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Prevenzione orale dei disordini potenzialmente maligni, uso della luce a fluorescenza

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Fig. 2 - Paziente con ulcera del bordo linguale.
Vittorio Pacini

Vittorio Pacini

mar. 21 gennaio 2020

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La displasia epiteliale è spesso osservata nel tessuto circostante il carcinoma orale a cellule squamose1 (CCS), con un tasso di trasformazione maligna dal 2,2% al 38,1%2, 3. La determinazione di aree con displasia epiteliale prima della resezione chirurgica di CCS orale è importante per ridurre il rischio di recidiva.

La visualizzazione della mucosa orale sfruttando l’autofluorescenza dei tessuti è una modalità per rilevare la displasia epiteliale. L’auto-fluorescenza utilizza l’eccitazione della luce blu per evidenziare la differenza di colore tra tessuti sani e tessuti e patologici6-7. Di recente sono stati utilizzati diversi sistemi di imaging ottico come il Visually Enhanced Lesion scope8 (VELScope®, White Rock, BC, Canada) (Fig. 1).

La mucosa orale sana ha un’autofluorescenza endogena elevata dovuta ha sostanze come il collagene, il FAD, l’elastina, e la cheratina, infatti quando una luce blu di eccitazione (lunghezza d’onda di 400–460 nm) emessa dal VELScope stimola queste sostanze endogene chiamate fluorofori, facendo loro assorbire energia luminosa, viene poi riemessa una luce di livello di energia inferiore rispetto all’energia luminosa incidente9, una luce verde con una lunghezza d’onda di 515 nm.

In presenza di patologia abbiamo cambiamenti della concentrazione dei fluorofori così come della riflessione della luce e della proprietà d’assorbimento dei tessuti. Tra i naturali fluorofori della mucosa orale stimolati dal velscope abbiamo il Flavin Adenin Dinuclotide (FAD), coenzima coinvolto nel ciclo di Krebs, correlato all’attività metabolica delle cellule, un aumento del metabolismo associato ad alto turnover delle cellule o a displasia che causa una riduzione della concentrazione del FAD con conseguente riduzione della fluorescenza. Infatti nelle cellule displasiche e/o cancerogene si ha un aumento del metabolismo con riduzione della fluorescenza. Il miglior contributo alla fluorescenza è il collagene con i suoi legami (cross-links). Quando il cancro evolve rompendo la matrice di collagene nello stroma con riduzione dei cross-links si ha una forte riduzione della fluorescenza che si modifica dal verde a nero10, 11.

In molteplici studi, è stata valutata la perdita di fluorescenza tramite un dispositivo conduttore di luce che sfruttando sistemi computerizzati e filtri ottici, permette la visione della luce a fluorescenza. Da questi studi si mette in evidenza come il VELScope mostri una grande variabilità nella precisione diagnostica; per esempio, la sensibilità variava dal 30,0% al 100,0% e la specificità variava dal 15,3% al 80,8%12, 13. L’obiettivo di questo studio è quello di determinare la sensibilità, la specificità e l’ accuratezza diagnostica del VELScope, utilizzando, successivamente all’analisi strumentale, una biopsia orale di conferma di pazienti con un sospetto di disordini potenzialmente maligni (DPM).

Studio pilota
Sono stati presi in esame 15 pazienti (6 F, 9 M; età media 60,7; range 43-77anni) afferiti presso l’ambulatorio di Odontostomatologia della casa di cura San Camillo presso l’Istituto Fortis a Forte dei Marmi diretto dal Prof. Ugo Covani; consecutivamente sono stati sottoposti ad esame clinico, esame clinico mediante VELScope, biopsia orale e successivo esame istologico.

Le lesioni orali che, all’ esame con il VELScope, hanno evidenziato una colorazione verde-mela sono state definite “VELScope negative” (VsN), mentre le lesioni che sono apparse come aree scure, sono state classificate come “VELscope positive” (VsP). Infine è stata valutata l’associazione tra variazioni nella fluorescenza della mucosa orale, sede della lesione e l’aspetto istologico (assenza di displasia, displasia lieve, moderata-severa, carcinoma invasivo) delle lesioni sottoposte ad esame bioptico (Tab. 1).

ID

Paziente

Età Sex Descrizione clinica Velscope Diagnosi istologica
 

1

 

72

 

F

 

neoformazione/epulide

 

P

K cellulare squamoso ben differenziato
 

2

 

71

 

F

eritroplachia  

P

K cellulare squamoso moderatamente differenziato
3 63 F leucoplachia N cheratosi
4 62 F leucoplachia pavimento orale P flogosi cronica nello stroma
5 77 M ulcera bordo linguale sx P displasia lieve
6 63 M da definire N epulide plasma cellulare
7 55 M leucoplachia N infiltrato infiammatorio cronico
8 43 M leucoplachia dubbio ipercheratosi/acantosi
 

9

 

47

 

M

ulcera labbro inf. N iperplasia pseudoepiteliomatosa, infiltrati infiammatori, linfoplasmacellulare
10 52 M ulcera cronica guancia N flogosi aspecifica
11 60 F leucoplachia bordo gengivale N lichen senza displasia
12 69 M leucoplachia guncia dx N lichen
13 58 M ulcera commessura labiale N intensa flogosi cronica stroma
 

14

 

75

 

M

eritoplachia guancia dx N iperplasia epidermica e marcato infiltrato infiammatorio
15 44 F leucoplachia guancia dx N Flogosi cronica

I risultati mettevano in evidenza: 15 biopsie, 4 sono state eseguite in lesioni VsP, 1 in lesione VsD (dubbio), e le rimanenti 10 in VsN. Il 100% dei campioni bioptici, istologicamente risultati DPM in assenza di displasia, si presentavano come lesioni VsN. L’unico caso di DPM con diagnosi istologica di displasia lieve si presentava come lesione VsP (Figg. 2, 3). I 2 casi di DPM con diagnosi istologica di carcinoma cellulare squamoso si presentavano come VsP. In conclusione abbiamo avuto una sensibilità del 100% e una specificità del 90%.

Discussione
La visualizzazione diretta della fluorescenza dei tessuti è uno dei potenziali approcci che può essere usato dai clinici per visualizzare e trattare lesioni scarsamente evidenti, il motivo di questo sviluppo è sempre stato quello di accrescere il processo di visualizzazione. Per questo motivo, un’ampia varietà di studi ha tentato di valutare l’efficacia del sistema VELscope come aiuto all’esame clinico standard per migliorare il rilevamento delle lesioni. Lane in uno studio su 44 persone ha avuto il 100% di specificità e il 98% in sensibilità nell’intercettare lesioni a rischio di degenerazione o degenerate14.

Gli studi condotti da Poh e coll., hanno messo in evidenza per la prima volta l’efficacia di intercettare lesioni a rischio per trasformazione carcinomatosa, e come poter guidare il chirurgo per l’escissione della neoplasia15, 16. Farah e coll. in uno studio condotto su 112 pazienti esaminati, ha evidenziato come l’esame clinico con il VELScope ha dimostrato una sensibilità del 30% e una specificità del 63%. L’accuratezza nell’identificazione della displasia era del 55%17.

Balevi afferma che non ci sono evidenze che l’uso routinario del Velscope da parte di dentisti generali possa ridurre il tasso di incidenza del CO, in quanto gli studi condotti sono stati fatti su pazienti a rischio e non sulla popolazione generale.

Huff K e coll, hanno valutato in uno studio pilota su 959 pazienti l’efficacia della luce a fluorescenza nello screening dei tumori del cavo orale in una popolazione a basso rischio svolto da odontoiatri non specialisti in patologia orale. L’autore conclude che l’utilizzo di routine della luce a fluorescenza insieme all’esame standard del cavo orale si è dimostrato utile per l’identificazione precoce di lesioni occulte potenzialmente maligne19. Questi risultati suggeriscono che un’appropriata istruzione all’utilizzo dell’interpretazione della luce a fluorescenza può influire positivamente per una prevenzione del CO.

Conclusioni
In conclusione la luce a fluorescenza è un potenziale aggiuntivo per facilitare l’individuazione di tessuti orali sospetti per forme produttive anche se un’adeguata formazione del clinico, un’attenta anamnesi del paziente, l’esame obiettivo scrupoloso e l’eventuale biopsia rimangono irrinunciabile prerequisito per la prevenzione di CO.

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