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Riabilitazione superiore a supporto osteo-mucoso contrapposta a overdenture ritenuta e sostenuta da impianti

L’evidenza di successo ha portato a un consenso per una proposta uniformata di overdenture ancorata a due impianti.
U. Torquato Gritti, D. Vrespa, A. Buongiovanni, G. Riva

U. Torquato Gritti, D. Vrespa, A. Buongiovanni, G. Riva

lun. 6 febbraio 2017

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Il miglioramento delle condizioni di vita nel mondo occidentale e i progressi della medicina hanno contribuito ad aumentare l’età media della popolazione. La contemporanea evoluzione della profilassi in odontoiatria ha determinato, inoltre, l’innalzamento dell’età in cui l’edentulismo si manifesta.

Contrariamente a quanto il progresso della scienza dentale può portare a dedurre, viene registrato un aumento della fascia di popolazione interessata a una riabilitazione totale su base edentula. Ad esempio, da una analisi statistica effettuata negli Stati Uniti nel 1991, 33,6 milioni di persone necessitavano di protesi totale; si presume inoltre che entro il 2020 quel numero salirà a 37,9 milioni di adulti (Fig. 1). Secondo l’Ufficio censimenti americano nel 2005 erano presenti 5 milioni di anziani sopra gli 85 anni, con previsione di aumento nel 2020 a 20 milioni1. La situazione non è differente in Europa, dove alcuni autori riportano dei dati nei quali si pone intorno ai 65 anni di età il punto di pareggio fra riabilitazioni fisse e mobili (Fig. 2). Con il progredire dell’età la protesi rimovibile diventa sempre più protagonista nei trattamenti protesici, specialmente in soggetti che vivono in uno status socio-economico, d’istruzione e reddito bassi2.
Sia la congiuntura economica sia l’aumento dei flussi migratori hanno reso necessario il doversi riavvicinare a procedure operative non eccessivamente influenti sui bilanci familiari.
Portare una protesi rimovibile sia a supporto osteo-mucoso sia a supporto implantare non è più sinonimo di invecchiamento come era in passato e forse uno degli scopi che dobbiamo tenere presente quando costruiamo una protesi non è più solo migliorare la funzione masticatoria, ma anche riuscire a dare l’illusione che sia una dentatura naturale (Fig. 3).
Il successo funzionale di una riabilitazione con protesi totale, come già visto, è dipendente da molteplici fattori. Clinicamente, accanto alla corretta relazione intermascellare fra le due arcate e alla disposizione statica degli elementi dentari, è soprattutto la tenuta del manufatto protesico, a essere decisiva per una migliore incorporazione della protesi da parte del paziente. Generalmente in caso di edentulia, è considerata una premessa per una buona tenuta avere una cresta alveolare con base larga, pareti laterali ripide e una mucosa non troppo sottile e resiliente. Una cresta ossea ben conservata rappresenta per la protesi una buona ritenzione meccanica rispetto alle forze orizzontali.
Con una cresta completamente piatta, invece, manca ogni tipo di ritenzione: è evidente che in tale condizione i meccanismi fisici di adesione e coesione, e la funzione muscolare rivestono una particolare importanza (Fig. 4).

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Da ciò si evince la presenza di fattori fisici che condizionano la possibilità che una protesi totale rimovibile, priva di qualsiasi tipo di ancoraggio meccanico, possa rimanere aderente alla mucosa; tali fattori si distinguono in forze di adesione e coesione.
Queste forze sono presenti nell’interfaccia tra protesi e mucosa, raggiungono la massima espressione quando la superficie della protesi è la più estesa possibile e lo spazio tra base protesica e mucosa è sottile.
Il successo del trattamento con protesi a supporto osteo-mucoso è variabile e dipende dal fatto che il paziente mostri capacità di adattamento sufficienti a superare le molte limitazioni delle stesse3. Quindi l’adeguarsi alla protesi mobile dipende dalla misura in cui il paziente è in grado di sviluppare nuovi riflessi condizionati. Tale capacità si riduce con l’aumentare dell’età. Ciò comporta in questi soggetti una riduzione della capacità di adattamento e affrontare qualsiasi intervento nel cavo orale rappresenta un episodio in grado di minacciare la loro integrità fisica e psichica. Un certo numero di fattori contribuisce alla soddisfazione del portatore di protesi, la masticazione, la fonetica il disagio4.
Inoltre, i portatori di protesi convenzionali riferiscono difficoltà a mangiare cibi di una certa consistenza, l’abitudine di evitarli è una menomazione ben descritta5 (Fig. 5). Per aumentare l’efficienza masticatoria l’utilizzo di impianti a livello mandibolare ha portato a un indiscusso beneficio. Tuttavia ci sono poche valutazioni oggettive pubblicate riguardo ai benefici relativi dell’uso di impianti nelle protesi mandibolari, rispetto alla tecnica convenzionale6 (Fig. 6). Tali studi consentirebbero di prendere decisioni più razionali riguardo alla prassi migliore nell’uso di questa modalità terapeutica, in linea con le vedute attuali della cura basata sull’evidenza e sulle richieste e necessità del paziente. L’evidenza del successo biologico e della soddisfazione psicosociale hanno portato un consenso sul fatto che per chiunque abbia una mandibola edentula sia da raccomandare una overdenture su due impianti7.
Tuttavia, questa opinione come standard di cura è stata messa in dubbio, alcuni autori sostengono che l’evidenza non conferma l’asserzione che gli impianti siano necessari o consigliabili per tutti gli edentuli portatori di protesi. La letteratura dimostra che l’accettazione del paziente di modalità terapeutiche specifiche è modificata da influssi sociali e culturali, risorse finanziarie e capacità di adattamento. Inoltre non c’è evidenza di un’unica modalità di trattamento per la mandibola edentula8. È indubbio che l’utilizzo di impianti, specialmente a livello mandibolare, permette di ancorare le protesi mobili migliorandone notevolmente stabilità e ritenzione (Fig. 6).
La domanda che sorge spontanea può essere questa: quanti impianti dobbiamo inserire nella mandibola? È meglio solidarizzarli fra loro?
La soddisfazione del paziente riguardo alla forma più semplice di supporto – due impianti con un sistema di attacco a due sfere – non è significativamente differente da quella data da due o quattro impianti con barra di collegamento9. Quindi la scelta di collegare gli impianti può essere la mancanza di parallelismo, se si decide che l’utilizzo di barre è necessario per fare una distinzione.
Una classificazione10,11 distingue le overdenture ad appoggio mucoso implanto-ritenute da quelle interamente sostenute da impianti. Le prime rappresentano una soluzione adatta a pazienti che già possiedono una protesi totale convenzionale, ma lamentano problemi di stabilità o ritenzione dissociati dalla bontà del manufatto stesso; in questo caso sia gli impianti (da un minimo di 2 fino a 4) sia i tessuti mucosi e duri del paziente concorrono al raggiungimento dei requisiti sopra esposti, diminuendo al tempo stesso i costi rispetto a dispositivi basati su barre fresate. Differenti tipi di attacchi permettono di fissare l’overdenture alle fixture implantari; si tratta di sistemi di ancoraggio resilienti che garantiscono modesti movimenti verticali e rotatori della protesi (Figg. 7a-c).
Il sistema con barre utilizzato in questo tipo di protesi impiega tipicamente l’architettura della barra tonda o di Dolder. Sia le barre tonde sia i sistemi di ancoraggio non collegati fra di loro, non hanno mostrato differenze cliniche nella soddisfazione del paziente e nelle percentuali di sopravvivenza implantare12. È comunque necessaria una manutenzione post-inserzione che è ininfluente se gli impianti sono o no splintati13. Al secondo gruppo appartengono le overdenture sostenute da impianti, in genere ancorate su barre fresate; queste ultime ricevono le sollecitazioni funzionali senza che vi sia un contatto diretto fra protesi e tessuti osteo-mucosi.

La protesi è removibile ma rigidamente adattata alla barra, in modo tale che i suoi movimenti laterali e rotatori sono limitati. Inoltre, la completa distribuzione dei carichi masticatori solo sulle fixture è utile al mantenimento dei livelli ossei e dell’integrazione implantare (Figg. 8a-c). Contrariamente alle modalità di trattamento resilienti a supporto mucoso che impiegano barre tonde, una overdenture ancorata a una barra fresata supportata da impianti impedisce il movimento rotazionale della protesi14. Ulteriori differenze fra le due tipologie di overdenture risiedono nelle caratteristiche di costruzione e mantenimento da parte dell’odontoiatra; infatti, le protesi con barre fresate richiedono una realizzazione tecnica più complessa ma eliminano la problematica della sostituzione degli attacchi resilienti.
L’utilizzo di una protesi implanto-supportata nella mandibola si può considerare un’opzione di trattamento fattibile per pazienti che richiedono vantaggi clinici simili a quelli di una protesi fissa ma che richiedono anche i vantaggi di una protesi rimovibile15.
Per la mandibola si può concludere che la perdita ossea, la soddisfazione del paziente le complicazioni protesiche, sono indipendenti dal numero di impianti. Da ciò si evince che non è possibile stabilire quale sia il numero ottimale di impianti per una overdenture implanto-sostenuta16. Inoltre, l’uso di impianti nella mandibola, con una protesi convenzionale utilizzata per restaurare il mascellare superiore, fornirà probabilmente condizioni che garantiscono il massimo successo. Non solo gli impianti nella mandibola hanno una percentuale di successo più alta di quelli nel mascellare superiore, ma la contrapposizione a una protesi a supporto osteo-mucoso limiterà il carico al quale l’implanto-protesi è soggetta.
Nelle riabilitazioni di pazienti edentuli, non abbiamo parametri clinici che ci possono guidare durante il trattamento, come in protesi fissa (Figg. 9a-b). Una volta individuata la posizione spaziale del gruppo frontale, e stabilite quindi estetica e fonetica del paziente, un ruolo cardine sulla scelta del tipo di riabilitazione lo riveste la dimensione verticale o, meglio, lo spazio inter-arcata disponibile. Alcuni autori hanno riassunto le possibilità terapeutiche e il tipo di riabilitazione protesica ottimale a seconda della distanza tra il mascellare e l’arcata mandibolare, proponendo una classificazione, che considera la dimensione verticale disponibile per la riabilitazione, definito come la distanza fra mucosa e margine incisale e occlusale dei denti correttamente posizionati (spazio protesico)17. Questi parametri, che vengono molto spesso ignorati durante la fase diagnostica, sono fondamentali per determinare il successo sia estetico sia funzionale della riabilitazione da noi scelta. Nel casi in cui è disponibile uno spazio protesico ampio (classe 1 spazio maggiore o uguale a 15 mm), scegliendo una riabilitazione protesica fissa tradizionale si andrebbe incontro a un’estetica sgradevole, ad esempio denti lunghi e mancato supporto labiale con un profilo vecchieggiante. Nel caso invece di uno spazio protesico ridotto (classe 4 spazio protesico inferiore a 7 mm), optare per una protesi ibrida o un’overdenture, porterebbe a non avere abbastanza spazio per inserire la componentistica, con conseguente alterazione della corretta dimensione verticale o una collocazione errata del piano occlusale.
Ne consegue che la fase diagnostica determina la scelta del posizionamento implantare e la derivante forma di ancoraggio. Può risultare utile adottare, a scelta, 2 metodiche:
– rilevazione di impronte studio delle arcate edentule, con messa in articolatore dei modelli ottenuti. Le cere di registrazione forniranno il dato relativo alla posizione della linea del sorriso con il conseguente piano occlusale parallelo al piano di Camper;
– usufruire delle protesi preesistenti, valutare se e quanto la dimensione verticale e la linea del sorriso siano congrue. Utilizzare il calibro di Gutosky per rilevare la distanza fra il piano occlusale e gengivale partendo dall’interno delle ricostruzioni (Fig. 10).
Si evince pertanto come il percorso diagnostico iniziale sia fondamentale per prevenire le complicanze durante il trattamento.

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L'articolo è stato pubblicato su Dental Tribune Italian Edition, febbraio 2017.

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