rigida di tipo MOICO extra hard, da un arco di sostegno e da tre sfere. Le sfere sono costituite da vetro calcico, che è un materiale radiopaco.
La cera è indossata dal paziente durante l’esecuzione della CBCT ed è poi interposta tra le arcate del modello in gesso durante la scansione ottica (Fig. 5).
È importante sottolineare che lo spessore minimo della cera non altera la validità dell’esame radiografico e di conseguenza i risultati della cefalometria da esso ricavati.
Un software riconosce le sfere (reperi) presenti sulla CBCT, ne individua il diametro e lo sovrappone alle sfere presenti sul modello. Attualmente, tale metodo è l’unico che permette la sovrapposizione con un margine di errore inferiore al decimo di millimetro(7).
Una volta acquisite e coordinate le immagini, è possibile eseguire ogni tipo di analisi in vista del trattamento chirurgico.
I software utilizzati sono dotati di potenti strumenti di segmentazione che permettono di separare il complesso maxillo-facciale dalla mandibola ricavando due immagini distinte. Tale possibilità è di fondamentale importanza nella programmazione ortodontico-chirurgica per la previsione degli spostamenti delle basi ossee.
Il clinico può selezionare i tessuti che devono essere spostati, con una procedura simile a quella manuale. È possibile, ad esempio, selezionare le linee osteotomiche e simulare un avanzamento o un arretramento mandibolare, spostando avanti o indietro la mandibola rispetto al mascellare superiore, determinando millimetricamente l’entità dello spostamento necessario per ottenere la correzione della disgnazia (Fig. 6).
Effettuata la correzione scheletrica, è possibile realizzare un set up dentale ortodontico 3D e visualizzare in tal modo la correzione dentaria al termine del trattamento.
Infine, riportando le basi ossee ( e le arcate dentarie con il set up finale) nella posizione iniziale della disgnazia, avremo il modello ideale da raggiungere con la terapia ortodontica prima del trattamento chirurgico: su tale modello è possibile costruire, con tecnica CAD/CAM delle mascherine di guida per verificare il raggiungimento degli obiettivi ortodontici pre-chirurgici(8).
La chirurgia virtuale ha un duplice obiettivo: verificare che i movimenti siano possibili; posizionare i modelli secondo rapporti necessari per la costruzione degli splint chirurgici, che saranno usati durante l’intervento.
La sovrapposizione dei modelli delle arcate digitali permette di ridurre le fasi durante la programmazione, poiché non è necessario rilevare l’arco facciale né effettuare il montaggio in articolatore. Tutti i dati possono essere, infatti, ricavati dall’interfaccia CBCT- scansione dei modelli.
L’orientamento della ricerca scientifica è improntato verso l’implementazione del sistema mediante lo sviluppo di scanner intra-orali, che consentiranno di rilevare direttamente le impronte tridimensionali delle arcate dentarie, escludendo lo step della presa delle impronte che, per quanto preciso, non è privo di errori(9,10).
L’applicazione di questi software è complessa, ma vantaggiosa, poiché migliora la tecnica ortodontica e chirurgica e garantisce un’ottima qualità del risultato finale.
La possibilità di rendere le procedure computer-dipendenti, infatti, garantisce la standardizzazione e una grande facilità di controllo contrariamente alle tecniche tradizionali che sono operatore-dipendenti e, per definizione, maggiormente soggette a imprecisioni.

Parte III: Realizzazione di apparecchiature multibracket customizzate
di S. Lombardo, G. Passaler, G. Farronato

Nella programmazione ortodontico-chirurgica virtuale, quando sia stato effettuato il riposizionamento delle basi ossee nella loro posizione ideale, è possibile procedere alla realizzazione del set-up ortodontico digitale.
I software sviluppati recentemente per la realizzazione degli spostamenti dentari, eseguono la segmentazione dei singoli elementi in modo automatico. Il clinico ha così la visione 3D dei rapporti dento-alveolari ed è in grado di variare il tip e il torque, di ruotare e traslare gli elementi dentari nei tre piani dello spazio, e simulare in questo modo il trattamento ortodontico.
Per visualizzare in modo diretto e immediato gli obiettivi prefissati dalla terapia ortodontica prechirurgica, il software propone due immagini sovrapposte con due colori diversi, una rappresentante la situazione iniziale, l’altra rappresentante la situazione ideale da raggiungere (Figg. 7, 8).
Si crea così un set-up digitale che tiene conto di tutti i parametri necessari ad ottenere un’occlusione che sia funzionale.
Il primo passo per la realizzazione di bracket customizzati è possibile grazie allo sviluppo di una sistematica CAD/CAM(11,12).
La tecnologia CAD/CAM consiste di due fasi: una fase di progettazione CAD (Computer Aided Design), e una fase di produzione CAM (Computer Aided Manufacture)(13) effettuata mediante computer che forniscono istruzioni di movimento a macchine utensili, permettendo in questo modo la realizzazione dei prodotti finiti(6).
È opportuno ricordare che queste macchine possono lavorare per asportazione (fresatori CNC o torni CNC) o per apposizione (stereolitografia), stampa 3D per materiali plastici/compositi, o sinterizzazione laser (SLS) e fusione laser (SLF) per i materiali metallici.
La caratteristica che rende individuale il bracket, e permette quindi un trattamento individualizzato, è la sua base. Questa viene disegnata sul software CAD e posizionata al centro ideale della superficie del dente; a questo punto il computer ci permetterà di ottenere il disegno del bracket personalizzato (Figg. 9, 10).
È possibile distinguere, nel progettare il design del bracket, una personalizzazione parziale e una totale: con la prima si intende la possibilità di personalizzare, nella dimensione e nella forma, la porzione che si interfaccia con la superficie del dente. Questo tipo di bracket presenta un angolo standard rispetto alla porzione non personalizzabile dei twins del bracket. Con la seconda, invece, è possibile personalizzare anche l’angolo tra la base del bracket e la porzione contente i twins. Quest’ultima è la condizione ideale da raggiungere, poiché i parametri spaziali degli elementi dentari rispetto al piano occlusale variano in funzione delle classi dentarie.
Una volta conclusa la fase di progettazione, i bracket sono pronti per essere realizzati dalla macchina utensile.
Tali macchine, dovendo realizzare dispositivi ortodontici di piccolissime dimensioni quali i brackets, devono usufruire di condizioni standardizzate e ripetibili per poter garantire la massima precisione e ridurre la percentuale di errore. Per tale ragione, esse saranno tanto più grandi e complesse quanto maggiore è la precisione richiesta.
È d’obbligo, inoltre, disporre di un ambiente dedicato in cui i pavimenti siano rivestiti di un materiale ammortizzante che consenta di stabilizzare le frese e annullare almeno in parte le vibrazioni.
È inoltre necessario l’impiego di frese di diametro molto piccolo, quantificabile nell’ordine del millesimo di millimetro. Ad esempio, considerando che la fresa di diametro più piccolo può asportare tre centesimi a passaggio, sono necessari circa 3-4 passaggi per eseguire il solco della mesh sulla superficie della base del bracket che si interfaccia con l’elemento dentario (Fig. 11).
Il progresso tecnologico rappresentato dalle tecniche CAD/CAM che abbiamo descritto, è determinato dalla digitalizzazione(14) del design e dalla produzione computer-dipendenti. I vantaggi che ne conseguono, risiedono in primo luogo nel miglior controllo del ciclo produttivo e nella significativa riduzione di errori e imprecisioni operatore-dipendenti, in secondo luogo nella possibilità di utilizzare materiali sofisticati altrimenti non lavorabili con tecniche tradizionali quali, ad esempio, il titanio grado 5(15).
 

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