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Analisi dell’evoluzione del concetto di occlusione

Fig. 1 - Modellazione didattica in cera a totale tripodizzazione di Peter K. Thomas 168 punti di contatto.
Giorgio Magnano, Vittorio Magnano

Giorgio Magnano, Vittorio Magnano

mer. 18 dicembre 2019

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I dolori orofacciali, i disagi cenestesici e le parafunzioni, non sono più considerate conseguenze di disordini occlusali, bensì, quasi sempre, di natura centrale o addirittura genetica1.

L’occlusionismo si trasforma, pertanto, da teoria strutturalista in teoria funzionalista in quanto l’ambiente (occlusale, strutturale) propone, ma il sistema nervoso (funzionale) dispone in quasi assoluta indipendenza. Il sistema nervoso ha processi di sviluppo e di cablaggio che sono assimilabili ad un ampio ventaglio di situazioni evolutive biologiche che vanno dalla genetica, allo sviluppo embrionale, dall’ambito culturale e sociale a quello ideologico e teorizzante, secondo modalità che la più recente teoria evoluzionistica definisce “gerarchica”2. A questa tendenza si adegua anche la nostra occlusione dei denti che risponde alle regole della ridondanza transitoria e della stabilizzazione selettiva.

 Ridondanza, regressione e stabilizzazione
La prima tappa di questi processi la troviamo a livello genico. L’evoluzione del genoma negli eucarioti è il risultato del compromesso fra due tendenze: l’aumento della quantità di DNA per avere nuovi geni e maggior variabilità genetica (ridondanza transitoria); e la tendenza allo sfoltimento, alla riduzione del genoma (regressione e stabilizzazione selettiva) una volta conquistato un buon adattamento ad un dato ambiente3. Inoltre, lo sviluppo si accompagna a fenomeni regressivi3, 4.

Nei casi citati e nei sistemi nervosi in corso di sviluppo e giovani avvengono fenomeni ridondanti, ossia le cellule e le loro arborizzazioni assonali e dendritiche germogliano e si producono in esuberanza e la quantità di recettore è maggiore rispetto alle funzioni necessarie e sufficienti. La connettività della rete diviene ridondante, ma questa ridondanza è transitoria. Intervengono rapidamente fenomeni selettivi e regressivi. A questo punto lo sviluppo epigenetico controlla e dirige la stabilizzazione selettiva di una distribuzione di cellule e di contatti sinaptici tra l’insieme di quelli presenti allo stadio di ridondanza massima.

La successione di ridondanza e di regressione rappresenta un momento cruciale dello sviluppo di qualsiasi sistema, dall’evoluzione delle cellule eucariote, all’ontogenesi del sistema nervoso fino ai complessi sistemi di evoluzione culturale. La stabilizzazione è il traguardo finale ed essa è selettiva5.

Stabilità occlusale, stabilità condilare e punti di contatto
Se analizziamo la storia dello studio dell’occlusione dentale, anch’essa appare rispondere alle medesime regole evoluzionistiche; si parte da una ridondanza transitoria che viene gradualmente sfoltita e semplificata tramite stabilizzazione selettiva.

3 sono le tappe in letteratura dell’evoluzione dell’occlusionismo. Il sistema stomatognatico deve essere stabile dal punto di vista occlusale e articolare. Alla stabilità occlusale è auspicabile che coincida la stabilità articolare, ossia del condilo al centro della fossa con il disco frapposto fra i capi ossei articolari (testa del condilo e fossa glenoide). Qualora i riferimenti occlusali di stabilità andassero perduti è inevitabile riferirsi come unico riferimento alla stabilità articolare. La più riproducibile era considerata la massima retrusione mandibolare possibile. Da ciò i concetti di “centrica retrusa” nella definizione della gnatologia classica:“Relazione centrica è la posizione del condilo dentro la fossa glenoide più alta e più retrusa possibile compatibilmente con la possibilità di eseguire i movimenti di lateralità”6. Detta posizione si dava come ottenibile con manovre di manipolazione mandibolare tipo Ramfjord e Guichet. Una posizione siffatta rendeva auspicabile una riabilitazione dentale a sua volta estremamente stabilizzante. Fu così che Peter K. Thomas concepì la sua anatomia occlusale totalmente tripodale che, in una riabilitazione completa, prevedeva 168 punti di contatto7.

Quasi contemporaneamente Lundeen8 propose uno studio sui punti di contatto ridotti e sull’anatomia dentale che si divideva in due tipi: la tipo 1, presente nel 30% circa della popolazione; e la tipo 2, presente nel restante 70% circa. Le due anatomie sono identiche ad eccezione della direzione della cuspide palatale dei premolari superiori che nella tipo 1 si articola verticalmente contro le creste marginali dei rispettivi premolari inferiori con un contatto bipodale. Mentre nella tipo 2 la stessa cuspide palatale dei premolari superiori piega leggermente verso mesiale dando un contatto tripodale contro la fossa distale del quarto e del quinto inferiore. Come risultato ne deriva che l’indentazione di tipo 1 conta 104 punti di contatto su tutta l’arcata. La tipo 2, sostituendo un tripode ad un bipode su quattro fosse, ne conterà 8 di più, quindi 112.

Wiskott9 propose infine una modellazione semplificata dove si verificavano due tipologie di punti di contatto: la tipo 2 che considera soltanto la linea delle cuspidi vestibolari dell’arcata inferior e la tipo 1 con le sole cuspidi palatali dell’arcata superiore che articolano, tranne quelle delle cuspidi disto-palatali dei molari che spesso non sono sufficientemente rappresentate. Come conseguenza i contatti scendevano a 36 nella tipo 2 e addirittura a 16 nella tipo 1, una bella differenza realizzativa e gestionale rispetto alla Peter K. Thomas.

Ritroviamo qui le tre tappe di ogni processo di evoluzione naturale per selezione.

Numero dei punti di contatto:

  • Peter K. Thomas: 168 – ridondanza transitoria;
  • Lundeen: 112 e 104 – regressione;
  • Wiskott: 36 e 16 – stabilizzazione selettiva.

 

Bibliografia

  1. Maixner,W. Diatchenko, L. […] and Slade, G.D. Orofacial Pain Prospective Evaluation and Risk Assestment Study. The OPPERA Study. NIDCR Cooperative Agreement U01 DE017018. 2005.
  2. Hull, D.L. Individuality and selection. Ann. Rev. Ecol. Sistematics 1984.
  3. Changeux, J.P. L’uomo neuronale 260-267. Feltrinelli Ed. 1983.
  4. Edelman, G.M. Neural Darwinism. The Theory of neuronal group selection. Basic Book 1987.
  5. Gould, S.J. The Structure of Evolutionary Theory – by the President and Fellows of Harward College. Codice Edizioni 2003.
  6. Molina M., Magnano M., G. et al. Concetti fondamentali di gnatologia moderna. Ilic Ed 1988.
  7. Thomas, P.K. in: Bauer, A. Gutowski, A. Gnatologia. Introduzione teorica e pratica. Piccin Ed. 1984.
  8. Lundeen, H.C. D.D.S. Introduzione all’anatomia occlusale. Saccardin Ed. 1969.
  9. Wiskott HW1, Belser UC. A rationale for a simplified occlusal design in restorative dentistry: historical review and clinical guidelines. J Prosthet Dent. 1995.

 

L'articolo è stato pubblicato per la prima volta su Dental Tribune Italian Edition n. 12/19.

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