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Endodonzia chirurgica: una terapia predittiva e affidabile per conservare il dente naturale

Immagine clinica preoperatoria.
M. Lendini

M. Lendini

mer. 30 novembre 2016

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Le terapie endodontiche ortograde devono essere considerate, come dimostrato dall’ampia e autorevole letteratura sull’argomento, la scelta terapeutica primaria in tutti i casi in cui sia possibile conservare la corretta funzione dell’elemento dentario. L’endodonzia chirurgica, quando eseguita con l’ausilio del microscopio operatorio, rappresenta una scelta terapeutica efficace e risolutiva in tutti i casi in cui la struttura anatomica dentale complessiva residua sia funzionalmente adeguata.

Parliamo di un intervento chirurgico delicato e per il quale è necessario disporre di ingrandimenti ottici elevati, come quelli assicurati dal microscopio operatorio, di strumentazioni minimamente invasive, come le apparecchiature per la chirurgia piezoelettrica e le punte ultrasoniche per la preparazione dell’apice, e di materiali a minimo impatto biologico.
Particolarmente importante è la fase di raccolta dei dati diagnostici, sia clinici sia strumentali con l’uso ormai routinario della TAC Cone Beam, che permette un’accurata progettazione dell’intervento e quindi risultati predittivi e affidabili sia in ambito clinico generale, risolvendo la patologia, sia estetico a livello muco gengivale.

Nel case report si può apprezzare che l’ampiezza della lesione osteolitica di origine endodontica su 2.2, apprezzabile dalla radiografia periapicale bidimensionale (Fig. 1), è assolutamente non corrispondente alla realtà, ben evidenziata invece dall’esame tridimensionale Cone Beam sia nell’estensione mesio-distale (Figg. 3, 5) sia soprattutto, in quella vestibolo-palatina, da cui risulta chiaro il coinvolgimento della corticale palatina (Fig. 4). La conoscenza di questi elementi insieme alla valutazione della situazione dei tessuti parodontali (Fig. 2) ci permette di progettare adeguatamente l’estensione e il tipo di lembo chirurgico, che in questo caso è stato paramarginale. Con l’utilizzo della chirurgia piezoelettrica non solo si realizza una breccia ossea minimamente invasiva, ma si ottiene un controllo efficace del sanguinamento e un’ottima detersione e disinfezione dell’area osteolitica. È possibile effettuare con questo strumento anche la resezione apicale per consunzione; tuttavia, in molti casi è meno traumatico per la struttura del dente realizzare questa fase con strumenti rotanti ad alta velocità. Irrinunciabili sono invece le punte ultrasoniche per la preparazione della cavità retrograda che assicurano precisione di taglio, ottima detersione e invasività controllata. La cavità ottenuta può essere sigillata, a seconda della situazione clinica, con cementi tradizionali o con quelli a base di MTA. Nel caso specifico, data la scarsa ampiezza e la buona profondità della cavità, connaturate all’anatomia tipica dell’incisivo laterale, si è optato per un cemento tradizionale, che indurisce rapidamente e può essere rifinito immediatamente. L’ampiezza della lesione osteolitica, in rapporto alla conformazione anatomica del mascellare, ci ha suggerito di utilizzare in questo caso, delle tecniche di rigenerativa e di isolare la breccia ossea con una membrana riassorbibile (Fig. 6).
Infine il lembo è stato detensionato e riadattato alla sua ampiezza biologica naturale fino ad annullare la retrazione elastica dei tessuti prima di applicare punti singoli con filo di sutura 6/0 sintetico assorbibile intrecciato, che è stato rimosso in quarta giornata. La rimozione precoce della sutura, particolarmente in area estetica, minimizza il rischio di esiti cicatriziali. Il controllo radiografico a 6 mesi evidenzia una quasi completa risoluzione della lesione osteolitica (Fig. 7), e quello fotografico una positiva guarigione e maturazione dei tessuti con minimi esiti cicatriziali, peraltro ben armonizzati con le strutture anatomiche (Fig. 8).

L'articolo è stato pubblicato su Endo Tribune Italian Edition, novembre 2016

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