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L’uso del microscopio operatorio in odontoiatria a 360°

Foto: Esempio di posizione del primo assistente.
F. Riccitiello, G. Schianchi

F. Riccitiello, G. Schianchi

gio. 13 giugno 2013

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Perché il microscopio? In molti forum odontoiatrici si legge che il microscopio sia strumento non rilevante ai fini di una terapia odontoiatrica, a volte si può leggere che non serve, o che è ingombrante, o anche: «a me non serve perché so dove stanno i canali».

Ma non è così. Le sue caratteristiche fanno del microscopio uno strumento indispensabile per un’odontoiatria moderna, predicibile e precisa: il microscopio è uno straordinario strumento diagnostico ed operativo. Quali sono le sue caratteristiche peculiari? In primis, gli ingrandimenti, che permettono di esaltare in modo molto evidente i particolari anatomici che vengono osservati. Non di meno la visione stereoscopica e la sua luce coassiale.

Gli ingrandimenti
È ovvio che poter scegliere quanto e dove è necessario “vedere grande” è di fondamentale importanza nel lavoro di tutti i giorni. Con 10, 20, 30 ingrandimenti e oltre si possono apprezzare particolari altrimenti impossibili da vedere a occhio nudo o con altri mezzi. Il rapporto tra il valore più alto e quello più basso dell’ingrandimento si chiama “rapporto d’ingrandimento” e può essere usato attraverso un apparato manuale a cinque scatti, con uno zoom sempre manuale oppure motorizzato, o volendo con un controllo a pedale.
La visione stereoscopica
Innanzitutto poter vedere la stessa immagine con entrambi gli occhi (visione stereoscopica) non è irrilevante, in questo modo è possibile avere un controllo preciso dei nostri strumenti e delle nostre manovre. Usando la collimazione delle lenti dei due oculari entrambi gli occhi focalizzano nella stessa maniera un qualunque particolare. Abbiamo una maggiore precisione nel determinare la dimensione e la profondità dell’oggetto che osserviamo.
Quello che spesso capita usando occhiali ingrandenti, che sono sicuramente un valido ausilio per il nostro lavoro, è l’osservare con un solo occhio, avendo l’altro puntato magari su una parte dello zigomo del paziente, così siamo costretti a mettere a fuoco il campo operatorio con continui movimenti della testa.
Abbiamo sicuramente un’illuminazione minore (che deriva dalla luce della poltrona), non coassiale durante la fasi operative, e un minore potere ingrandente (l’ingrandimento è fisso).
Tutto questo, invece, usando il microscopio, unico ausilio ingrandente statico e autonomamente illuminato con varie tipologie di ingrandimento, non succede.
La luce coassiale
Supponiamo di voler guardare all’interno di un tubo cilindrico scuro: l’unica possibilità che abbiamo è stare al di sopra di esso con una luce diretta verso l’interno che, collimata, illumina il suo interno. È questo il concetto di base del microscopio e della luce coassiale: focalizzare la visione e la luminosità su un punto e noi al di sopra ad osservare attraverso gli oculari.
È fondamentale averne la focalizzazione nel punto che noi desideriamo illuminare, modulandola secondo le nostre esigenze. La luce può essere di vari tipi. Vediamo quali.
La luce calda
Il microscopio a luce calda dispone di una lampada alogena, montata direttamente sul microscopio o su una fonte esterna e trasmessa al corpo macchina attraverso una fibra ottica. Permette di avere una potenza luminosa variabile da 5.400 lux a 120.000 lux. All’interno è incorporata anche la lampada di emergenza che può essere facilmente attivata in caso di necessità tramite un pulsante deviatore. Ha una temperatura di 3.500 °K.
La luce fredda
Genera circa 250.000 lux con una illuminazione a fibra ottica. Il gruppo delle lampade è all’interno del braccio e quindi il calore è lontano dalla testata che risulta essere appunto fredda. Ha una temperatura vicina ai 5500 °K. Oggi possiamo disporre di altre innovazioni quali le luci a led, allo xenon o metal hide, che offrono una potenza decisamente elevata.In sintesi: più ingrandimento, più luce, percezione visiva completa significano maggiore precisione che viene tradotta con una minore possibilità di incorrere nell’errore e di conseguenza nell’insuccesso. Non da ultimo, importantissimo è poter lavorare seduti e con una corretta postura della schiena, come vedremo più avanti.
Come è fatto un microscopio (Fig. 1)?
Gli oculari
Debbono essere sicuramente montati su portaoculari inclinabili 0-180/270°, per poter essere orientati nella maniera più conveniente durante un intervento operativo. I più usati comunemente sono il 10x ed il 12,5x.
L’unità di ingrandimento
Ha caratteristiche diverse a secondo delle case costruttrici, ma è il cuore degli ingrandimenti, da qui possiamo regolare il valore più consono dell’ingrandimento, come già riportato sopra.
Obiettivo
Vengono inseriti nella parte inferiore della testata e sono classificati in base alla distanza di lavoro espressa in millimetri (corrispondente alla distanza di lavoro che impongono durante le fasi operative). Quelli più usati sono: 200 mm, 250 mm, 275 mm, 300 mm, 400 mm. La qualità delle lenti è, ovvio, importantissima per non affaticare la vista dell’operatore durante sedute di lavoro che a volte sono lunghe. Le migliori lenti sono quelle apocromatiche.
Unità d’illuminazione
Se ne è parlato diffusamente sopra.
Una delle peculiarità del microscopio è quella di poter documentare i casi in trattamento attraverso foto o filmati, a seconda del tipo di attrezzatura che abbiamo a disposizione, assumendo così un’importanza peculiare dal punto di vista medico-legale. Tutto questo è possibile attraverso l’utilizzo dei partitori ottici.

I partitori ottici
Sono posizionati tra gli oculari e la testata e permettono di deviare uno o entrambi i canali ottici, tramite un prisma riflettente, e portare a una macchina fotografica, o a una telecamera, l’immagine ripresa dall’obbiettivo. Questa è la configurazione standard consigliata (Fig. 2).
Abbiamo varie modalità d’installazione del microscopio in studio:
a. su stativo,
b. a parete,
c. a soffitto.
Nel primo caso avremo un’apparecchiatura facilmente trasportabile da uno studio all’altro, ma decisamente ingombrante, anche se ultimamente è diminuita abbastanza la grandezza della base d’appoggio di alcuni tipi di microscopio.
Nel secondo, quello installato a parete, viceversa, avremo minor ingombro ma, posizionando l’apparecchio alla sinistra dell’operatore, interferirà con il lavoro dell’assistente che come vedremo è fondamentale durante le fasi operative.
Il terzo, posizionato a soffitto, è quello più ergonomico, poiché non invade gli spazi a riposo e non ingombra l’area operativa durante il lavoro (Figg. 3, 4).

Uso ergonomico del microscopio operatorio
Una volta arrivato e montato il microscopio nel nostro studio, c’è bisogno di un periodo di training da parte di tutto il team odontoiatrico (Fig. 5). Nell’uso ottimale del microscopio sono sempre impegnate quattro o sei mani, e tre o quattro persone: paziente, operatore e uno o due assistenti.
Normalmente la posizione dell’operatore è obbligata (dovuta al miglior angolo d’osservazione del campo operatorio), intorno a lui in determinate posizioni operano uno o due assistenti.
La giusta disposizione degli operatori deve seguire regole il più possibile ergonomiche, per diminuire al massimo tutti gli stress posturali e visivi durante la seduta di lavoro.
Tutti debbono stare comodi, tutti debbono vedere bene
Una volta che poniamo gli occhi sul microscopio il nostro campo visivo diminuisce notevolmente, la comunicazione con il personale assistente diventa verbale ed anche manuale, a piccoli gesti, cosa che impone un periodo di training iniziale di circa tre-sei mesi, che porta poi a un maggiore affiatamento di tutto il team operatorio anche durante interventi di routine.
La posizione del paziente
Normalmente la posizione del paziente è supina: il naso del paziente è in linea con le ginocchia dell’operatore, testa poggiata sul poggiatesta (per le sedute più lunghe, possiamo aiutarci con un classico cuscinetto ad aria come quelli usati per viaggiare in aereo), corpo disteso e il più possibile rilassato sulla poltrona, lasciandogli comunque scegliere la posizione delle gambe che preferisce, compatibile con il nostro posizionamento sul campo di osservazione, braccia lungo il corpo oppure poggiate sul petto o sull’addome. È fondamentale che il paziente si senta comodo durante una seduta, anche se lunga, e dal punto di vista dell’ergonomia del lavoro, la posizione supina è la più adatta per il paziente (comodità) e per l’operatore (postura).
La posizione dell’operatore
Normalmente lavoriamo seduti di fronte ai nostri oculari (Fig. 6).
La testa, il collo e il tronco non devono essere allontanati dalla linea mediana per più di 15°, l’angolo tra il tronco e le nostre gambe non deve superare i 105°. È possibile usare alcuni seggiolini particolari, che permettono di poggiare i gomiti e mantenere ferme le braccia, questa postura permette di lavorare ad alto ingrandimento senza dover essere concentrati sulla posizione ferma dello specchietto o dello strumento che stiamo usando. In sintesi: più appoggi abbiamo per la schiena, le braccia, le gambe e meno sarà stressante la seduta lavorativa.
L’operatore non deve mai comunque staccare gli occhi dal microscopio e neanche le mani dal campo operatorio, per questo è importantissimo l’ausilio del personale che gli è accanto, che lo assisterà passandogli nel giusto verso tutti gli strumenti e i materiali di cui ha bisogno, per non perdere il fuoco del campo operatorio e non dover sempre fare aggiustamenti del microscopio che portano via tempo e fatica.
Il microscopio operatorio è l’unico mezzo che ci permette di lavorare usando ingrandimenti elevati praticamente senza muovere la testa il collo e la schiena, una volta messo a fuoco il campo l’unica cosa da fare è operare.

La posizione degli assistenti
Il primo assistente
Il primo assistente si trova nel settore III, alla sinistra dell’operatore. In questa posizione le sue possibilità di movimento sono abbastanza ridotte (Fig. 7). L’assistente può lavorare in visione diretta (e quindi deve avere un completo e libero accesso visivo e manuale al campo operatorio) oppure con l’ausilio del monitor, posizionato di fronte, collegato alla telecamera del microscopio, o ancora meglio con i doppi oculari montati sul microscopio stesso che permettono all’assistente di osservare sia il campo sia quello che stiamo facendo. Normalmente l’assistente si trova 15-20 cm più in alto rispetto all’operatore, il più vicino possibile allo schienale della poltrona. Le gambe del primo assistente dovrebbero essere o a circa 45° rispetto la linea mediana, se opera in visione diretta, o come gli è più comodo, se interagisce con il monitor, considerato che potrebbe avere più spazio; da lì segue il posizionamento del suo strumentario. Può controllare la messa a fuoco del nostro campo o intrusioni visive, ad esempio l’aspiratore durante le riprese in diretta fatte con la telecamera o la macchina fotografica.
I piedi d’appoggio debbono essere ben posizionati sull’anello rialzato del suo seggiolino, per evitare pericolose perdite d’equilibrio e intrusioni nel campo operatorio.
All’inizio può apparire un po’ complicato, ma con il tempo tutto funzionerà come un orologio svizzero.
Ovviamente, il primo assistente interagisce con l’aspiratore, la lampada fotopolimerizzatrice, la testata dell’apparecchio rx, assiste durante le sedute chirurgiche l’operatore, guida a volte il medico occupato al microscopio il passaggio da uno strumento all’altro nel campo operatorio.
Diventa, in sintesi, parte attiva dell’intervento che stiamo seguendo e non semplice osservatore con un aspiratore in mano pronto ad interagire quando serve o quando glielo chiediamo.
Il secondo assistente
Alcuni interventi complessi, specialmente in chirurgia e in implantologia, richiedono la presenza di un secondo assistente (Fig. 8). Questa situazione facilita molto il lavoro, dal momento che c’è una divisione dei compiti e diminuisce molto lo stress lavorativo, molte operazioni possono essere eseguite fuori campo e nessuno dei due operatori al microscopio perde il campo visivo dell’intervento.
Il secondo assistente normalmente si posizione a ore 9, a destra dell’operatore, e come il primo assistente, lavora in visione diretta o segue il monitor. La posizione più consona è quella uguale e speculare rispetto al primo assistente, sia dal punto di vista della posizione sia dal punto di vista ergonomico. Il secondo assistente interagisce con la preparazione dei materiali, il cambio degli strumenti, l’eliminazione di ciò che non serve, la scelta e la consegna dello strumentario richiestogli, in quanto il primo assistente è occupato con noi nel lavoro a quattro mani, e, cosa importante, nella comunicazione verbale e manuale con il prima assistente, che può ovviamente allontanarsi dal campo operativo quando è necessario. Tutto questo richiede dedizione, concentrazione, affiatamento degli operatori che si tramuta sicuramente in un grosso affiatamento del team odontoiatrico, che ne giova sicuramente nel tempo; il lavoro con il microscopio operatorio resta la più grande specializzazione di gruppo nel lavoro odontoiatrico di tutti i giorni. Farlo diventare un’abitudine è il miglior regalo che possiamo fare a noi e ai nostri pazienti.

Per quali discipline è più adatto il microscopio?
Senza dubbio per tutte le discipline a 360° (Fig. 9).
Diagnostica
In questa fase delicatissima l’aiuto degli ingrandimenti è fondamentale. Il controllo della cavità, i sottofondi, la stratificazione degli adesivi, il riscontro di piccole infiltrazioni marginali che ci riservano belle sorprese, ma che riusciamo a intercettare con l’uso degli ingrandimenti (Figg. 10, 11).
Igiene
Anche in questa situazione una visione più ingrandita facilita i compiti, specialmente per i sondaggi e per la rilevazione di tartaro sottogengivale (Figg. 12, 13).
Endodonzia
Una delle branche che beneficiano di più dell’uso del microscopio è l’endodonzia, in tutte le sue fasi: dall’apertura della camera pulpare, alla chiusura dei canali preparati con le attuali diverse tecniche.
L’apertura della camera pulpare, ad esempio, è una fase delicatissima della terapia endodontica: infatti si vanno a ricercare tutti gli imbocchi dei canali radicolari e a studiare l’anatomia camerale, che è diversa da paziente a paziente, in quanto possiamo reperire un numero di canali accessori al di fuori della norma. A volte possiano incontrare problemi durante l’apertura di denti con camera calcificata, in questi casi i più piccoli segni della presenza dei canali possono essere verificati solo con gli ingrandimenti e un ottima illuminazione (Figg. 14, 15). Con l’ausilio di una buona visione e degli ultrasuoni riusciamo a rimuovere le calcificazioni, gli strumenti fratturati, possiamo riaprire canali ostruiti, riparare perforazioni e direttamente controllare la pulizia dell’apice a fine intervento (Figg. 16, 17). Verificare in visione diretta la chiusura endodontica (Figg. 18-20).

Grandi i vantaggi in chirurgia endodontica
La chirurgia conservativa
Grazie al microscopio è possibile eseguire il controllo delle preparazioni e dei margini (Figg. 21-23), l’applicazione degli adesivi, la stratificazione e lucidatura dei compositi, di fasi particolari come l’uso di sottofondi o l’incappucciamento con MTA (Figg. 24, 25).
La chirurgia e la parodontologia
Eseguire un lembo sotto ingrandimento è un indiscusso vantaggio, come poter usare fili di sutura molto sottili che facilitano le guarigioni (Figg. 26-28).
La protesi
La rifinitura dei margini della preparazione, le prove della strurttura, il controllo della chiusura dei nostri manufatti (Figg. 29-32).
La chirurgia estrattiva
A volte è possibile lavorare anche senza praticare lembi chirurgici, se riusciamo a vedere quello che facciamo (Figg. 33-35).
L’implantologia
Molto è cambiato in questi ultimi anni con la chirurgia computer guidata. Usando dime chirurgiche molto precise e fornite di guide di precisione, il controllo della preparazione del sito con gli ingrandimenti è fondamentale (Figg. 36-38). Non c’è disciplina che non tragga vantaggio dall’uso quotidiano del microscopio operatorio. La considerazione finale è che ogni trattamento è veramente personalizzato, molto più predicibile e accurato per il paziente stesso che beneficerà di un ausilio che fa veramente la differenza in precisione e qualità.

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 L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Endo Tribune Italy 2013.

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